Maria Antonietta - Regina di Francia

10 agosto 1792

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-enry1973
view post Posted on 27/11/2009, 12:11




CITAZIONE (VETRIOLO ROSSO84 @ 27/11/2009, 03:35)
Per una famiglia reale che scappa come una banda di vigliacchi è il minimo! La plebaglia,che per secoli è stata schiacciata sotto il peso dei nobili parassiti,è insorta,dimostrando che la rivoluzione non era passata,giusto insorgere quando le circostanze lo richiedono,i re non governano,regnano (per me non dovrebbero fare nemmeno quello)il popolo è sovrano,il 10 agosto del 1792 nasce la repubblica francese,i Borbone dovevano essere esiliati in una isola deserta e il popolo doveva eleggere i suoi rappresentnati image image

Analisi talmente bislacca da parer quasi una provocazione gratuita.
L'imperatore che è venuto dopo fu mandato su un'isola deserta come dici tu. Servì a molto, soprattutto a Luigi XVIII. Su su... :shifty:
 
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Antoine80
view post Posted on 27/11/2009, 12:35




E' un argomento molto delicato questo della sovranità del popolo. Con gli occhi di un contemporaneo è chiaro che ritengo la regalità e la nobiltà qualcosa di fortemente sbagliato visto che frutto di un "volere divino", e quindi nella società di oggi inaccettabile in quanto idea superata ed estremamente classista ed elitaria.

Ma con gli occhi dello storico che guarda al passato necessariamente con obiettività non si può recriminare la mentalità di un Luigi XVI che è nato e cresciuto convinto che quel posto glielo avesse dato Dio designandolo come una specie di "padre dei francesi".

Bisogna poi ricordare che la stessa società era impostata su certe basi (quelle del feudalesimo) in cui lo stesso popolo credeva nel volere divino della loro misera condizione. E' stata l'emancipazione della borghesia che ha elevato anche il ceto non nobiliare a credere di essere tutti uguali e quindi degni di una vita rispettabile. Ma io credo (e questa è una mia personalissima opinione) che se la borghesia (che non era nobile ma ricca) non si fosse rivoltata per prima trascinando con sé il resto del popolo le cose forse sarebbero ancora come prima o comunque diverse da ora, perchè è da lì che poi è partito tutto il resto compresa l'alfabetizzazione dei ceti più bassi.

Tutto questo per dire che è un pò ingenuo inveire su personaggi che hanno vissuto centenni fa e che lo hanno fatto rispettando l'ordine stabilito delle cose ma che volenti o nolenti hanno scritto un pezzo di storia, quella che noi oggi studiamo e tanto ci affascina (perlomeno a me :) )

Scusate se sono stata prolissa!!!
 
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-enry1973
view post Posted on 27/11/2009, 12:42




E cacciata la nobiltà e il sovrano, tutta questa meraviglia è automaticamente garantita? Pensare che oggi al potere ci vada il comune cittadino che si mette in lista e viene eletto è quantomeno peccare di faciloneria.
 
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Antoine80
view post Posted on 27/11/2009, 13:04




CITAZIONE (-enry1973 @ 27/11/2009, 12:42)
E cacciata la nobiltà e il sovrano, tutta questa meraviglia è automaticamente garantita? Pensare che oggi al potere ci vada il comune cittadino che si mette in lista e viene eletto è quantomeno peccare di faciloneria.

Concordo in pieno.
Nemmeno la situazione attuale è direi eccelsa!!
E' sbaglaito mettere al governo di una nazione una persona solo perchè figlia di re (un pò anacronistico ma ancora in Europa succede anche se con basi totalmente diverse e diciamo più democratiche) ma è anche sbagliato permettere a chiunque nutra velleità politiche di accedere alle alte sfere del governo!

Chi governa dovrebbe farlo solo ed unicamente per meritocrazia ma come ben sappiamo questa è un'utopia :cry:
 
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-enry1973
view post Posted on 27/11/2009, 13:52




Bhe, oggi come oggi, a sola esclusione della Città del Vaticano, nel cosiddetto mondo civiliazzato i monarchi capi di stato hanno solo una funzione rappresentativa, con ben pochi poteri di governo. Io dico solo che è presto per giudicare il sistema repubblicano: le monarchie hanno retto per 4000 anni e passa, le repubbliche da molto meno. Ai posteri... Personalmente prediligo l'attuale sistema al feudalesimo, perché dopotutto mi sento molto tutelato... attenzione però a non cedere alla tentazione di pensare candidianamente che sia il migliore dei mondi possibili.
 
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VETRIOLOROSSO84
view post Posted on 1/12/2009, 03:37




IN RISPOSTA A ENRI1973.
Il 10 agosto è stata la conseguenza delle azioni maldestre di Luigi XVI,più tardi verrà scovato il suo carteggio con i sovrani stranieri all'interno dell'armadio di ferro,i rivoluzionari non potranno fare altro che processarlo e mandarlo alla ghigliottina;per arrivare a tanto significa che Luigi XVI se l'è andata a cercare.
La rivoluzione,con quel 10 agosto,ha tolto di mezzo un sovrano bravo a lavorare metalli,esperto in geografia ma inadatto a fare il sovrano. Per essere re ci vuole ben altro che uno squallido ruolo da doppiogiochista.
 
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yolande84
view post Posted on 11/2/2010, 05:06




CITAZIONE (VETRIOLOROSSO84 @ 1/12/2009, 03:37)
IN RISPOSTA A ENRI1973.
Il 10 agosto è stata la conseguenza delle azioni maldestre di Luigi XVI,più tardi verrà scovato il suo carteggio con i sovrani stranieri all'interno dell'armadio di ferro,i rivoluzionari non potranno fare altro che processarlo e mandarlo alla ghigliottina;per arrivare a tanto significa che Luigi XVI se l'è andata a cercare.
La rivoluzione,con quel 10 agosto,ha tolto di mezzo un sovrano bravo a lavorare metalli,esperto in geografia ma inadatto a fare il sovrano. Per essere re ci vuole ben altro che uno squallido ruolo da doppiogiochista.

insomma...i documenti ritrovati nell'armadio di ferro erano si compromettenti, ma i rivoluzionari cercavano solo un pretesto....Il re è stato condannato a morte xkè era quasi inevitabile che fosse cosi...per quello che rappresentava: LA Monarchia , il potere assoluto..ecc ecc
che poi il 10 agosto sia stata la conseguenza delle azioni maldestre di Luigi lo credo anch'io....ma nn certo x aver fatto il doppiogioco con le potenze straniere, che era l unica cosa ke ormai avrebbe potuto fare in quel periodo....le azioni maldestre di luigi sono state quelle a partire dal fatto di non avere approvato il piano di Turgot x risanare i debiti nel 1776, a lla partecipazione alla guerra d'indipendenza americana ......e più banalmente fino al non aver abbandonato Versailles in tempo il 5 ottobre!!!
 
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celeborn36
view post Posted on 11/2/2010, 20:50




Turgot è stato chiamato proprio da Luigi e Gigione nostro era ben disposto alle sue riforme, purtroppo il ministro è andato a toccare i beni dei nobili e aveva come nemico Maurepas, il quale ha fatto di tutto per allontanare il Re e la Regina da Turgot
 
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yolande84
view post Posted on 11/2/2010, 20:56




CITAZIONE (celeborn36 @ 11/2/2010, 20:50)
Turgot è stato chiamato proprio da Luigi e Gigione nostro era ben disposto alle sue riforme, purtroppo il ministro è andato a toccare i beni dei nobili e aveva come nemico Maurepas, il quale ha fatto di tutto per allontanare il Re e la Regina da Turgot

Eh già...x quanto riguarda la regina ci ha pensato anche la sua "cerchia "....povero Luigi però....nn ha avuto il coraggio di fare la scelta che si sarebbe rivelata più giusta....
 
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celeborn36
view post Posted on 24/7/2012, 19:57




il biglietto di Luigi XVI che ordina agli svizzeri di cessare il fuoco:
068%5Bamolenuvolette.it%5D1792%2008%2010%20ordre%20du%20roi%20aux%20suisses%20de%20cesser%20le%20feu
 
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celeborn36
view post Posted on 9/8/2012, 19:25




Domani è l'anniversario del fatidico 10 agosto 1792, propongo un brano di una testimone oculare, Mme de Tourzel (ho tagliato il più possibile, ma anche così è risultato lungo, me ne scuso):

"[….] La Guardia Nazionale fu in piedi tutta la notte, senza ricevere alcun ordine sulla condotta che doveva tenere. Il Re non poteva darne senza la firma dei suoi ministri e quest’ultimi non osarono firmare a causa della loro responsabilità. Il comandante generale, sottomesso alla municipalità, non poteva dare ordini senza essere richiesti da lei e le sorti del Re si trovavano nelle mani di Péthion e di Manuel.
Il Re fece alle cinque la rivista della Guardia Nazionale e fu contenta delle disposizioni che annunciava; ma Péthion, totalmente ritornato al fianco dei congiurati e inquieto dei sentimenti che dimostrava, la fece sostituire alle sei da dei battaglioni sui quali poteva contare, e la rivista che fece il Re fu lontana dall’essere soddisfacente.
C’erano, tra i nuovi battaglioni, delle persone con le picche che incitavano alla rivolta le guardie nazionali la cui fedeltà non era ben affermata. Si sentivano tra gli altri grida di: “Viva Péthion! Viva la Nazione! Abbasso il traditori e il veto!”. Dei corpi interi di guardie nazionali si misero nelle file dei ribelli, in modo che il Re poteva contare solo sugli Svizzeri, su seicento uomini della guardia nazionale e su circa trecento persone, sia gentiluomini, sia ufficiali della Guardia del Re e servitori di Sua Maestà, armati soltanto di spade e pistole, tutte sinceramente attaccate alla sua persona e vestite in borghese, per non portare alcuna ombra alla Guardia Nazionale.

C’era nella camera del consiglio, davanti la porta della camera del Re, una ventina di granatieri della guardia nazionale, ai quali la Regina indirizzò queste parole: - Signori, tutto quello che avete di più caro, le vostre mogli e i vostri bambini dipendono dalla nostra esistenza, il nostro interesse è comune - . E mostrando la piccola troupe di gentiluomini che occupavano gli appartamenti: - Non dovete diffidare di queste brave persone, che condivideranno i vostri pericoli e che vi difenderanno fino al loro ultimo respiro -. Toccati fino alle lacrime, testimoniarono la loro generosa decisione di morire, se ce ne fosse stato bisogno, per la difesa delle Loro Maestà.
Nessuno dormì al castello, tutti erano nei loro appartamenti, aspettando con ansia la conclusione della giornata che si annunciava sotto degli auspici così funesti. La Regina parlava ad ognuno nella maniera più affettuosa e incoraggiava lo zelo che le si dimostrava. Passai la notte, così come mia figlia Pauline, presso Monsignor il Delfino, il cui sonno calmo e pacifico faceva un contrasto sorprendente con l’agitazione che regnava in tutti gli spiriti.

Andai , verso le quattro del mattino , nell’appartamento del Re per sapere cosa succedeva e cosa avevamo da temere o da sperare. – Ho,- mi disse M. d’Hervily- la più brutta opinione di questa giornata; quello che secca in questi casi è di non prendere alcun partito e non si decide nulla -.
Si annunciò, verso le sette che gli abitanti del faubourg e l’armata marsigliese si stavano portando verso il castello; che dei commissari scelti dai faziosi di quarantotto sezioni si erano dichiarati consiglio generale del comune; che avevano mandato M. Mandat, comandante della Guardia Nazionale, sotto il pretesto di consultarsi con lui, l’avevano fatto assassinare vicino all’Hotel de Ville, al fine di impadronirsi dell’ordine per iscritto che aveva ricevuto da Péthion di respingere la forza con la forza, e fatto girare la sua testa per Parigi; che Santerre gli fu dato come successore, che lo stato maggiore era rinnovato, e che tutto ciò si faceva in concerto con il comitato di sorveglianza dell’Assemblea, che aveva messo a disposizione più di quattro milioni a disposizione di Santerre per propagare l’insurrezione. […] L’ordine del consiglio di dipartimento e della municipalità inviato alle guardie nazionali di difendere il Re come autorità costituita, fu in tutte le file attraverso i commissari deputati alle Tuileries; ma fece poco effetto su queste guardie rinnovate, che i cannonieri scaricarono e abbandonarono i loro cannoni apprendendo della marcia dei Marsigliesi e dei briganti della capitale. M. d’Hervilly, vedendo l’impossibilità di farne uso per la difesa del Re, li recintò subito, perché non venissero usati contro il castello.

Il Re che aveva già fatto mandare all’Assemblea di inviare una deputazione per imporsi sui briganti, fece loro rinnovare la domanda da M. Joly, ministro della giustizia; ma col pretesto che non era abbastanza numerosa per deliberare, Cambon fece pronunciare l’aggiornamento, malgrado il pericolo che correva il Re e che cresceva ad ogni istante.
L’incertezza del la decisione da prendere in un pericolo così imminente sembrò favorevole a Roeder per trascinare il Re a recarsi all’Assemblea nazionale. Entrò da questo principe, seguito da qualche membro del dipartimento e pregando di far ritirare il gran numero di persone che lo circondavano, gli indirizzò queste parole: - Sire, il pericolo è imminente; le autorità costituite sono senza forza e la difesa impossibile. Vostra Maestà e la sua famiglia corrono il più grande pericolo, come tutti coloro che sono nel castello; non ha altra risorsa, per evitare lo spargimento di sangue, di recarsi all’Assemblea -.
La Regina, che era a fianco del Re con i suoi figli, fece presente che non si poteva abbandonare tanta brava gente che erano venuti al castello solo per la difesa del Re: - Se vi opponete a questa misura – disse Roederer con un tono severo – risponderete, Madame, della vita del Re e quella dei vostri figli -. Questa povera sventurata principessa tacque e provò un tale rivoltamento che il suo petto e la sua faccia diventarono in un istante a chiazze rosse. Lei fu desolata nel vedere il Re seguire i consigli di un uomo così giustamente sospetto, e sembrava prevedere tutte le sventure che l’attendevano. Roederer lusingò la famiglia reale del successo di questo percorso e del suo pronto ritorno al castello. La Regina, sebbene lontana dal crederci, ripeté queste parole a coloro cui ella era così afflitta nell’abbandonare; e il Re profondamente toccato, si girò verso questa truppa fedele e indirizzò loro solo queste parole : - Signori, vi prego di ritirarvi e di cessare una difesa inutile, non vi è più niente da fare qui, né per voi né per me - .

La costernazione fu generale quando si vide partire il Re per andare all’Assemblea, la Regina lo seguiva, tenendo i suoi figli per mano. Vicino loro c’erano Madame Elisabeth e Mme la principessa di Lamballe, che, come parente delle Loro Maestà , aveva ottenuto di seguirli; ed io ero dietro Monsignor il Delfino. Il Re era accompagnato dai suoi ministri e scortato da un distaccamento della Guardia Nazionale. Lasciai la mia Pauline con la morte nel cuore, pensando ai pericoli a cui andava incontro, e la raccomandai alla buona Principessa di Tarente, che mi promise di non separarsene e di unire la sua sorte alla sua.
Attraversammo tristemente le Tuileries per raggiungere l’Assemblea. MM de Poix, d’Hervilly, de Fleurieu, de Bachmann, maggiore degli Svizzeri, il duca di Choiseul, mio figlio e molti altri si misero al seguito di Sua Maestà. Vi fu alla porta un ingombro che fece temere, per un momento, per la vita del Re e della Regina. Si decise allora di aprire loro un passaggio e furono ricevuti alla porta da una deputazione che era stata mandata loro dall’Assemblea. Il Re attraversò la sala accompagnato dai suoi ministri e si mise al fianco del Presidente; e la Regina, i suoi figli e il suo seguito si misero di fronte: - , Vengosignori – disse il Re – per evitare un grande attentato, pensando che io non possa essere più sicuro solo tra di voi-

Vergniaud, che presiedeva in quel momento, gli rispose: - Potete contare, Sire, sulla fermezza dell’Assemblea Nazionale; i suoi membri hanno giurato di morire sostenendo le autorità costituite
Il Re si sedette allora presso il presidente e la famiglia reale si mise in un banco dei ministri, ma sull’osservazione di qualche membro dell’Assemblea, che la Costituzione proibiva una deliberazione in presenza del Re, l’Assemblea decise che il Re e la sua famiglia sarebbero stati messi nella loggia del logografo, dietro la poltrona del presidente. I fedeli servitori di Sua Maestà strapparono subito le barre di questa loggia e comunicarono una parte della giornata con la sventurata famiglia reale.

[…] L’Assemblea fece un decreto per mettere le persone e le proprietà sotto la salvaguardia del popolo, e inviò una deputazione di venticinque dei suoi membri per portare questa dichiarazione. Appena fu partita si sentì il rumore di un cannone e della moschetteria; la deputazione si disperse e una parte rientrò nella sala. Il Re li rassicurò dicendo loro che aveva dato l’ordine di non sparare; ma vedendo entrare delle persone armate nell’assemblea, questa si oppose; dato che in mezzo ai suoi successi, moriva di paura, temendo sempre che si venisse a liberare il Re e fare man bassa dei congiurati.

Arrivarono dei firmatari che deposero che gli Svizzeri li avevano attirati con un segno d’amicizia e avevano fucilato un gran numero di loro: - Noi abbiamo – dissero – messo a fuoco le Tuileries e non lo estingueremo fino a quando la giustizia del popolo sarà soddisfatta. Siamo incaricati di domandarvi ancora una volta la caduta del potere esecutivo; è una giustizia che reclamiamo e che aspettiamo da parte vostra
Il Presidente rispose loro: - L’Assemblea veglia sulla salute dell’impero [?], assicurate il popolo che si occuperà di grandi misure che esigerà la sua salute. – […]

L’insieme di tutte queste voci sediziose , unite al rumore del cannone e della moschetteria, faceva a noi tutti un male spaventoso. Ogni colpo di cannone ci faceva trasalire; il cuore del Re e quello della Regina erano lacerati ; e noi eravamo nel più profondo dolore pensando alla sorte che avevano trovato, forse, coloro che avevamo lasciato alle Tuileries. Il povero piccolo Delfino piangeva, si occupava di quelli che amava e che erano rimasti al castello, si gettò tra le mie braccia e mi abbracciò. Molti deputati ne furono colpiti e la Regina disse loro: - Mio figlio ama teneramente la figlia della sua governante, che è rimasta alle Tuileries , condivide l’inquietudine di sua madre, e quella che proviamo, della sorte di coloro che vi abbiamo lasciato -. […]
I pompieri, che si era cercato per estinguere l’incendio alla Tuileries, si dichiararono all’Assemblea che era impossibile se non si inviavano dei commissari per ristabilire l’ordine. […]

Molti fedeli servitori del Re avendo trovato il modo di penetrare nell’Assemblea, si recarono presso questo principe nella loggia del logografo e resero conto a Sua Maestà di quello che era successo alle Tuileries. Ci informarono che le donne ne erano uscite senza alcun incidente, e mio figlio mi assicurò che Pauline era al sicuro. Questa certezza e la sua presenza furono di una grande consolazione per il mio cuore, sebbene fosse ancora profondamente toccato dalla sorte di tante brave persone che erano devote al Re e la famiglia reale. Monsignor il Delfino fu delizioso, in questa occasione, nel sapere la sua cara Pauline fuori pericolo. […]
Si venne ad avvertire in quel momento che gli Svizzeri stavano marciando sull’Assemblea, che i federati marciavano loro contro e che si stava per assistere ad un combattimento sanguinoso. L’Assemblea fremette e domandò il Re che una persona che era con lui andasse a parlamentare con loro e domandare loro di rendere le armi. Il presidente propose di dare l’ordine per iscritto e M. d’Hervilly si offrì per adempiere a questo incarico; ma prima di partire, dichiarò che poteva agire solo utilmente sull’ordine e la firma di questo principe. L’Assemblea che fremeva nella possibilità di vedere arrivare gli Svizzeri, si affrettò a presentare al Re dell’inchiostro e della carta affinché desse l’ordine di mettere a basso le armi e di fare tornare gli Svizzeri sui loro passi. […]
I Marsigliesi e altri briganti, vedendo gli Svizzeri disarmati, si misero a correre su di loro e questi ultimi si videro costretti a nascondersi e cambiarsi d’abito per non essere vittime del loro furore.[…] I deputati, inquieti di vedere il Re circondato dalle persone che gli erano attaccate, dichiararono che il Re doveva essere vigilato solo dalla Guardia Nazionale e che gli altri dovevano ritirarsi. Il conte Charles de Chabot, che era rimasto in questa guardia in vista di essere utile al Re, andò a prendere subito la sua uniforme e il suo fucile e fece servizio di sentinella alla porta del logografo. Le dimostrazioni di attaccamento che dette a Sua Maestà l’avevano reso sospetto ai faziosi, fu arrestato pochi giorni dopo l’entrata del Re al Tempio e condotto alla prigione dell’Abbaye dove fu uno delle prime vittime della giornata del 2 settembre.

[…] Appena i ministri avevano ascoltato i rimproveri fatti al Re e sui quali l’Assemblea motivava la sospensione della regalità, vollero recarsi alla sbarra dell’Assemblea, per prendersi su di loro tutta la responsabilità della condotta del Re; ma lui lo vietò loro assolutamente dicendo loro: - Voi aumenterete il numero delle vittime senza potermi essere utili, e sarebbe un dolore in più per me. Ritiratevi, ve lo ordino e non ritornate più qui – […] La Regina , desolata dall’essere separata da Monsignor il Delfino e di vederlo tra le mani di una simile assemblea, pregò parecchi deputati , sui quali credeva poter contare, di cercare di parare un colpo che le sarebbe così sensibile. Si rifiutarono tanto più facilmente, che l’Assemblea, che progettava la costituzione di una repubblica, si imbarazzava poco di dare un governatore a Monsignor il Delfino.[…] Si rapportò , con grande soddisfazione del Re, la nomina di un governatore per il principe reale; e questo fu il solo momento di consolazione che provò la famiglia reale in questa spaventosa giornata. Tutte le petizioni erano accompagnate da così tanti decreti, da ingiurie le più atroci verso il Re e la Regina.[…]

Per essere più a portata per sorvegliare il Re e la sua famiglia, l’Assemblea cambiò l’abitazione del Lussemburgo, per l’abitazione del Re e della sua Famiglia, in quella dell’Hotel del ministro della giustizia in Place Vendome; ma questa decisione non fu di lunga durata. Manuel, a nome del Comune di Parigi, venne a presentare all’Assemblea che, essendo incaricata della guardia del Re, proponeva di farli dimorare al Tempio, dove la credeva più al sicuro che altrove. La Regina fremette quando sentì nominare il Tempio e mi disse a bassa voce: - Vedrete che ci metteranno nella torre che ne faranno una vera prigione. Ho sempre avuto un tale orrore per quella torre, che ho pregato mille volte M. il conte d’Artois di farla abbattere, ed era sicuramente un presentimento di tutto quello che avremo a soffrire - e su questo tentai di allontanare da lei una simile idea: - Vedrete se mi sbaglio - . Ripeteva […]
 
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celeborn36
view post Posted on 10/8/2012, 18:58




La testimonianza della figlia della Tourzel:

“[…] Dalle cinque del mattino sentimmo suonare le campane e battere la generale. Qualche battaglione di guardia nazionale si recò al castello per respingere con la forza coloro che erano stati annunciati come assalitori.
Verso le sette del mattino, il Re passò nelle corti la rivista delle guardie svizzere e delle guardie nazionali. Il battaglione della sezione dei Filles-Saint-Thomas, quasi interamente composto da persone devote, fu introdotta all’interno del castello. Riuniti nella Galleria di Diana, la Regina, M. il Delfino, Madame e Madame Elisabeth, accompagnate da mia madre e da me, si presentarono a loro e furono accolte dalle assicurazioni della più intera devozione. La Regina parlò a questi uomini di cuore della fiducia che ella metteva loro in modo da raddoppiare il loro entusiasmo.

Al ritorno del Re, tutta la famiglia e le persone attaccate alla Famiglia reale si trovarono nel Cabinet du Roi. Si sapeva che i faubourg erano in marcia verso il castello. L’ansia era al suo culmine quando M. Roederer arrivò per parlare al Re. Lo convinse a lasciare il castello, a recarsi all’Assemblea: - Là solo – diceva- il Re poteva essere in sicurezza con la sua famiglia – Il re rifiutò ad ottemperare a questo consiglio: non voleva abbandonare tante persone che si erano riunite nel progetto di difenderlo…
Roederer insistette; parlò del sangue che sarebbe stato sparso; dei pericoli che correva la vita della Regina, del Delfino e di Madame Royale…
Infine il Re cedette. Ciascuno si disponeva a seguire il Re, ma Roederer esigette che solo la Famiglia Reale si recasse all’Assemblea.

Mia madre accompagnò i Figli di Francia; Roederer vi si oppose; ma il Re insistette dicendo che, essendo governante dei suoi figli, non poteva lasciarli. Non potei quindi essere ammessa a seguire mia madre. La partenza fu così veloce, ch’ella ebbe solo il tempo di abbracciarmi e di raccomandarmi alle cure della Principessa di Tarente. Dalla finestra della camera del Re vedemmo passare questo triste corteo, a piedi, attraversando i giardini delle Tuileries, scortati da qualche guardia nazionale, da qualche membro dell’Assemblea, e accolto dal silenzio più profondo. Era uno spettacolo che faceva serrare i cuori. L’idea di un corteo funebre si presentò al mio animo; era, in effetti , il corteo funebre della Regalità.

Per quel che successe in questa funesta giornata e in quelle che seguirono non posso dirvi nulla di più completo e di più preciso di quello che troverete nella lettera che sto per leggervi. […]

“Ho avuto ieri solo il tempo di dirvi, mia cara Joséphine, che mia madre ed io siamo fuori pericolo; ma vi voglio raccontare oggi come siamo scappate ai più spaventosi pericoli. Una morte certa mi sembrava il meno, tanto il timore di orribili circostanze cui poteva essere accompagnata si aggiungevano alle mie paure. […] Voi sapete che il 10 agosto, mia madre con M. il Delfino, accompagnò il Re all’Assemblea Nazionale.
Io , rimasta alle Tuileries, nell’appartamento del Re, mi attaccai alla buona principessa di Tarente, alle cure di colei a cui mia madre mi aveva raccomandato: ci promettemmo, quali fossero gli eventi di non separarci mai più. Il castello era assalito da tutte le parti. Ci si occupava dei modi di salvezza: la fuga era impossibile. Parecchie persone pensarono di ritirarsi nei sottotetti: Mme de Tarente ed io pensammo che bisognava piuttosto avvicinarsi alle porte d’uscita, al fine di scappare se si presentava qualche possibilità. La carica di fucile che cominciò ci fece decidere. Per metterci un po’al riparo per non essere dalla parte dove tiravano, scendemmo nell’appartamento della Regina, al pianterreno, attraverso quella scala segreta che serviva da comunicazione tra il suo appartamento e quello del Delfino.

Nell’oscurità di questo passaggio, la luce e il rumore di un colpo di cannone arrivò a ghiacciarci dallo spavento: tutte le dame che erano nell’appartamento del Re ci seguirono allora, e ci trovammo riunite. Il rumore della carica di fucile, il rumore del cannone, le finestre, i vetri che si rompevano, il fischio delle pallottole, tutto ciò faceva un fracasso spaventoso.
Fermammo le imposte per correre meno pericolo e accendemmo una lampada del passaggio per non essere nell’oscurità più completa. Questa posizione mi fece venire un’idea che fu adottata all’istante: - Accendiamo- dissi- tutte le candele del lampadario, dei candelabri, delle torce; se i briganti dovessero forzare la nostra porta, lo stupore che causerà loro tanta luce potrà salvarci dal primo colpo e darci il tempo di parlare

Ciascuna allora si mise all’opera. E appena tutti i nostri doveri furono finiti, sentimmo, nelle camere che precedevano quella in cui eravamo, delle grida spaventose e un ticchettio d’armi che ci annunciava troppo bene che il castello era stato invaso e che bisognava armarci di coraggio. Fu affare di un momento. Le porte furono sfondate e degli uomini, spada alla mano, si precipitarono nel salone…si fermarono all’istante… una dozzina di donne in questa camera…e tutte queste luci ripetute negli specchi facevano, con la luce del giorno che lasciavano, un tale contrasto che i briganti restarono stupefatti. Eravamo riunite con molte dame della Regina, di Madame Elisabeth e di Mme de Lamballe.
Molte di queste dame si sentirono male. Mme de Genestou si inginocchiò talmente aveva perso la testa, e balbettò delle parole di perdono…andammo verso di lei e le imponemmo il silenzio e, mentre la rassicurai, questa buona Mme de Tarente pregò un Marsigliese di aver più pietà della debolezza della testa di questa dama e di prenderla sotto la sua protezione. Questo uomo dopo un momento di esitazione, acconsentì e la tirò fuori dalla camera; poi tutto d’un colpo, ritornando a colei che gli aveva parlato in favore di un’altra;…colpito apparentemente da una tale generosità in quella circostanza…disse a Mme de Tarente: - Salverò quella dama, salverò pure voi e la vostra compagna…- Effettivamente rimise Mme de Genestou nelle mani di uno dei suoi camerati, poi prendendo Mme de Tarente sottobraccio e me dall’altro ci portò fuori dell’appartamento.

Uscendo dal salone passammo sul corpo di un valletto a piedi della Regina e uno dei suoi valletti di camera, che fedeli al loro posto, non volendo abbandonare l’appartamento della loro padrona, erano stati vittime del loro attaccamento. La vista di questi due uomini morti ci serrò il cuore…Mme de Tarente ed io ci guardammo…pensammo che in un istante, forse, avremmo avuto la stessa sorte. Infine, dopo molta pena questo uomo riuscì a farci uscire dal castello da una piccola porta dei sotterranei. Attraversammo la terrazza presso il cancello del Pont-Royal. Là il nostro protettore ci lasciò, avendo, disse, adempiuto alla sua promessa di condurci al sicuro fuori delle Tuileries.

Presi allora il bracco di Mme de Tarente, che, credendo di sottrarsi ai guardi della moltitudine, volle, per ritornare da lei scendere verso il bordo del fiume. Camminammo dolcemente e senza dire una parola quando sentimmo delle grida spaventosa dietro noi: girandoci notammo una folla di briganti che stavano correndo verso di noi, spada alla mano; all’istante ne apparvero altrettanto davanti noi e sul viale, sul parapetto, ci tenevano in pugno, gridando che eravamo dei fuggitivi dalle Tuileries. Per la prima volta provai una paura reale. Credei che saremmo stati massacrati…Mme de Tarente parlò…fece fatica contenere la moltitudine…infine ottenemmo che una scorta ci avrebbe portato al distretto.

Abbiamo attraversato tutta la piazza Louis XV in mezzo ai morti… Molti degli Svizzeri erano stati massacrati e molte altre persone …. Eravamo seguiti da una folla immensa che ci copriva di ingiurie inimmaginabili. Fummo portate al distretto, rue Neuve-des-Capucines: là fummo riconosciute. La persona a cui eravamo state affidate era una persona onesta, giudicò la nostra posizione: gli ispirò dell’interesse, accusò ricevuta delle nostre persone e ad alta voce annunciò che saremmo state condotte in prigione: congedò così coloro che ci avevano portato.
Solo con noi, ci assicurò di tutto il suo interesse, promettendo che , alla fine del giorno saremmo state portate a casa.
Verso le otto di sera ci diede due persone sicure per guidarci, e ci fece uscire da una porta posteriore, al fine di evitare gli spioni che sorvegliavano la sua casa. Arrivammo dalla duchessa La Vallière, prozia di Mme de Tarente e dove lei alloggiava.[…]
 
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celeborn36
view post Posted on 11/8/2012, 15:52




E la testimonianza della Principessa di Tarente:

"[...] Dopo la partenza del Re e della Regina, restai al castello con Mme de La Roche-Aymon, sua figlia, suo figlio, Pauline de Tourzel e qualche altra persona. Dal momento in cui Mme de Tourzel ebbe lasciato sua figlia per seguire M. il Delfino, pregai Pauline di darmi la sua parola d’onore di non separarsi da me. E io donai la mia. Non prevedevo allora quali pericoli avremmo affrontato per salvarci; mi rallegrai della partenza del Re; lo confesso, ad onta del mio giudizio, credei che questa decisione sarebbe stata di qualche utilità. Il Re uscì dal castello e andando a consegnarsi all’Assemblea, vedetti la pace fatta e il pericolo allontanato. Mi ritirai nell’appartamento di M. il Delfino, per vedere il Re attraversare il giardino, lo seguii fin che gli occhi poterono, formando mille voti. Fui poi nella camera del Re, nello studio, ritornai nella camera; ero sempre in movimento perché ero inquieta. Infine, un ufficiale della polizia venne ad annunciarci che il Re, arrivato alla scala della terrazza dei Feuillants, dopo esser stato preso di mira da lontano, durante il cammino, aveva trovato una così grande folla che non aveva potuto salire la scala. “Abbasso il Re! Abbasso il Veto! Niente donne!” gridava tutto il popolo. Una deputazione venne a cercare il Re e permise alla Regina di entrare. Ella fu alla barra, il Re a fianco del presidente. Il Re disse che veniva all’Assemblea per evitare al popolo un grande crimine. L’Assemblea, non poteva deliberare davanti a lui, fu rinviato alla barra e poi rinchiuso nella sua prima prigione, la loggia del Logografo.

Noi ritornammo nell’appartamento di M. il Delfino, dove ci fermammo. Erano circa due ore che il Re era all’Assemblea, e non sembrava possibile che arrivasse presto. Parlai dell’assenza del Re con il duca di Choiseul me ne inquietai e me ne tormentai. Mi disse: - Non mi sorprenderei che arrivasse prima delle otto di sera – Disse ciò con tono ispirato; mi mise in collera e fui nel contempo colpita nel vivo. Nello stesso attimo, lo fui ancora di più: sentii il primo colpo di fucile; tutte le nostre sventurate teste si misero in moto. Dove rifugiarsi? Dove nascondersi? Cominciammo con l’errare tra nelle scale. Dappertutto colpi di fucile, dei colpi di cannone fischiavano nelle nostre orecchie. Vidi accendere la miccia ad un canno alla Porta dei Principi. Ero nella sua direzione, credei di essere uccisa. Non lasciai mai la mia Pauline.

Infine supplicai queste dame di mettersi in un posto qualunque; vedemmo sempre il cannone; scegliemmo la camera della Regina. Uno della sua gente che ci si abbracciava nella corte e si faceva la pace; ma nello stesso tempo i fucili ricominciarono a sparare più forte di prima. Avevamo con noi quindici donne, di cui la maggior parte era in uno stato orribile. Pregai che si fecero uscire gli uomini, che arrivavano da tutte le parti nel nostro rifugio e che non erano utili a niente se non ad esporci. Ci sedemmo tutte contro i muri e aspettammo ciò che il cielo ci aveva destinato. Per quanto mi riguarda ero tutta rassegnata e credevo toccare i miei ultimi momenti.

L’appartamento fu forzato, ci allontanammo da una camera e fummo nel salone. Presto i colpi d’ascia, i calci dei fucili, si sono fatti sentire alla prima porta. Inviai un valletto a piedi della Regina ad aprire tutte quelle che ci separavano dai briganti. All’istante la camera fu piena. – Delle armi e degli Svizzeri!- gridarono con furore. – Viva la nazione! – Mi ritirai in fondo alla camera con Pauline e Mme Thibaut, cameriera della Regina; ero associata alle più coraggiose nonostante tremassi da morire. Un uomo, con la figura atroce esclamò: - Non fate male alle donne! Delle armi e degli Svizzeri!- Non persi un istante; presi quest’uomo per il braccio e gli dissi: - Ecco una giovane donna, una vecchia e me a cui dare le vostre cure e voi resterete con noi - . Egli mi dette la mano, esclamò: “Viva la Nazione!”. Facemmo un quartetto di benedizioni per la Nazione, di cui tre non erano d’accordo. Al mio fianco un uomo armeggiava per caricare il suo fucile: strappò la sua cartuccia, pregai il mio guardiano di impedirgli di sparare dicendogli che erano assolutamente padroni dell’appartamento e che potevano fare tutto quello che volevano.
Andò a battergli sulla spalla: - Compagno non sparare – l’altro cessò all’istante; tutte le donne partirono e non ne rividi più neanche una. Presi la guardia per un braccio, Pauline dall’altro, uscii dal salone della Reine. Nella sala da pranzo, vidi un uomo ben messo rompere la lanterna con un gran colpo di bastone; lo specchio del camino era in briciole. Sotto la porta trovai il corpo di quello sventurato uomo che avevo inviato ad aprire il passaggio ai briganti. Era uno dei migliori sudditi e dei più affezionati alla Regina. Nell’Anticamera, c’erano due di questi miserabili che facevano a pezzi, a colpi di spada, un abito di livrea. Infine uscii dall’appartamento, discesi e mi trovai in giardino.
In uno spazio di cento passi, vidi quattro o cinque Svizzeri stesi. Arrivata sul viale con Pauline, il nostro brigante ci lasciò.

Tutte le strade mi sembravano così coperte di persone che non osai sceglierne una. Infine notai un piccolo sentiero di terra tra il muro del viale e il fiume. Non avevo più la testa e non pensai che se non vi era alcuna persona su questo cammino, sarei stata vista da tutte le parti. Pauline acconsentì a seguirlo; scendemmo le scale, incontrai un cannoniere, lo pregai di venir con noi, avevo abbastanza paura, io sola con Pauline. Gli dissi che uscivamo dal castello, ci promise assistenza. La metà del cammino andò bene eccetto per il fatto che gli domandai notizie del Re. Questa domanda gli fu sospetta. – Perché domandate notizie del Re? Voi uscite dal castello, lo saprete meglio di me!- Gli dissi che il Re era all’Assemblea da più di un’ora e mezza.

A metà strada, c’era una casa abitata da dei battellieri . Queste due donne e questo cannoniere parvero loro sospetti. Si gettò sul cannoniere e lo disarmò. Un uomo si mise in ginocchio, armò il suo fucile e a dieci passi, non più,ci prese di mira. Non ho mai avuto più paura di allora certamente. Ci seguirono per il nostro cammino, da sopra il viale ci gridavano: - Bisogna ucciderle! Da dove vengono? Si sono salvate dal castello! - Gli uomini avevano cinque o sei fucili puntati su noi; dall’altra parte del fiume ci seguivano pure. Mai si era stati in una posizione così brutta e inquietante. Ebbi appena il tempo di domandarmi cosa bisognava fare; fortunatamente ci si mise a parlamentare e noi fummo salve. Due uomini si impadronirono di Pauline; lei camminava davanti a me, non volevo perderla di vista. Rimontate sul viale, fummo raggiunte da un’altra truppa .

- Dove andate compagni? - - A riportare queste donne a casa loro - . Il cannoniere prese la parola: - sono uscite dal castello e mi hanno domandato notizie del Re; bisogna portarle al corpo di guardia della Porta Saint-Honoré-. Attraversammo quindi la piazza Luigi XV, con un sole e un calore come non ho mai sentito. Tutto lungo la piazza, vedemmo degli Svizzere sul terreno; le persone che ci seguivano erano coperte di sangue. Soffrii l’impossibile. Arrivati all’inizio della Place della Rue Royale, questi miserabili, che non facevano altro che uccidere da due ore, ci fecero dirottare di parecchi passi per farci passare dietro una batteria che si affacciava alla porta delle Tuileries detta l’Orangerie e i cui cannoni erano carichi.

Tutto lungo la Rue Royale, vedemmo dei corpi morti, Svizzeri e altri, pure dei cavalli. Il corpo di guardia, Porte Saint-Honoré, era chiuso; bisognò attraversare il boulevard; tutti erano armati in una maniera spaventosa. Avevano pure degli spiedi. Si portavano anche dei piccoli pezzi di livrea del Re, di abiti blu in cima dei lunghi bastoni. Parigi faceva orrore. Infine arrivammo in Rue Neuve-des-Capucins alla sezione. Si fecero una o due domande e noi dicemmo che avevamo fatto bene uscire dal castello e che ci avevano consigliato di non passare in quel momento per la strada. Un uomo che non conoscevo mi propose di entrare da lui. Accettai con riconoscenza, e ci trovammo tra le migliori persone di questo mondo. Erano gli impiegati dei contributi pubblici e noi eravamo negli uffici di questa sezione. Avemmo notizie del Re: l’Assemblea aveva prestato un nuovo giuramento davanti a Sua Maestà e il Re non fu menzionato. Mi si lasciò andare da mia madre. Povera Pauline! Non aveva la stessa consolazione. Alle dieci, questi signori ci portarono a casa mia; facemmo il cammino con lo stesso calore. Trovai mia madre; non fu l’ultima inquietudine che dovevo darle.

Inviai subito all’Assemblea a far dire a Mme de Tourzel che sua figlia era da me. Si venne, tutto il giorno, a darmi consigli di tenermi alla prudenza. Non osai pure a portare Pauline a Mme de Leyde, come convenuto. La sera, sua madre, scrisse un biglietto nel quale ordinava che lei vi andasse. […]”
 
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Duca d'Angouleme
view post Posted on 18/8/2012, 12:11




Grazie mille Celebron, testimonianze preziosissime che ho subito stampato *_*
 
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celeborn36
view post Posted on 18/8/2012, 12:13




Prego caro
 
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30 replies since 10/8/2008, 12:54   1479 views
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