| Nel ringraziare Marie Antoinette Reine per la splendida idea di aggiungere a questo forum le storie dei fratelli e delle sorelle di Maria Antonietta, e per i bei ritratti che ci aggiunge, vorrei spezzare una lancia in favore dei Sovrani di Napoli, i tanto bistrattati Ferdinando e Maria Carolina. E' vero ciò che ha scritto Marie Antoinette Reine, ma su questi due personaggi si è anche tanto accanita la storiografia ufficiale di impostazione liberale (che è poi quella dominante nell'insegnamento scolastico ed universitario, ancora a distanza di tanto tempo). Sul Re Ferdinando, Re Nasone o Re Lazzarone, è reperibile una bella biografia di Giuseppe Campolieti, che tratteggia bene il carattere del Re e quello della Regina (tanto poco simile a quello della mite e gentile sorella minore Maria Antonietta). Marie Antoinette Reine parla della repressione della Repubblica Partenopea e delle esecuzioni di Eleonora Fonseca Pimentel e di Luisa Sanfelice. E' vero che una venne impiccata e l'altra decapitata, ma sarebbe forse opportuno fare un distinguo tra le due vicende. Eleonora Fonseca Pimentel, detta "la portoghesina", era un personaggio noto alla Corte di Napoli già in epoca pre-rivoluzionaria. Non per eccelsa nascita, ma perché era una giovane poetessa, che scriveva versi anche troppo elogiativi dei Sovrani, paragonandoli a Dei dell'Olimpo, "leccandoli" in mille modi ed affermando che i napoletani erano il popolo più felice del mondo per avere sul trono due simili semidei. Il che non solo sembra eccessivo a me, ma probabilmente sembrò eccessivo anche a Ferdinando e Carolina. Ma, che volete, era la moda dell'epoca. Fuggiti i sovrani in Sicilia e proclamata la Repubblica, quella medesima Eleonora Fonseca Pimentel si mise a scrivere sul giornale dei giacobini (il "Monitore Napoletano", se la memoria non m'inganna) quanto Ferdinando e Carolina fossero in realtà dei tiranni, dei despoti, delle belve, delle iene, dei mostri capaci di ogni nequizia e di ogni nefandezza. Il che non solo sembra eccessivo a me, ma decisamente sembrò eccessivo anche a Ferdinando e Carolina. La fecero impiccare ma, parliamoci chiaro, la suddetta non s'era comportata tanto bene. E non è bello sentirsi traditi in questo modo da chi faceva tanto l'amico ed era stato colmato di favori. La Sanfelice fu, invece, un caso completamente diverso, ed i sovrani stessi, considerandola più leggera e sfortunata che colpevole, parvero inclini a concederle la grazia. Riassumiamo i fatti. Luisa Sanfelice era una signora napoletana che non si occupava affatto di politica. Durante il periodo della Repubblica Partenopea, aveva per amante un giovane sanfedista (così si chiamavano i partigiani del Re), certo Baccher. Tramite costui, venne a conoscenza che i sanfedisti napoletani preparavano una sommossa per rovesciare il governo e fare le loro vendette contro i giacobini (che, da parte loro, non erano degli stinchi di santo). Ciò che il Baccher non sapeva era che la Sanfelice aveva per amante anche un caporione giacobino. Timorosa per la vita di quest'ultimo, la Sanfelice lo avvisò; il che consentì di sventare detta congiura, arrestare il Baccher insieme a molti altri complici (tra i quali un fratello) e mandarli al patibolo. Cosa che la Sanfelice non aveva voluto; aveva inteso di salvare un uomo, non di farne uccidere altri. Con tutto questo, il ruolo della Sanfelice in questa tragica vicenda sarebbe rimasto defilato se i signori giacobini non avessero provveduto - scusate il termine, ma noi toscani siamo sboccati - a "sputtanarla" sui giornali. Con la tipica imbecillità del fazioso politico, che esalta le azioni più turpi secondo la morale comune se queste servono a un preteso scopo "Ideale", i giacobini napoletani pubblicarono perfino sul giornale i ringraziamenti a quella "eroina", che aveva "salvato la Repubblica", compiendo una delazione che aveva permesso di mettere le mani su una banda di fetenti reazionari, ecc. ecc. Così tutti a Napoli, chi lo voleva sapere e chi non lo voleva sapere, seppero chi ringraziare per l'uccisione dei congiurati sanfedisti. Quando cadde la Repubblica Partenopea, Re Ferdinando e la Regina, come gà accennato, parvero inclini a concederle la grazia. Ma ci fu un fatto che fece cambiare idea in modo radicale al Re. Ci fu un uomo che gli chiese udienza, e si gettò ai suoi piedi chiedendo giustizia. Era un povero vecchio provato dalla sofferenza: era, per farla breve, il padre dei due fratelli Baccher, uccisi per colpa della Luisa Sanfelice. Il Re si impegnò a non concedere la grazia, e nonostante ciò la Regina Carolina ancora tentò di salvare la sventurata. Erano ormai lontani i tempi in cui il "Re Lazzarone" andava a divertirsi a caccia e a pesca, lasciando le redini del governo alla moglie. Ormai il Re si interessava agli affari di Stato e non si faceva più comandare dalla Regina. Maria Carolina , come dicevo, tentò ancora di salvare la Sanfelice mettendosi d'accordo con la nuora, la principessa ereditaria Maria Clementina. Apro una piccola parentei per spiegare chi era questa Clementina. Era una delle figlie di Pietro Leopoldo Granduca di Toscana e di Maria Luisa di Borbone. Maria Carolina era sorella di Pietro Leopoldo, ma anche il Re Ferdinando IV era fratello della Granduchessa Maria Luisa. Quindi Maria Clementina aveva recentemente sposato il principe ereditario napoletano Francesco, che era doppiamente suo primo cugino, sia da parte di padre che di madre. E questa stretta parentela spiega anche il perché di rapporti tanto stretti tra M.Clementina e M.Carolina che, oltre che suocera, era anche zia. Chiusa parentesi. In quel periodo la principessa M.Clementina dette alla luce un figlio, e l'usanza del tempo voleva che la puerpera ricevesse da parte del Re un prezioso regalo (generalmente qualche gioiello di gran valore). Quando il Re Ferdinando venne a farle visita, e le chiese quale regalo desiderasse, la nuora, forse troppo timida per parlare, gli indicò la culla in cui riposava il neonato. Il Re vi trovò in bella vista una supplica, in cui gli si chiedeva la grazia per la Sanfelice. Allora si oscurò in volto e se ne andò via, dopo aver detto alla giovane principessa:-Figlia mia, chiedimi ciò che vuoi, ma questo non te lo posso accordare!- Si fa presto a passare per mostri! Ferdinando e Carolina non furono tali, anche se certamente sbagliarono a far giustiziare i giacobini. Colui che aveva attuato la grande impresa di riconquistar loro il Regno, il Cardinale Fabrizio Ruffo, non aveva voluto quelle esecuzioni. S'era impegnato a lasciar liberi quelli che s'erano arresi, e fu indignato che l'Ammiraglio Nelson e Re Ferdinando mancassero ai patti. Si impegnò a salvare, facendoli fuggire, quelli che gli si fossero consegnati. Ma loro non si fidarono di un pretaccio cattolico a capo di bande di "lazzari" e di "cafoni", preferendo fidarsi del più raffinato Ammiraglio britannico Orazio Nelson, un vero gentleman. Fu l'ennesimo - ed ultimo - errore di valutazione, che li portò diritti a pendere dalla forca. Tutto si potrà dire dei Cardinali di Santa Romana Chiesa, fuorché sospettarli di stupidità. Il Cardinale Ruffo, uomo intelligente, avrebbe senza dubbio favorito la fuga all'etero dei giacobini napoletani. Sapeva bene che essi erano degli utopisti, dei dottrinari senza alcun legame con la realtà, senza alcun seguito nel popolo, che si manteneva fedele alla Santa Religione, al Re ed ai sistemi di vita tradizionali. Se i giacobini fossero andati in esilio, sarebbero stati dimenticati o ricordati solo per i loro delitti (la condanna a morte e la fucilazione di oltre 1500 sanfedisti, tra nobili e popolani, durante il breve periodo del loro governo). Uccidendoli, invece, furon trasformati in martiri, ed i sovrani napoletani sono passati ala storia come "i cattivi".
Edited by sofonisba - 5/11/2006, 14:46
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