Maria Antonietta - Regina di Francia

Il Grand Tour in Italia

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view post Posted on 13/4/2014, 14:17
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Marie-Antoinette

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Erano una serie di conferenze in realtà, ma da quello che ho letto, avrebbero esposto anche delle opere.
L'evento si teneva nel Museo Napoleonico ed è durato tutto l'anno.
 
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Giacomo Girolamo Casanova
view post Posted on 13/4/2014, 14:34




Ecco appunto, il Museo Napoleonico sta vicino a piazza Navona. Mai visto e sì che era a 100 metri da scuola mia dove ho passato ben 8 anni. Ma era pure vicino casa, ai tempi. Sarà che Napoleone non mi ha mai entusiasmato malgrado fosse un genio e un grande riformatore, non si discute.
Inutile dire che invece il museo d'Arte Antica di Shangai lo conosco benissimo, indimenticabili le damine Tang.
 
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view post Posted on 13/4/2014, 15:24
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Arciduca /Arciduchessa

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Forse era la mostra sul Grand Tour dislocata in dieci musei dal titolo "Oltre Roma tra i Colli Albani e prenestini al tempo del Grand Tour"?
Comunque ora c'è la mostra a Cortona, che deve essere molto bella: espone, oltre ai reperti archeologici etruschi raccolti da Thomas Coke, anche oggetti legati al viaggio.

Volevo aggiungere ancora qualcosa, riguardo alle impressioni che produceva il popolo italiano sui viaggiatori del Grand Tour.
Ciò che accomunava gli abitanti della penisola e che colpiva gli stranieri era la tendenza all' "amplificazione" e all'enfasi nel parlare, oltre all'uso eccessivo degli issimo!

L'italiano turistico, secondo lo scrittore tedesco Franz von Gaudy (che compì il Grand Tour tra il 1833 e il 1835) consisteva nell'imparare 3 espressioni con cui "uno può comodamente sbrigarsela da Sesto Calende fino ad Agrigento"; si tratta di: Sicuro!, di Domandate troppo (espressione che è "anche assai più necessaria") e Aeh! ("chi non sa o non vuole rispondere a una domanda, con un sonoro e ridondante aeh si farà perfettamente intendere da un italiano!").

Stendhal scriveva che "si parla sempre toscano agli stranieri, ma quando il vostro interlocutore vuole esprimere un'idea in modo energico, allora ricorre ad una parola del suo dialetto".
Il toscano era infatti l'italiano usato per farsi comprendere, anche se il dialetto restava la lingua parlata dai più.

Il commediografo spagnolo Leandro Fernandez De Moratin, che fu in viaggio in Italia tra il 1793 e il 1796 affermava che "il fiorentino è fastidioso negli uomini, ma diventa più gradevole se a parlarlo è una donna, specie se bella"...!
Anche Byron, trovava molto bello il veneziano "molto piacevole da sentirsi da una bocca femminile".

Generalmente, gli italiani parlavano anche un po' di francese "bene o male".
Ma non sono rari gli esempi di inglesi o francesi che vollero imparare il dialetto locale, quando ad esempio avevano l'opportunità di potersi fermare più a lungo in uno stesso luogo.
Così è il caso del poeta inglese Robert Browning che a Venezia imparò quel "morbido linguaggio" per frequentare il teatro Goldoni.

O del pittore Jean Houel, che compì due viaggi in Sicilia nel 1700.
Egli scrisse di aver imparato bene la lingua e di essersi vestito secondo la foggia locale "affinchè nessuno potesse sospettare in me lo straniero e per correre meno rischi; questo perchè nell'ascoltare tutte le storie drammatiche che mi erano state raccontate, mi ero reso conto che i briganti assaltavano più i forestieri che gli indigeni".
Chissà quale fu il risultato!...il dialetto siciliano e il napoletano stretto erano ritenuti i più incomprensibili!
Tra parentesi, il problema del brigantaggio era molto diffuso in Sicilia e in Calabria e impensieriva non poco i viaggiatori:anche questo era un rischio, ma che veniva messo in conto.

I viaggiatori del Grand Tour erano preparati alle difficoltà, innumerevoli, che il viaggio poteva comportare.
Ma anche questo aspetto rappresentava il fascino del Tour.
Ta coloro che lo affrontarono da questa prospettiva avventurosa, è da ricordare Johann G. Seume, scrittore tedesco che, nell'800, attraversò a piedi tutta l'Italia, 30 km al giorno.
Affascinato dal sud, dopo la visita alla Reggia di Caserta scrisse che "raramente si potrà trovare in un altro luogo una simile magia"; mentre dei luogi intorno al Vesuvio disse che "qui la natura ha dispensato i suoi doni fino al limite dello sperpero".

Una curiosità: si deve allo scrittore e astronomo francese Joseph Jerome de Lalande (1732 - 1807) il famoso detto "Vedi Napoli e poi muori"!



I suoi ricordi di viaggio sono raccolti nel libro "Voyage d'un Francais en Italie fait dans les années 1765-1766".

CITAZIONE (MmeAnna @ 13/4/2014, 15:17) 
Erano una serie di conferenze in realtà, ma da quello che ho letto, avrebbero esposto anche delle opere.
L'evento si teneva nel Museo Napoleonico ed è durato tutto l'anno.

Ah, ecco! Hai già risposto mentre scrivevo... :)

Edited by reine Claude - 15/4/2014, 11:02
 
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Giacomo Girolamo Casanova
view post Posted on 13/4/2014, 15:34




Devo dire che questi tour-isti stranieri erano veramente ammirevoli. Venivano con lo spirito giusto cioè quello di conoscere le usanze del posto senza preconcetti. Abbiamo già visto come si prestassero di buon grado al cicisbeismo. Evidentemente lo trovavano pure divertente. Ora ecco che si adattavano pure a imparare i dialetti. Ma guarda caso preferivano, già che si trovavano, far pratica con qualche giovane e carina autoctona. Che fatica poveretti!

Quanto al celebre Lord, durante la sua permanenza a Venezia, quando era inquilino della bella e pochissimo austera Lucia Mocenigo, di pratica pare ne facesse parecchia (non con la padrona di casa), del che rimane imperitura memoria.

Era appunto ciò che avevo sostenuto tempo fa in altra discussione: il metodo migliore per imparare una lingua è fidanzarsi con un indigena. Fui pure rimbrottato per questa tesi troppo ardita... Ma da Casanova cosa ci si può aspettare?
 
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view post Posted on 16/4/2014, 16:39
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Arciduca /Arciduchessa

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CITAZIONE (Giacomo Girolamo Casanova @ 13/4/2014, 16:34) 
... Ma da Casanova cosa ci si può aspettare?

Già, Casanova non si smentisce! ;)
Ma noi non sappiamo in realtà come imparavano questi dialetti...! Ho detto solo che trovavano più gradevole ascoltare certe parlate in bocca ad una donna piuttosto che ad un uomo! :) (Ad es., io non amo molto il suono dello spagnolo, ancora meno al femminile, perchè diventa troppo aspro).

Ma il punto è che non c'era un italiano unitario. Riporto un brano, che si riferisce a questo, che ho trovato molto interessante.
"Le numerose testimonianze sulle differenze di pronuncia nelle varie parti d'Italia o sull'impaccio nella conversazione tra due parlanti anche colti, costretti a rinunciare all'immediatezza espressiva dei rispettivi dialetti, sono indicative non della mancanza di un italiano parlato ma di un italiano parlato unitario". (Luca Seriani)

E ancora:"L'italiano appreso in Patria dai viaggiatori era molto spesso quello dei libri, specie di poesia, e dei libretti di musica".

"La molteplicità dei dialetti non impedì che prendesse corpo uno stereotipo sull'italiano parlato, percepito all'estero come lingua della seduzione e del corteggiamento (oltre all'uso dei salotti, agiva evidentemente la fortuna della lirica amorosa, letta e recitata in originale)". (Luca Seriani)

E' molto interessante, vero?
Alla fine del '600, alla corte di Vienna, l'ambasciatore di Toscana Lorenzo Magalotti dichiarava di non aver nessun bisogno di imparare il tedesco, poichè "non c'è chi abbia viso e panni da galantuomo che non parli correttamente l'italiano"!
 
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Giacomo Girolamo Casanova
view post Posted on 16/4/2014, 22:59




Riflessione molto importante. Di fatto me lo sono chiesto parecchie volte anch'io. Tra l'altro mi chiedevo pure: ma questa gente come usava l'aggettivo italiano? E riferito a chi?

Evidentemente l'aggettivo era in uso molto prima dell'unità. Ciò premesso mi sono risposto così: se uno era nato poniamo a Venezia si considerava a tutti gli effetti suddito della Repubblica quindi veneziano e di conseguenza utilizzava il veneziano. Però come appartenente a un ceppo, l'italiano, che pur suddiviso fra tanti stati aveva storia comune e lingua comune, parlava, ovviamente se colto, la lingua "franca" comune a tutti gli appartenenti al ceppo, cioè il toscano.

Lingua questa che si usava per scrivere opere in prosa e in versi, vedi i libretti di Da Ponte per Mozart. Inoltre era usata pure per atti ufficiali, infatti gli editti vari della Repubblica di Venezia, quelli che si affiggevano a Rialto, erano scritti così, magari con qualche "venezianismo" ma non certo in veneziano. Idem per atti processuali, sentenze, relazioni ecc. Ovviamente ciò è accaduto dopo che si è smesso di scrivere tutti questi atti in latino. Il quale per un bel po' è stato la lingua "franca" europea conosciuta e utilizzata da tutti gli intellettuali. Successivamente la lingua franca è diventata il francese e il latino è rimasto lingua ufficiale della Chiesa la quale, dopo aver combattuto, e probabilmente contribuito largamente a distruggere, l'impero romano ha finito poi per tramandarne il patrimonio culturale e pure la lingua. Stranezze della storia.

Intendiamoci non capisco un'acca di questi problemi dal punto di vista teorico ma faccio solo osservazioni desunte dalle molte letture di epistolari, atti notarili, verbali di procedimenti giudiziari ecc.

Mi sono chiesto molte volte come dovrei regolarmi se mi ritrovassi nel Settecento e penso che mi potrei spiegare nella lingua che uso normalmente con tutta la cadenza romana che attesterebbe la mia provenienza. Presumo che un principe siciliano giunto a Milano incontrando un nobile milanese gli si rivolgesse in toscano o in francese mica in siciliano. Ovviamente un operaio o un contadino il toscano non lo sapevano in quanto era una lingua letteraria, salvo naturalmente per i toscani che la parlavano normalmente.

Considerazioni?

Edited by Giacomo Girolamo Casanova - 17/4/2014, 00:26
 
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view post Posted on 17/4/2014, 16:53
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Arciduca /Arciduchessa

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Grazie per il tuo commento e le tue riflessioni!
Ho trovato questa affermazione, che mi sembra indicativa della situazione: "In epoca pre-unitaria l' italiano fu, nella peggiore delle ipotesi, almeno il vestito buono, un abito da esibire saltuariamente". (Bruni).

Leggo ancora che il toscano era praticamente l'italiano orale, che permetteva di comprendersi in tutto il Paese.
Ma il più delle volte, a quel che ho capito, ci si comprendeva mantenendo ciascuno il proprio dialetto "magari un po' addomesticato".

Montesquieu, in Italia nel 1728, disse: "Ciò che è abbastanza singolare della lingua italiana, è che non c'è un solo libro che si possa proporre come modello: ognuno è scritto alla sua maniera". E Charles Dupaty (1746 - 1788, giurista e letterato francese) aggiunge: "Esiste in Italia una lingua dell'Ariosto, una del Tasso, una lingua del Boccaccio, una di Macchiavelli, ma non esiste ancora, in Italia, una lingua italiana".



Il suo libro "Lettres sur l'Italie", raccolta delle impressioni del suo Grand Tour, ebbe notevole successo in Francia, ma fu messo all'indice a Roma: non fu gradito "a causa del suo approfondire tematiche socio-politiche invise ai rappresentati delle classi sociali elevate" (accusate quest'ultime di aver trascurato le cause dei deboli a favore di coloro che detenevano il potere).

Ritornando alla lingua usata in Italia, Stendhal scrive: "La lingua scritta dell'Italia non è quella parlata a Firenze o a Roma; dappertutto ci si serve dell'antico dialetto del paese, e parlare toscano nella conversazione è alquanto ridicolo".

Ma quello che colpisce è che i viaggiatori europei riescano a capire sia la classe colta e nobile, che parlava l' italiano, che i popolani con cui vengono in contatto.
Charles Dickens, in Italia nel 1844, riusciva a parlare con "due nativi genovesi, color terra di Siena, con le gambe e i piedi nudi" e a capirli in lunghi discorsi sulla religione!



Tra l'altro, anche Dickens scrisse un libro sul suo viaggio, "Pictures from Italy".

Mentre l'irlandese Patrick Brydone, in Italia tra il 1767 e il 1771 riuscì a parlare con due montanari siciliani, alle pendici dell'Etna "a tu per tu, capendo il loro dialetto, che è incomprensibile anche agli italiani; ma molti di loro parlano un italiano così da farsi capire".

Per quanto riguarda il veneziano, era forse il dialetto più comprensibile, che gli stranieri assimilavano quasi all'italiano, e risultava molto gradevole all'ascolto.

CITAZIONE
Intendiamoci non capisco un'acca di questi problemi dal punto di vista teorico ma faccio solo osservazioni desunte dalle molte letture di epistolari, atti notarili, verbali di procedimenti giudiziari ecc.

Cito Adriano, perchè posso dire le stesse per quanto mi riguarda :) , anch'io infatti ho presente alcune lettere del 1500, scritte da Isabella d'Este e da Contessina de' Medici, nelle quali le due nobildonne si esprimono in un italiano molto dialettale.

"Favellai chon Alberto della fanciulla e dissemi ch’era chontento dartela se
ll’era tua." scrive Contessina de' Medici, mentre Isabella d'Este "Ve racordamo ad mandarne de la vernise da invernigare el quadro de messer Andrea Mantinea".

Mentre nelle Cronache, Antonio Morosini, ambasciatore veneziano in Francia nel 1400, scrive in dialetto veneziano, straordinariamente simile a quello attuale!

www.stejeannedarc.net/chroniques/morosini5.php
 
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Pamplemousse
view post Posted on 1/5/2014, 23:30




Alla fine ho scoperto che il libro di Jeremy Black è presente anche in diverse biblioteche dell'Unibo! Meno male, quando avrò un po' di tempo libero lo leggerò...così scopriremo anche il misterioso autore del dipinto in copertina!

A proposito, qualcuno di voi ha mai letto "L'amante del vulcano" di Susan Sontag?
 
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view post Posted on 3/5/2014, 15:02
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Arciduca /Arciduchessa

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CITAZIONE (Pamplemousse @ 2/5/2014, 00:30) 
Alla fine ho scoperto che il libro di Jeremy Black è presente anche in diverse biblioteche dell'Unibo! Meno male, quando avrò un po' di tempo libero lo leggerò...così scopriremo anche il misterioso autore del dipinto in copertina!

A proposito, qualcuno di voi ha mai letto "L'amante del vulcano" di Susan Sontag?

Sì, facci sapere chi è il misterioso autore del dipinto in copertina, io non sono ancora riuscita a scoprire chi è! :)
E anche come trovi il libro, naturalmente!

Il libro di Susan Sontag non lo conoscevo: tu l'hai letto?
Ho visto che parla, in forma romanzata, di William Hamilton, il rappresentante inglese nel Regno di Napoli (di cui si è accennato anche qui) e della seconda moglie Emma Lyon, nonchè dell'ammiraglio Nelson, amante della bellissima Emma.
Penso che sia molto interessante.

Ho trovato questo brano che parla della celebre Emma:
"Sir William Hamilton, che abbiamo visto essere il rappresentante di sua Maestà Britannica presso il Regno di Napoli, raccoglieva intorno a sé gran parte dei membri della cultura straniera e locale del tempo. Esperto d’arte e fanatico del Vesuvio, aveva come seconda moglie, Emma Lyon, una donna gallese di umili origini contadine che, a causa della sua straordinaria bellezza e fascino, divenne la perfetta personificazione dell’idea di bellezza classica alla quale tendevano tutti i viaggiatorì del ‘Grand Tour. Al suo fascino non resistette nemmeno l’ammiraglio Nelson che ne diventò l’amante quando con la sua flotta si fermò a Napoli. Le sue ‘attitudes’, erano ‘personificazioni’ drammatizzate, ímmortalate in numerosi e stupendi quadri del tempo. Anche Goethe rimase affascinato dalla sua bellezza. La descrizione che ci fa di questa famosa cortigiana gallese J. B. S. Morritt (1772‑1843) , futuro membro del parlamento inglese, nel 1796, durante un suo viaggio a Napoli, è, a nostro parere, una testimonianza fedele ed efficace, del tipo di bellezza, del gusto estetico, e della fantasia a cui aspirava il turista del ‘Grand Tour’:

“Solo a vederla si può avere una idea precisa di che tipo di donna sia, e questo spiega perchè suo marito l’ha sposata, vale a dire che lei è solo una parte del sesso che si vede sui vasi etruschi’. Ogni uomo ha una ragione per sposarla e questa ragione è sempre diversa, anche se una buona ragione, come tutte lo sono. Se si può giudicare dagli effetti, e questo è il caso, nessun essere umano può sentirsi più felice o più soddisfatto di lui quando la fa esibire, come una figura di cera, alle luci più favorevoli, indicando ogni dettaglio delle sue bellezze; la sua ‘cara metà’, come egli la chiama, e, buon per lui, senza conseguenze pericolose per lei, più di quanto possano essere le figure di cera, considerando il dolore che egli soffre ed il paese in cui si trova.



Abbiamo riscontrato in queste persone una grande cordialità e se dovessi dire che non ammiriamo questa donna significa essere ciechi; una cosa del genere non accade a tutti. La si può davvero considerare una donna straordinaria, senza istruzione, senza amici, senza educazione allorquando arrivò qui. Lei ha aggiunto a tutto quanto fa parte del bagaglio di una donna istruita, la conoscenza della lingua italiana, del francese, della musica, che lei esegue in voce in modo divino. Aggiungete a tutto questo, quello che è più difficile e cioè il ‘tono’ della società, alla quale lei è pervenuta, e, anche se non la più elegante, lei è certamente alla pari con la maggíor parte delle donne dei circoli che frequenta. Questa sarebbe da sola la prova di un senso superiore, ma il suo comportamento nel confronti di suo marito è uno dei più forti. Poiché lui non fa altro che ammirarla e farla ammirare dagli altri, dalla mattina alla sera come farebbe con un bel quadro, è un punto delicato, eppure tutto questo lei lo fa senza affettazione, con naturalezza, senza malizia, che ci porta a considerare quanto lei tenga a suo marito e come si comporta in maniera eccezionale…

Quando si esibisce nelle sue rappresentazioni il suo abbigliamento si limita ad una camicia bianca, alcuni scialli, e i più bei capelli del mondo che le scendono liberi lungo le spalle. Mettono in evidenza una figura di donna alta, bellissima, ed un volto che varia continuamente, sempre piacevole. Così preparata, con un paio di vasi etruschi ed una urna, assume quasi ogni atteggiamento riprodotto, uno dopo l’altro, e li varia ripiegando gli scialli, seguendo l’onda dei suoi capelli, e il suo atteggiamento ora è quello di una Síbilla una Furia, una Niobe, una Sofonisba mentre beve il veleno, una Baccante che beve il vino, che danza, che suona il tamburello, una Agrippina alla tomba di Germanico ed ogni altro atteggiamento che riproduce una diversa passione. Sarete ancora più sorpresi quando vi dirò che il cambiamento di atteggiamento e comportamento, nel passaggio da uno all’altro, a volte l’uno opposto all’altro, avviene in un attimo, che questa varietà è sempre elegante e mutevole, del tutto studiata da antichi disegni di vasi e da figure provenienti daErcolano o da quadri di Guido, ecc."



Emma Hamilton come Ariadne - Elisabeth Vigée-Le Brun
 
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Giacomo Girolamo Casanova
view post Posted on 4/6/2014, 10:51




La povera Emma, che personaggio! Mi ricordo che ci fu un ampio dibattito su wiki perché mise in crisi i cosiddetti "categorizzatori", già perché c'è della gente che crede ancora alle categorie.

Kantiani fino allo sfinimento, continuano a inseguire le loro chimere. Sicché ad Emma non si riusciva a trovare un "mestiere". Alla fine optarono per "avventuriera". Ridicolo. I burocrati riescono a distruggere qualsiasi cosa toccano.

Del resto quando mi occupai della sfortunata Marie Duplessis (che ispirò la Signora delle camelie e la Traviata) non trovarono di meglio che appiccicarle "nobildonna fancese", il che fece ridere tutti e fu rimosso. Io avevo preferito indagare la "Sociologia della lorette".

Della stupenda cortigiana, viva, intelligente, spiritosa che fece innamorare mezza Parigi era sparita ogni traccia. Nobildonna, per poco, lo era anche stata ma che importanza aveva? Praticamente una pietra tombale come quella sotto cui riposa, nel piccolo cimitero Parigino. Se ci passate andate a trovarla: bella e sfortunata, morire a quell'età...

Come al solito divago è la mia passione. E non l'unica. Ritornando ad Emma, fu un personaggio di straordinaria intelligenza. Purtroppo fece una fine tristissima. Incredibile come persone di questa levatura, a un certo punto, siano finite male. Secondo me succedeva perché avevano perso qualsiasi interesse per la vita. Comprensibilissimo.

Quando sei stata Emma o la contessa di Castiglione, puoi accettare la vecchiaia? È impossibile. Capita perfino agli uomini, penso a Mastroianni e Gassman, figuriamoci alle donne. La vita, alla fine, può essere un fardello troppo pesante da portare.

Edited by Giacomo Girolamo Casanova - 4/6/2014, 12:34
 
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view post Posted on 5/6/2014, 09:05
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Arciduca /Arciduchessa

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CITAZIONE (Giacomo Girolamo Casanova @ 4/6/2014, 11:51) 
La povera Emma, che personaggio! Mi ricordo che ci fu un ampio dibattito su wiki perché mise in crisi i cosiddetti "categorizzatori", già perché c'è della gente che crede ancora alle categorie.

Kantiani fino allo sfinimento, continuano a inseguire le loro chimere. Sicché ad Emma non si riusciva a trovare un "mestiere". Alla fine optarono per "avventuriera". Ridicolo. I burocrati riescono a distruggere qualsiasi cosa toccano.

Del resto quando mi occupai della sfortunata Marie Duplessis (che ispirò la Signora delle camelie e la Traviata) non trovarono di meglio che appiccicarle "nobildonna fancese", il che fece ridere tutti e fu rimosso. Io avevo preferito indagare la "Sociologia della lorette".

Della stupenda cortigiana, viva, intelligente, spiritosa che fece innamorare mezza Parigi era sparita ogni traccia. Nobildonna, per poco, lo era anche stata ma che importanza aveva? Praticamente una pietra tombale come quella sotto cui riposa, nel piccolo cimitero Parigino. Se ci passate andate a trovarla: bella e sfortunata, morire a quell'età...

Come al solito divago è la mia passione. E non l'unica. Ritornando ad Emma, fu un personaggio di straordinaria intelligenza. Purtroppo fece una fine tristissima. Incredibile come persone di questa levatura, a un certo punto, siano finite male. Secondo me succedeva perché avevano perso qualsiasi interesse per la vita. Comprensibilissimo.

Quando sei stata Emma o la contessa di Castiglione, puoi accettare la vecchiaia? È impossibile. Capita perfino agli uomini, penso a Mastroianni e Gassman, figuriamoci alle donne. La vita, alla fine, può essere un fardello troppo pesante da portare.

Giusto: il termine avventuriera suona ridicolo in ogni caso!

Quanto alla tua ultima osservazione (e sapendo di divagare, aggiungo solo due righe :) ) non sono d'accordo con te.
A una fulgida e straordinaria giovinezza, può seguire un'altra stagione, non meno interessante; basta sapersi adeguare alle età della vita, senza rimanere di continuo aggrappati a quello che si è stati e si è vissuto.

Nel caso dei personaggi da te citati, c'è in tutti (forse non in Mastroianni, che da quel che so di lui, era un tipo di persona diverso) questa incapacità di "adeguarsi".
E diventa molto triste, per loro.

Ritornando ad Emma è un peccato che la sua vita si sia conclusa così.
Ho visto che si è parlato di lei in un bel topic anche qui sul forum.

Edited by reine Claude - 5/6/2014, 15:34
 
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Giacomo Girolamo Casanova
view post Posted on 5/6/2014, 13:09




Come diceva quel tale:

"Chi si contenta muore"

Per me c'è di peggio: chi fa finta di contentarsi. Perché è patetico e non ci fa una bella figura.

A proposito di proverbi "storpiati", sempre per cinismo, mi viene in mente quello celebre del grande scrittore luinese Piero Chiara, il quale oltre a essere stato uno scrittore di straordinario successo, pochi lo sanno, è stato un immenso casanovista, avendo curato la prima edizione italiana delle Memorie, tratta dal manoscritto originale (1965).

"Dio patria e famiglia riducono l'uomo in poltiglia"

È il delirio finale del protagonista de "Il balordo". Probabilmente mi viene in mente perché chi si accontenta, spesso lo fa diluendo la propria solitudine in istituzioni ben consolidate. Sono lì apposta.

Ciò detto, rendendomi conto di essere un divagatore recidivo e per di più un mostro di cinismo, mi autosospendo fino a data da destinarsi.
 
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41 replies since 21/3/2014, 16:57   5541 views
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