Maria Antonietta - Regina di Francia

Che cosa sarebbe successo se la Contessa di Provenza si fosse lavata?, La prima telenovela borbonica allo Spuma di Sciampagna

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view post Posted on 21/4/2014, 21:22
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Marie-Antoinette

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D’estate, quando Sirio si abbina al Sole dall’alba al tramonto, il caldo e l’umidità rendono arduo arrivare a sera, anche se si vive e lavora in un luogo dove una volta sorgeva un mulino a vento, per cui il vento il rimasto lì anche dopo la demolizione del mulino. Si combatte l’afa bevendo vini di Champagne rinfrescati immergendo le bottiglie direttamente nel Grand Canal, caraffe di mint julep, bottiglioni di mojito e scofanandosi mastelli di gelo all’anguria e di cassatelle di sant’Agata; c’erano anche i temerari che azzardavano delle immersioni nelle acque della Pièce d’eau des Suisses, ma spesso la fatica si rivelava essere maggiore del divertimento. L’unica persona che durante i giorni della fine della canicola cercava di sudare il più possibile era Madame Clotilde, più nota col nomignolo di Gros Madame , perché sperava di perdere almeno mezzo millimetro di giro vita prima di infilare il suo abito da sposa.

Finalmente, il giorno che ogni donzella di buona famiglia aspetta con ansia (figurarsi una principessa di casa reale) era arrivato: la mattina del 21 agosto 1775, nella cappella reale di Versailles, le Gros Madame avrebbe sposato per procura Sua Altezza Reale Carlo Emanuele Ferdinando Maria di Savoia, Principe di Piemonte, rappresentato in quell’occasione dal futuro cognato, Re Luigi XVI. I preparativi fervevano da giorni e avevano creato non pochi problemi logistici a m. Papillon de La Ferté, l’intendente dei Menus Plaisirs, che curava l’organizzazione di ogni minimo evento a Corte. Aveva dovuto accantonare l’idea di far scoperchiare il tetto della cappella o di far togliere la porta e le colonne per via dei costi eccessivi, si era limitato a rimuovere temporaneamente tre vetrate adiacenti per far entrare il sistema di carrucole e paranchi necessari per calare le Gros Madame con tutto il suo abito nuziale all’interno del locale. L’abito era semplice ma suntuoso allo stesso tempo, un velo bianco leggero a coprire il capo, un corsetto color avorio ad inguainare come avrebbe potuto le spalle e la persona della principessa, con una cintura chiusa da un grande cameo e una gonna con un ampio panier ricoperto da diversi strati di tulle e di broccato; il merito della creazione andava a m.lle Bertin per il disegno e a m. du Canapé de Chateau d’Ax per i tessuti.
Il Re faceva la sua figura indossando un abito di velluto cremisi con il collare dell’Ordine dello Spirito Santo; affiancava la sorella e con aria perplessa chiese:

- Scusate, ma io cosa dovrei fare?
- Sposarmi, Sire.
- Ma per mille cardini, io ho già una moglie e poi voi dovete sposare M. il Principe della bagna cauda!
- Il Ciumbia lo devo sposare sul serio ma a casa sua, mentre noi due ci sposiamo per finta: non mi potete impacchettare e spedire con la posta celere a Torino senza prima aver fatto di me una donna regolarmente maritata.
- Piano col filo, che la polenta è poca: non vi mando via posta perché con quello che costa al chilo finisce che M. Turgot mi toglie il saluto. Ho già fatto armare una chiatta con tutto il necessario, e andrete via fiume per il maggior tempo possibile.
- Madame, aiutatemi voi… - Disse Clotilde indispettita rivolgendosi alla cognata.
- Siate paziente, sapete benissimo come funzionano certe cose. Del resto, a suo tempo è successa la stessa cosa anche a me.
- Come? Avete sposato il Ciumbia anche voi? - Chiese con aria inebetita Luigi XVI a Maria Antonietta.
- Ah per carità, mi mancherebbe solo quella. No, io non sono mica una di quelle Asburgo tascabili che fanno sposare al primo che passa per strada: intendevo dire che prima di sposare vi ho sposato mio fratello a Vienna.
- Oh santi numi! La Teresona mi ha rifilato un’arciduchessa usata? Siete stata una Delfina bigama? E quindi io sarei… sarei… sarei… ecco, lo sapevo che aveva ragione mia zia Adelaide!
Madame Clotilde versò qualche lacrima, forse per l’emozione o forse per la rabbia. Il fratello le chiese:
- Piangete, Madame?
- Sì, per quanto io sia felice di andare in sposa oltralpe non posso fare a meno di pensare che tra poco tempo mi allontanerò per sempre dalla mia famiglia, da m.me de Marsan, e da tutte le persone cui ho voluto bene.
- Su, non dite così… come si dice… non perdiamo una sorella ma acquistiamo un nuovo fratello!
- Eh, buonasera… credete anche agli UFO? Rispose stizzita la principessa. Io sono stanca di parole inutili, di essere blandita con l’etichetta; io vorrei… vorrei…

- Vorrei due ali d'aliante
Per volare sempre più distante
E una baracca sul fiume
Per pulirmi in pace le mie piume
Un grande letto sai
Di quelli che non si usan più
Un clavicembalo rotto
Che funzioni però
Quando sono giù un po'.

Non voglio mica la luna
Chiedo soltanto di stare
Stare in disparte a sognare
E non stare a pensare più a te!



Da un angolo della chiesa si sentì distintamente il rumore sordo di qualcosa che cozzava contro i pilastri marmorei che decoravano la cappella reale; dopo aver ascoltato la conversazione un grosso gatto rosso di nome Katz Rex, Graf auf und zu Katzenham, stava dando delle testate alla colonna, mettendo a dura prova la parrucca preparatagli la mattina da Léonard.


La sera si tenne un grande banchetto per festeggiare, cui fece seguito un bal paré veramente magnifico. La Regina vi intervenne assolutamente splendida, in un abito disseminato di fiori di oleandro, non troppi diamanti e delle piume non esageratamente alte. Marie-Antoinette aprì le danze da sola perché il real marito non se la sentiva; riuscì ad aggirare diplomaticamente le norme dell’etichetta che le impedivano di girare la schiena al Re durante i primi due balli stando in piedi al suo fianco e dando istruzioni ai partecipanti.

- One, two, three, four, five, six, seven, eight!
Dormire!
Salutare!
Autostop!
Starnuto!
Camminare!
Nuotare!
Sciare!
Spray!
Macho!
Clacson!
Campana!
Ok!
Baciare!
Saluti!
Saluti!
Superman!

Ok, ragazzi: adesso cerchiamo di farlo meglio! Ricordatevi che si parte sempre da dormire. Fate attenzione alla differenza tra camminare e nuotare, e nel finale due volte i saluti. Fatelo bene!



Le tre vecchie Mesdames erano nelle loro poltrone come degli avvoltoi in cerca di carogne e scuotevano la testa disapprovando, ma per la Regina non era una novità: sapeva fin troppo bene che il giorno seguente Madame Adelaide avrebbe redatto delle note per i gazzettieri che l’avrebbero coperta di ridicolo, nella migliore delle ipotesi. Monsieur il Conte d’Artois, ben noto per la sua indole festaiola e fatua, non aveva alcuna intenzione di perdere neanche una briciola del divertimento: si avvicinò alla principessa de Lamballe e la trascinò nelle danze: “Cugina, vi prego. Tanto ir mi cugino è morto da mo’, non avete scuse per negarmi un giretto. E a Carletto vostro un si pole negare nulla!”. Prendendo la mano sinistra di Maria Teresa con la destra la portò in mezzo alla sala canticchiando un motivetto e iniziando una danza fatta di saltelli e di gesti fatti con le mani:

- Dale tu cuerpo alegria macarena
tu cuerpo dale alegria y cosa buena
dale tu cuerpo alegria macarena
eh... macarena!
Macarena tiene un novio que se llama
que se llama de apellido Vittorino
en la jura de bandera del muchacho
se la vio con dos amigos…





Edited by Maurº - 25/12/2014, 15:36
 
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view post Posted on 4/8/2014, 07:20
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Marie-Antoinette

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L’estate nell’Île-de-France era capricciosa in quell’anno 1775, tuttavia per una forma di riguardo verso il figlio primogenito della Chiesa le ultime giornate di agosto si lasciavano ammirare e godere in tutta la magnificenza della loro calda e lussuosa opulenza. Tripudi di farfalle e imenotteri di qualsiasi forma e dimensione folleggiavano senza sosta sotto i cieli azzurri, mentre il sole splendeva a larghe falde e le murene si muovevano a frotte per la Cour du Cheval Blanc: eleganti, sinuose, nobilissime e orribilmente orgogliose del sangue blu regalatogli dai loro avi e dei propri panier nuovi fiammanti: non è mai esistita un’accolta di gente più pericolosa e più scintillante dei cortigiani di Versailles.
Luigi XVI e tutta la famiglia reale agitavano i fazzoletti bianchi in direzione di un lungo serpente di carrozze che si muoveva lento e maestoso lasciandosi Fontainebleau alle spalle, puntando indefinitamente verso il sud: le vetture e un’enorme chiatta trasportavano Madame Clotilde ed il suo seguito verso Chambéry per la cerimonia della rémise: laggiù finalmente Sua Altezza Reale le Gros Madame avrebbe smesso (per quanto possibile a parole) ufficialmente di essere la sorella de re di Francia per diventare la Principessa di Piemonte.
Il cornac incitava gli elefanti che trainavano la chiatta cantando delle strofe di viaggio:

- It’s a long way to Tipperary,
It’s a long way to go.
It’s a long way to Tipperary
To the sweetest girl I know!


Madame Clotilde batteva il piede a ritmo, e si unì al cornac cantando a modo suo:

- Goodbye, Fontainebleau.
Farewell, Choisy-le-Roi!
It’s a long long way to… Chambérary,
But my heart’s right there.


Madame de Marsan, Governante dei Figli di Francia ed affezionatissima alla principessa, era stata graziosamente sollecitata dalla regina in persona ad accompagnarla nel penultimo viaggio: in realtà Maria Antonietta sarebbe stata felice di sbarazzarsene per sempre e che quello fosse l’ultimo viaggio (in senso buono, per carità) di m.me de Marsan, ma si accontentava del penultimo.

- Madame, contegno. Con tutto il bene che vi voglio, questa non è una canzone adatta a voi.


M.me de Marsan era seconda solo a M.me de Noailles nel saper usare l’etichetta come un machete, ma era molto più simpatica: non che questo fosse un grande primato, essendo come scegliere tra la pece bollente e il sale sulle piaghe. E per la gioia dei più buoni, nei giorni seguenti si sarebbero messi in viaggio anche Monsieur e Madame, i Conti di Provenza, perché passando per le stesse tappe dopo la Ciccionilde sarebbero apparsi più magri.

Una volta giunti a Chambéry tutto si svolse secondo quanto stabilito dall’etichetta: la rémise fu fatta sul Pont des Voisins, che è metà territorio francese e metà sabaudo; i nemici della sposa erano da un lato, e quelli dello sposo dall’altro. Svestire Gros Madame per farle abbandonare tutto ciò che potesse essere francese fu un lavoro considerevole ma qualcuno doveva pur farlo, e non fu mai arduo quanto rivestirla una volta dall’altra parte del ponte: il personale di Versailles era abituato da lunghi anni di pratica, i piemontesi no; dalla loro avevano solo una discreta abilità circense che gli permetteva di alzare tendoni da circo in dimore signorili ad ogni occasione. Terminata la cerimonia la principessa appariva commossa, forse perché sapeva che dopo non molto tempo avrebbe incontrato la suocera, Maria Antonietta di Spagna, che sua cognata la Contessa di Provenza chiamava familiarmente mamita.

L’arrivo a Torino si svolse in gran pompa, Vittorio Amedeo III aveva un leggero complesso di inferiorità nei confronti della Francia anche se non lo voleva far sapere a nessuno; balletti di marchese e tripudi di guardie a cavallo affiancavano la chiatta che scivolava lungo il Po, mentre all’approdo era stato eretto un palco per la famiglia reale, che di lì avrebbe poi accompagnato la nuova principessa di Piemonte a palazzo. Dall’alto della sua postazione d’onore la regina di Sardegna scrutava la chiatta con l’ausilio di una piccola lorgnette telescopica. “Perdonate Querido, ma esta Ciccionilde non ve pare un pochito troppo bassa?” chiese a Vittorio Amedeo, indicandogli un punto preciso sul ponte dell’imbarcazione. “Madame, temo che stiate guardando un grosso gatto con la parrucca che saluta la folla con la manina a tulipano, non nostra nuora”. “Minkia, seguro che se el gato è aquì…” rispose Maria Antonietta con un tremolio stizzito nella voce, paventando un pericolo imminente.

Due giorni dopo tutta la famiglia reale, con membri nuovi e vecchi, era riunita nella corta d’onore del Palazzo Reale di Torino. Ai loro lati erano schierati i nobili più chic del territorio sabaudo per assistere allo spettacolo del giorno, ossia l’arrivo di una coppia di dodo (più che di colombi) in visita alla famiglia: Luigi Stanislao Saverio di Francia, Conte di Provenza, e sua moglie Maria Giuseppina di Savoia, in arte Giupa, all’epoca eredi presuntivo della Corona di Francia e signora. Finalmente una grossa berlina verde scuro con le ruote gialle fece il suo ingresso dondolando con l’apparenza di un enorme aspic di prugne sull’acciottolato del piazzale; ed era appunto di velluto color prugna l’abito che cercava di ricoprire con fatica l’uomo che uscì dalla vettura, velluto coloro prugna, passamanerie color bronzo e camicia di pizzo San Gallo.

- Pardonnatemi, amisci, se non riesco a nascondere l’emossion che mi sussita incontrare finalmente la famillia di mia moglie che è anche la mia… disse il Conte di Provenza mentre accennava il gesto di asciugarsi una lacrima dall’angolo dell’occhio destro.
- Monsieur, vi prego, siete dispensato dalle cerimonie per quello che mi riguarda. Sono già abbastanza felice perché posso riabbracciare mia madre, lo ammonì bonaria Maria Giuseppina.

Dall’imperiale della carrozza una voce puntualizzò: “Macché commozione, a Vostra Altezza Reale è solo andato di traverso il panino con la mortadella che ha appena mangiato!”. Donna Sofia di Collegno, contessa di Savonera riusciva ad infiltrarsi ovunque, come ben sapevano Giupa e sua madre.

Maria Antonietta baciò cerimonialmente la figlia, poi le prese le mani tra le sue e le chiese:

- Vi trovo in splendida forma, niña. Come state?
- Mamita, se devo essere onesta da quando sono in Francia mi sento come se mi avesse investita un uragano.



Comme un ouragan
qu’est passé sur moi,
l’amour a tout emporté.
Dévasté ma vie,
des lames en furie
qu’on ne peut plus arrêter.


Comme un ouragan,
la tempête en moi
a balayé le passé


Allumé nos vies,
c’est un incendie
qu’on ne peut plus arrêter.


 

- Caspita, pequeña, la vostra vita dev’essere davvero piena ed intensa… Y quando credete che mi regalerete un nipotiño o dos?
- Mamita, ma avete visto mio marito? Temo che farei prima a farmeli affittare dalla Smargiassa, non credete?


Maria Antonietta squadrò con occhio da chirurgo il corpulento genero e crollò la testa sconsolata.

- Minkia, seguro! Spero che ve la caviate bene con l’uncinetto, Giupita.





Edited by Maurº - 25/12/2014, 15:35
 
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view post Posted on 25/12/2014, 18:40
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Marie-Antoinette

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La primavera del 1777 era come tutte le altre, forse soltanto un po’ più piovosa.
Il mese di aprile, in particolare, si stava dimostrando un po’ più bizzarro; in particolare, i suoi temporali stavano raggiungendo un virtuosismo degno di un figlio di Paganini e Giove Pluvio. Che si trattasse di Indra o di Thor non sembrava avere molta importanza: il fatto era che l’Uomo del Piano di Sopra stava divertendosi a giocare con nembostrati e cumulonembi come se fosse stato un bimbo su una giostra con le catenelle.


Nel cuore di Parigi, nel quartiere dell’Odéon, in pieno 6° arrondissement, tra rue de Vaugirard e rue de Saint-Sulpice, si dispiega placida una delle più belle strade de mondo, più eleganti e più ricercate: rue de Tournon. Prestigiose costruzioni vi s’innalzano serene e sfrontate, nella loro granitica immobilità: le Petit Valois, l’Hôtel de Nivernais, l’Hôtel du Petit Bourbon, perfino il vecchio hôtel di m.me de Montespan… accanto all’hôtel de Tréville stazionava da qualche giorno una carrozza, e fin qui nulla di male o di inconsueto. Quello che aveva messo in moderata fibrillazione il conte Florimond de Mercy-Argenteau era quel cuoco che nelle cucine di questo hôtel stava sfornando senza sosta carriole di bretzel, barili di sauerkraut, metri e metri quadrati di Wiener Schnitzel e bancali di strüdel. Dal pizzicore dei suoi pollici il buon Mercy capiva che stava per accadere qualcosa, e dal genere di dolore datogli da giorni dalle emorroidi sapeva che aveva a che vedere con la Corte di Vienna. Lo presentiva anche Katz Rex, Graf auf und zu Katzenham, che stava provvedendo a farsi acconciare la parrucca delle grandi occasioni nel suo appartamento del Petit Luxembourg, attiguo a quello di m. de Mercy.


Doveva essere un evento atteso con impazienza anche dalla municipalità di Parigi: sei ragazzini smozzicati e tre tamburini malmessi stazionavano sul marciapiedi sotto le finestre del Petit Luxembourg, sotto una pioggia leggera, più fastidiosa e seccante che utile. Finalmente, dall’angolo di rue de Vaugirard si vide svoltare una carrozza vecchia, tutto fuorché bella e lussuosa, e in definitiva abbastanza inquietante. Una torretta con un tetto in rame, dei lucernai e una piccola balaustra puntuta decorava la parte posteriore del veicolo, mentre l’abitacolo inalberava delle tendine color testa-di-morto molto polverose; alcuni pipistrelli volitavano tutto attorno alla carrozza, entrando e uscendo dagli oblò. Dai finestrini s’intravedevano due occupanti, impettiti e rigidi, mentre a cassetta il gigantesco cocchiere si stagliava livido sul cielo plumbeo, avvolto in un mantello che ondeggiava lugubremente al traballare della carrozza sul selciato.


Nel frattempo, avvistato il coupé, il gatto Rex aveva trascinato m. de Mercy in strada e questi aveva messo in riga la scalcinata truppa d’accoglienza che iniziò a eseguire un motivo:


- Conte non rincasa
che a luce di mattino,
io come un porcellin
mi sdraio qui,
mi sdraio qui


- Fermi tutti, è l’aria sbagliata! - intervenne Mercy.


I tamburi ricominciarono:


- É arrivato l’Ambasciatore,
con la piuma sul cappello;
è arrivato l’Ambasciatore,
a cavallo d’un cammello.
Porta una letterina ,
dove scritto sta così:
“Se mi baci Mimì
ti darò tutto il cuor”:
è arrivato l’Ambasciator!


- Razza di addormentati! Non sono io quello che torna a casa, possibile che non capiate nulla? - Mercy era sull’orlo della disperazione.


Nuovo motivetto:


- Serbi Dio l’Austriaco Regno,
Guardi il nostro Imperator
Nella fe’, che Gli è sostegno,
Regga noi con saggio amor!
Difendiamo il serto avito,
Che Gli adorna il regio crin;
Sempre d’Austria il soglio unito
Sia d’Asburgo col destin!


Mercy era in preda ad una crisi isterica:


- No! No! No! Deficienti che non siete altro! Non è il Kaiser che stiamo per ricevere!


Quarto attacco della banda:


- Perché è un bravo ragazzo,
perché è un bravo ragazzo,
perché è un bravo ragazzooooo,
nessuno lo può negar!


Mercy era alla disperazione, inginocchiato al suolo stava sbattendo furiosamente i pugni per terra:


- Fate un po’ come vi pare, non si può spalare l’acqua con un forcone!


Mentre Graf Rex sbatteva la testa sullo spigolo della porta, la vettura si fermò con un forte stridore delle ruote che mandarono una pioggia di scintille. Il cocchiere scese dalla cassetta, si avvicinò allo sportello, lo aprì ed estrasse lo scalino, si affiancò alla vettura e disse con voce baritonale e funerea:


- Arrivaatiiii…


Dall’abitacolo scesero due figure: una più alta e segaligna, l’altra più bassa e decisamente dalla sagoma più morbida e sinuosa. Il conte de Mercy si era rialzato nel frattempo, e dopo essersi spolverato le ginocchia ed essersi fatto riaggiustare la parrucca da Graf Rex scattò sull’attenti per salutare i nuovi arrivati, mentre il gatto si stava già sporgendo agitando una zampetta in segno di saluto, come se avesse visto un vecchissimo amico. I viaggiatori erano bagnati fradici, e nel complesso sembravano ansiosi di togliersi di lì. Un vago odore di cane bagnato e cavolo bollito si spandeva attorno a loro.



- Vi auguro il benvenuto, Herr baron von Frankenst…
- Mercy! Graf von Falkenstein. - disse seccamente l’uomo, le cui parole risuonavano come dei colpi di scudiscio assestati alle natiche di un cavallo.
- … signor conte di Falkenstein.
- Merci, Mercy.
- Se posso osare, Signor Conte, chi è il vostro compagno di viaggio? - chiese Mercy vedendo che Graf Rex aveva abbracciato affettuosamente l’altro personaggio e adesso lo stava conducendo a braccetto verso casa.
- Ach, so. Kwello è große parrükken di prinz von Kaunitz, io portato con me perké temefo la noia in viaggio.

 
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view post Posted on 1/1/2017, 22:56
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Marie-Antoinette

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A Parigi continuava a piovere da alcuni giorni, e quel 19 aprile 1777 non aveva nessuna voglia di sfigurare con i suoi predecessori; sembrava che dicesse tra sé e sé: “Oh che bello, sono tutto bagnato”. Il fatto è che tendeva a uscire dal seminato dispensando in giro anche tuoni, lampi e fulmini come se avesse sentito la mancanza dello spettacolo dei fuochi d’artificio della fiera di Saint-Germain.
Una berlina procedeva con lestezza nella bruma mattutina delle campagne dell’Île-de-France, mentre il sole timido lambiva con i suoi raggi la terra ancora zuppa dalla pioggia della sera prima; al suo interno tre figure catturavano la curiosità di coloro che la incontravano sul passaggio, ma quello che gli astanti non potevano notare era lo stile dell’allestimento dell’abitacolo, che richiamava una Stübe bavarese. Il conte de Mercy era un uomo che sapeva fare bene le cose e aveva pensato a tutto, persino alla colazione degli illustri ospiti. Fodere di velluto cremisino inondavano ogni angolo disponibile, tra gli sportelli erano state appese delle teste di capriolo impagliate alle quali erano legati dei fragranti würstel; la birra alla spina era garantita da una damina di legno scolpito, con le trecce raccolte in due cospicui chignon laterali e un grembiulino disseminato di stelle alpine, che reggeva gagliarda una botticella dalla quale si poteva spillare l’ottimo nettare ambrato e spumoso.


Il Conte von Falkenstein, rigido come il bompresso di una galea, non si curava minimamente di quell’abbondanza divina, a differenza del suo accompagnatore il colonnello conte Ludovico Luigi Carlo Maria Barbiano di Belgiojoso, Imperial Regio ambasciatore a Londra: questi affondava le mani voracemente nella cesta ricolma di opulenti krapfen alla crema; più in basso di loro una cosa si agitava con una furia degna del ciclone Mariuccia: la parrucca del principe von Kaunitz, che il Conte von Falkenstein si era ostinato a portare con sé per avere compagnia correva qui e lì cercando di recuperare tutto lo zucchero a velo che cadeva dai dolci per incipriarsi i boccoli a dovere.


La combriccola arrivò a Versailles tra un krapfen e l’altro. L’Imperatore viaggiava in incognito e non voleva tradirsi, si limitò a osservare il magnifico castello dal finestrino:


- Heilige Scheiße! Kvesto essere più grande di ego di von Kaunitz!


La vista della reggia era talmente stupefacente che perfino la parrucca di von Kaunitz smise di fare fouettés en tournant e rimase ferma fra i due sedili. Ringhiava sommessamente, ma rumore delle ruote sull’acciottolato sovrastava i suoi brontolii. Una volta fermi lo sportello si aprì, una figura magra e vestita di nero s’inchinò fino a toccare il selciato con la testa: il fido abate de Vermond era pronto per condurre Graf von Falkenstein dalla Regina.


- Herr von Frankenstein…
- Falkenstein! - Rispose seccato l’Imperatore.
- Vuol prendermi in giro?
- Nein, io fiaggio come Conte von Falkenstein!
- Allora dice anche “Caunte”…
- Keiner. È “Conte”.
- Beh, perché non è Caunte di Frankenstein?
- Non lo è… È Conte di Falkenstein!
- Capisco - rispose con uno sguardo enigmatico l’uomo in nero.
- Foi dovete essere Fer-Mond…
- No, si pronuncia Vermón.
- Ma mi hanno detto che era FER-mond!
- Beh, avevano torto. Non le pare?


Una volta effettuato il riconoscimento Vermond fece cenno all’Imperatore affinché lo seguisse, i suoi ordini erano di condurlo direttamente dalla Regina ma senza farlo passare per qualsiasi luogo dove i cortigiani avrebbero potuto anche solo scorgerlo; per sicurezza l’abate ritenne opportuno prendere un percorso intricato che nessun altro, secondo lui, avrebbe potuto seguire. Partendo da una porticina piccina picciò, mezzo nascosta dalla tappezzeria, attraversarono una serie di scale e corridoi per arrivare all’Orangerie, di lì al Bacino di Latona, poi tra i boschetti e il Parco della Vittoria per arrivare a Vicolo Stretto sbucando dal lato dell’ala Nord. Il tragitto frastornò un po’ l’ospite, e una volta che furono fermi questi chiese a Vermond, indicando il corpo centrale del castello:


- Toni è là?
- Toni Ellà?
- Là!
- Cosa?
- Toni è là e Gigi è lì
- Ma come teufel parlate?
- Siete voi che avete cominciato!
- Nein, non essere fero!
- Non insisto, siete voi il padrone! - Vermond fece un profondo inchino.


Una volta all’interno della reggia l’abate riprese a gigioneggiare con il dedalo di corridoi, che si facevano sempre più stretti e bui, le porte sempre più piccole fino a quando si fermò e grattò a una di esse. Una voce d’angelo da dietro la porta rispose di entrare: ecco dopo sette anni fratello e sorella si rividero, furono baci e furono sorrisi, poi furono soltanto fleur-de-lys. Passate le lacrime di commozione cominciarono a raccontarsi quello che era successo negli ultimi anni: come Marie-Antoinette avesse sopportato la Du Barry, come l’Imperatore avesse visitato tutti i campi militari, come Maupeou avesse avuto una volta la parrucca piena di mosche, e come l’Imperatore avesse trattato con Federico II, e come Marie-Antoinette fosse riuscita a mettere in equilibrio tre piume sulla testa… ah, che ricordi! Sarebbero stati ore ed ore ascoltare le rispettive storie, ma l’educazione e l’etichetta chiamavano; la Regina portò il suo augusto fratello dal Re che doveva ancora alzarsi dal letto e lo presentò a suo marito:


- Mein Bruder, che grosso piacere!
- Grosso a chi? - disse Luigi XVI stroppicciandosi gli occhi.
- Nein, io folevo dire: “grande”.
- Il piacere è mio, caro fratello… ora vi prego di avere la pazienza di attendere che mi alzi dalla real cuccia.


Il Re si alzò, calzò la parrucca rovescia e si infilò le ciabatte, poi, rincorrendo il paggio per tutta la stanza, tentò di farsi dare un paio di pantaloni. Alla vista di questa scena l’Imperatore guardò la Regina con compassione, lei lo prese per mano e lo accompagnò dagli altri membri della famiglia reale per presentarlo. La prima ad avere il piacere di far l’Imperial Regia conoscenza fu la Contessa di Provenza:


- Hola gazpacho! Muy encantada!


Intervenne il Conte di Provenza con la sua usuale aria saccente:


- Quondo ho parlatto di etiquette spagnola non mi riferivo a questo; pardonnatela Monsieur, la grosse fille ha la maman espagnola e ogni tonto le parte la saragozza!
- Minkia, seguro! Lo diceva sempre Mamita. - punteggiò Madame.
- Ach so! Io capire benissimo; meine Schwester Karolinen, figlia N. 13, afere sposato un mezzo spagnolen e ormai in sue lettere lei salutare me con: “Hola Sancho Panza”!


Usciti dall’appartamento fu la volta dei Conti d’Artois; Marie-Antoinette si incaricò delle presentazioni:


- Madame la Contessa d’Artois, fratello mio.


Dalla grande e piccola scuderia, nonché dalle scuderie della Regina in città, si levarono dei nitriti di cavalli impauriti.


- Graf von Falkenstein. È un onore, Contessa d’Artois.


Questa volta il cielo si oscurò e simultaneamente i cavalli nitrirono di nuovo.


- Heilige Scheiße! Cosa afere cavalli in kvesto posto?


Il Conte d’Artois tentò di distrarre l’illustre ospite:


- Se te tu vòi fa’ una trombatina, te tu ha solo da chiedere: ti presento quattro donnine belline belline! E dopo ci si fa una partitina a scopa!


La Regina, vedendo il fratello un po’ abbacinato dalle maniere libere del cognato, lo prese sottobraccio come in un giro di valzer e lo condusse da Mesdames. Non appena varcata la soglia dell’appartamento dei cognati l’Imperatore disse a mezza voce: “Contessa d’Artois”, e per l’ennesima volta echeggiarono tuoni e nitriti. “Ach, so!”. Arrivarono ad una porta al pianterreno, grattarono come da etichetta, e dall’interno della stanza si udì una voce alquanto inconsueta che chiedeva ed intimava loro di entrare.


- Care Zie,ho l’onore di presentarvi…
- Altolà mia caaaaara, indossate le pattine; le faaaaantesche hanno or ora lucidaaaato il parquet a cera.
- Veneranda Zia, queste a guisa di zampe di papero poco s’intonano con la nuova creazione di M.lle Bertin - replicò Marie-Antoinette indicando delle pantofole in feltro la cui forma ricordava delle zampe d’anatra.
- Straaaano… - ribatté la vecchia Madame Adélaïde - le ha giustappunto creaaaate per il suo novello stile “à la Belle Poule”.
Al che la Regina tolse le sue belle scarpine in tessuto damascato per infilarsi le pantofole indicate dalla Zia senza battere ciglio.
- Oh che carine! E perché io non ho avuto le mie? - chiese con la bocca piena Madame Victoire.
- Le avete aaaaavute, cara sorella - gracchiò Madame Adélaïde.
- Non lo ricordo, ne siete sicura?
- Incrollaaaaabilmente certa, nella stessa guisa del faaaaatto che le avete mangiate duraaaante la Quaresima, eziandio incorrendo anche in un peccaaaato di gola mangiando di grasso.
- Davvero?
- Sì. Avete detto che nel vassoio non trasudaaaavano grasso veruno, eziandio dovevaaaaano essere magre.
Madame Victoire arrossì e si strofinò la bocca per pulirsela dal sugo del tacchino che aveva testé azzannato.
- Non mi avete fermata?
- Erano due giorni che affondaaaaavate i denti nelle braccia del povero abaaaate Maudoux, ho ritenuto acconcio credere che ciò avrebbe saziaaaaaato la vostra fame.


L’Imperatore era sempre più sconcertato da quel che vedeva della famiglia reale di Francia; dopo aver salutato Mesdames fu la volta della giovane Madame Elisabeth.


- Babet, posso entrare?
- Entrate pure sorella – rispose la più giovane sorella di Luigi XVI.


La principessa era seduta su uno scranno, con un cappello di paglia in testa, intenta ad infilare vermi nei suoi ami.


- Cara, cara, cara, sorellina, cara, cara, cara, cara… è meraviglioso fuori… il giardino… oh sorellina, prendetevi pure gioco di me… sì, lo so sono una sciocca, ma sono così… felice… il sole si è già levato, non fa freddo… dio mio, che aria… come cantano gli storni…
- Fatevi una canna, sorellina. Vi farà bene…
- Certo, sto andando a pescare!


L’Imperatore fece un inchino e uscì subito dalla stanza che odorava di pesce stantio. Si girò verso la sorella, e abbastanza stravolto le disse:


- Schwesterlein, che kosa teufel essere kwesta cosa? Foi che vive sempre in kwesto bailamme?
- Questo, fratello mio, è Versailles!



Edited by Mauroº - 2/1/2017, 17:18
 
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Pamplemousse
view post Posted on 2/1/2017, 19:37




Ho amato alla follia. La ciliegina sulla torta è Madame Elisabeth che parla come Kitty Scherbatsky.

E comunque Giuseppe II deve essersi impressionato non poco durante la sua visita a Versailles, quello che hai scritto non è poi così fictional. Il resoconto della visita alla sorella Maria Carolina è scritto praticamente negli stessi toni. Mancano solo i dialoghi con gli accenti farlocchi, per il resto stiamo là.
 
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view post Posted on 2/1/2017, 19:46
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (Pamplemousse @ 2/1/2017, 19:37) 
Ho amato alla follia. La ciliegina sulla torta è Madame Elisabeth che parla come Kitty Scherbatsky.

Ho pensato alla Marchesini che faceva Ljuba nel Giardino dei Ciliegi

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CITAZIONE
E comunque Giuseppe II deve essersi impressionato non poco durante la sua visita a Versailles, quello che hai scritto non è poi così fictional. Il resoconto della visita alla sorella Maria Carolina è scritto praticamente negli stessi toni. Mancano solo i dialoghi con gli accenti farlocchi, per il resto stiamo là.

e non è il primo a dirlo, nemmeno nei tempi andati. Magari le relazioni dei viaggiatori potevano avere toni un po' differenti, non tutti erano l'imperatore d'Austria, ma il denominatore comune è lo stupore, la meraviglia come l'orrore: in questo tutto il baraccone montato da Luigi XIV s'è rivelato durevole ma soffriva terribilmente di decadimento rapido
 
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Pamplemousse
view post Posted on 2/1/2017, 20:52




CITAZIONE (Mauroº @ 2/1/2017, 19:46) 
Ho pensato alla Marchesini che faceva Ljuba nel Giardino dei Ciliegi

Mitica Anna, uno dei miei miti <3


CITAZIONE (Mauroº @ 2/1/2017, 19:46) 
e non è il primo a dirlo, nemmeno nei tempi andati. Magari le relazioni dei viaggiatori potevano avere toni un po' differenti, non tutti erano l'imperatore d'Austria, ma il denominatore comune è lo stupore, la meraviglia come l'orrore: in questo tutto il baraccone montato da Luigi XIV s'è rivelato durevole ma soffriva terribilmente di decadimento rapido

Esatto, era come vivere in un film di John Waters.
 
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view post Posted on 6/1/2017, 04:59
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Nobile

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CITAZIONE (Nefer Snefru @ 19/2/2011, 11:47) 

Maria Antonietta ebbe un leggero moto d’impazienza: non sopportava Donna Sofia, ma sapeva benissimo quanto potesse rivelarsi utile negli intrighi; era orribilmente abile, aveva conoscenze quasi strette in ogni ambiente, diversi potenti le dovevano dei favori o cercavano soltanto di farle tenere il silenzio su fatti dei quali la Smargiassa era a conoscenza ma che non sarebbero mai dovuti trapelare; tuttavia Sofia era abile, scaltra, ingegnosa ma non particolarmente intelligente, e la vanità era il suo punto debole. Si, si disse Maria Antonietta, l’agente Doppia S era stato un colpo di genio.

- Contessa, veniamo al motivo per cui siete stata convocata. Il Duca mio suocero ha deciso di cercare una sistemazione in Francia per le mie figlie…
- Quali? Interruppe bruscamente Sofia
- Maria Giuseppina e Maria Teresa.
- Oh purcassa vacca! Le due pantegane.
- Le mie piccole Altezze Reali, Smargiassa.
- Come volete voi, Madame. Ma io che c’azzecco?
- Le disposizioni del Duca sono chiare: sposarle a qualsiasi costo, con qualsiasi maschio -ma anche no- possa essere disposto a prendersele mediante un'onesta retribuzione, anche fosse un carrettiere.

“Un carrettiere magari di Maria Giuseppina se ne fa qualcosa, la aggioga!” pensò la contessa ma si morse la lingua per non dirlo.

- Ora, proseguì Maria Antonietta, no entiendo permettere che due nipotiñas di un rey de Spagna vadano a fare le carrettiere! Voglio per loro un Principe del Sangue, o un sovrano tedesco per quanto sia contrario alla diplomazia sabauda. Mi posso accontentare di un Duca-Pari, un Bouillon, di un Rohan, del principe di Monaco se non posso avere un Borbone ma non vado oltre.
- Estikazzi…
- Escuceme?
- Ooops… No, dicevo: un Estikazzi non andrebbe bene?
- Oh, ustè vuole dire un Esterházy? Si, forse sarebbe un partito mejor que otros. Mio suocero ha incaricato la piccola Carignano della missione di trovare marito alle ragazze, e…

La contessa interruppe di nuovo Maria Antonietta, stavolta intonando un motivetto stonato:

- Carignanella bella,
tu sei la Reginella.
Negli occhi tuoi c’è il sole
c’è il colore delle viole,
delle valli tutte in fior!

Ma per favore, che quella sviene quando fiuta una violetta…
- Ay caramba, volete smetterla? Vostro dovere e fonte di salvezza sarà contrastare i maneggi della signorina di Carignano qualora fossero volti a delle mésalliances per le mie figlie, so che ne sarete capace perché siete il miglior agente di tutta l’Europa conosciuta. Ricordate, contessa: c’è gente che si dice española, ma che non è per niente española mentre yo soy una vera española e questo mi distingue dai falsi españoli. Y el sangre de España calienta como el sol, là sulla playa!
- Agli ordini, Vostra Spagnoletta! Contate su di me! E io conto su di voi, il mio compenso sarà solo ad esito felice. Sarà tanto, ma ad esito felice.
- Salvo buon fine! A transazione raggiunta! Olé! Caramba!

 
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view post Posted on 6/1/2017, 05:19
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Nobile

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Mauro, lei è un genio!!!
La Smargiassa che dice "e io che c'azzecco" come Di Pietro...! :lol: :lol: :lol:
"144 166 144 " :P
l'oggetto misterioso è l' iphone 8 con pietre preziose al posto del touch? :lol:
 
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view post Posted on 15/1/2017, 20:09
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Marie-Antoinette

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Grazie, sei umana 😊
No. Era un telefono qualsiasi
 
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