Maria Antonietta - Regina di Francia

Marie de Rabutin-Chantal, marquise de Sévigné

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view post Posted on 7/10/2008, 10:48
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Marie-Antoinette

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Marie de Rabutin-Chantal, marchesa de Sévigné nacque a Parigi da un’antica famiglia borgognona: il padre, Celse Bénigne de Rabutin, barone de Chantal, era figlio di Jeanne-Françoise Frémiot de Chantal, amica di san Francesco di Sales, e fondatrice dell’Ordine della Visitazione (la ricorrenza di santa Giovanna di Chantal è il 12 agosto); la madre fu Marie de Coulanges. Suo padre fu ucciso nel giugno 1627 nell’isola di Ré durante la guerra contro gli inglesi. La moglie gli sopravvisse di poco, così che Marie, rimasta orfana nel 1633, fu affidata ai nonni materni. Quando anche il nonno Philippe de Coulanges, morì nel 1636 lo zio, Christophe de Coulanges abate di Livry (il Bien bon della corrispondenza), divenne suo tutore e le procurò una buona educazione.

Marie sposò Henri, marchese de Sévigné, un nobile bretone benestante, il 4 agosto 1644, e risiedette con lui nel castello di Rochers, presso Vitré, luogo che ora deve a lei la sua rinomanza. Ebbe una figlia, Françoise Marguerite, il 10 ottobre 1646 e un figlio, Charles, il 12 marzo 1648.

Il 4 febbraio 1651, Henri de Sévigné, a seguito di una questione con il cavaliere d'Albret su una certa signora di Gondran, si batté con lui rimanendo mortalmente ferito. Rimasta vedova a soli ventisei anni, Marie non si risposò più: a novembre si stabilì a Parigi, ma trascorrendo una parte dell'anno a Rochers. A Parigi frequentò i salotti dell'aristocrazia, specialmente quello di Nicolas Fouquet, ministro delle finanze di Luigi XIV. Dopo il matrimonio della figlia, Madame de Sévigné intrattenne una spiritosa corrispondenza con l'amico e cugino Roger de Bussy-Rabutin, col quale però finì per litigare nel 1658.

Françoise de Sévigné si sposò il 29 gennaio 1669 con François d'Adhémar, conte de Grignan, cittadina della Provenza, il quale era già rimasto vedovo due volte. Pur preferendo vivere a Parigi, la coppia dovette risiedere a Grignan, essendo stato il conte nominato governatore di Provenza. Madame de Sévigné, molto legata alla figlia, intrattenne con lei una corrispondenza, divenuta molto famosa, per tutta la vita: la prima lettera è datata 6 febbraio 1671. Dal 1673, quella corrispondenza, copiata e diffusa non si sa da chi, cominciò a circolare pubblicamente: madame de Sévigné affermò tuttavia che quelle lettere erano in sostanza dei documenti pubblici e concesse loro libera circolazione.

Il 1676 fu un anno molto importante nella vita di Marie: per la prima volta si ammalò seriamente e non volle curarsi se non a Vichy. Le sue lettere da quella cittadina sono tra le sue migliori per l'insuperabile vivacità con la quale descrive la vita quotidiana del suo tempo; anche il processo e l'esecuzione di Madame de Brinvilliers, avvenuta in quell'anno, sono oggetto delle sue lettere.

Nel 1677, nella sua fastosa residenza dell'Hôtel Carnavalet ricevette la famiglia de Grignan, che lì rimase a lungo. Marie ritornò in Provenza nell'ottobre 1678, e l'anno dopo subì il dolore della perdita di La Rochefoucauld, il più eminente dei suoi corrispondenti e uno dei suoi amici più intimi.

Il figlio Charles si sposò nel febbraio 1684 con una giovane nobile bretone, Jeanne Marguerite de Mauron: in quest'occasione, Madame de Sévigné divise i suoi beni con i figli. Quello è anche l'anno in cui la Sévigné assistette a Saint-Cyr alla rappresentazione dell' Esther di Racine, circostanza da lei raccontata in alcune divertenti lettere.

Nel 1693 morirono il cugino Roger e madame de la Fayette; l'anno dopo perdette un'altra intima amica, madame de Lavardin. Nel 1696, assistendo la figlia indisposta a Grignan, madame de Sévigné contrasse una malattia, forse una polmonite, che la portò alla tomba il 17 aprile.

La corrispondenza di Madame de Sévigné con la figlia Françoise de Grignan durò circa trent’anni, con una media di tre-quattro lettere spedite ogni settimana. Una prima edizione clandestina, nel 1725, comprese 28 lettere o estratti di lettera; seguirono altre due edizioni nel 1726. Pauline de Simiane, nipote di Marie, decise allora l'edizione ufficiale della corrispondenza della nonna, affidandone la cura a un editore di Aix-en-Provence, Denis-Marius Perrin, il quale pubblicò 614 lettere nel 1734-1737 e 772 nel 1754. Le lettere furono selezionate, scartando quelle di argomento strettamente privato o di nessun valore letterario, e furono rimaneggiate per dar loro, secondo le istruzione di Pauline, la lingua aggiornata al gusto del tempo.

Si pone dunque il problema della loro autenticità: sulle 1.120 lettere conosciute, soltanto il 15% derivano da lettere autografe, il cui originale fu distrutto dopo la pubblicazione. Nel 1873, una buona quantità di copie manoscritte tratte dalle autografe, fu ritrovata presso un antiquario, coprendo circa la metà di tutte le indirizzate da madame de Sévigné alla figlia.

La seconda metà del XVI secolo e la prima metà del XVII segnarono un rovesciamento dell'identità nobiliare francese. Privati di una serie di privilegi politici e sociali e avendo subito una forte crisi finanziaria, la nobiltà cercò una forma di rivalsa nel far valere la superiorità del suo lignaggio, salvaguardando insieme la propria identità di fronte alla corte per sfuggire alle mire assolutistiche di Richelieu e di Mazarino. Il privilegio delle "buone maniere" fu un valore per quell'aristocrazia in crisi d'identità: far mostra di spirito, di naturalezza - come di nonchalance - e la ricerca dello svago, costituì per essa l'acquisizione di una certa forma di libertà.

Nella prima metà del XVII secolo, la letteratura - come anche i romanzi-fiume di Honoré d'Urfé e di Mademoiselle de Scudéry - esalta questi tratti della nobiltà e degli ambienti della mondanità. L'influenza proviene dall'Italia: il Cortegiano di Baldassare Castiglione, il Galateo di Giovanni Della Casa e La civil conversazione di Stefano Guazzo ispirano la mondanità francese; Vincent Voiture, nelle sue poesie e nelle lettere, fu il primo a mettere in pratica nel salotto di Madame de Rambouillet le sue qualità di spirito e di galanteria, seguito da Antoine Gombaud, dal gesuita Dominique Bouhours, dall'abate Charles Cotin, o ancora da Mademoiselle de Scudéry, i quali hanno trascritto nelle loro opere - che sono una sorta di manuali - questo gusto di piacere, d'istruire e di divertire, rifiutando però tutto quel che riguarda lo studio serio e impegnato, perché quello sarebbe stato poco gradito.

Tutte queste nozioni di buon gusto si trovano nelle lettere di Madame de Sévigné, che si prende cura di ricordare orgogliosamente le proprie origini nobili. Non volle sottrarsi a questa diffusa estetica che le permetteva di mostrare tanto l'arroganza del lignaggio quanto il talento di narratrice e di scrittrice. Come le persone di mondo e i letterati che frequentavano i salotti dell'Hôtel de Rambouillet e che cercavano di conservare la propria indipendenza rispetto a una corte sempre più assolutista, madame de Sévigné adottò quei principi estetici come una sorta di baluardo che la proteggesse dalle difficoltà dell'esistenza. Scherzando sulla morte degli altri e sulla sua, prendeva la distanza rispetto a un soggetto tanto temuto: la paura della dannazione. Cercando sempre di non annoiarsi, sembra evitare quel che Blaise Pascal preconizza nei suoi Pensieri: che il divertimento toglie l'uomo dalla sua misera condizione e lo distoglie dal guardare verso Dio, che è quanto Madame de Sévigné era incapace di fare.

La forma dell'espressione nelle lettere era particolare nel XVII secolo. Se la nostra, moderna classificazione di «genere epistolare» non esisteva, vi era tuttavia tutta una serie di manuali che cercavano di codificare la lettera: l'esordio, la lunghezza, i complimenti, la formula finale, davano alla lettera poca personalità. Non era questo, però, il gusto delle lettere aristocratiche e mondane, le quali invece intendevano sottrarsi a quelle regole per accomodarle alle ambizioni letterarie nel quadro dei valori della nonchalance e dello svago.

Madame de Sévigné si piegò alle convenzioni della lettera quando scriveva a persone di rango superiore ovvero quando voleva ricordare – alla figlia, soprattutto – di non trascurare di scrivere in circostanze particolari come una nascita, un matrimonio, una morte. Ma se Madame de Sévigné rispettò queste regole sociali, confessò anche «il piacere di parlare, pur da lontano, a chi s'ama, e la pesantezza di dover scrivere agli altri». In effetti, è soprattutto nelle lettere alla figlia, liberatasi dai cascami delle regole, che madame de Sévigné può dispiegare tutto il talento della sua «penna che va come una stordita». Ma se il primo scopo della scrittura era comunicare con chi è assente, la lettera sostituiva presto la conversazione, divenendo un mezzo per apprezzare le qualità letterarie, non riservandosi al solo destinatario, venendo letta e commentata in un circolo di appassionati e di conoscitori dei bei giri di frase e dei tratti divertenti delle battute di spirito.

La qualità delle lettere di Madame de Sévigné ha un'altra caratteristica, cara alle persone dell'alta società: la varietà. Per non annoiare il lettore, la nostra scrittrice cambia rapidamente argomento. Si nota soprattutto nelle lettere indirizzate alla figlia, sapendo che in una corrispondenza così importante, il modo di raccontare e la varietà dei soggetti trattati erano indispensabili per la dinamica della relazione e per evitare qualunque caduta nella monotonia. Spesso il mutamento d'argomento avviene dopo un'avvertenza che la marchesa fa quando il soggetto si era prolungato «Non voglio spingere oltre questo capitolo», «Odio mortalmente parlarvi di questo; perché me ne parlate? la mia penna va come una stordita» o anche con un semplice «ma basta», scritto proprio in italiano.

Le letture religiose della marchesa hanno alimentato tanto la sua spiritualità quanto il suo senso dell'umorismo, dal momento che ella conservò sempre un atteggiamento molto libero nei confronti della religione. Si nota infatti, da parte sua, una desacralizzazione del linguaggio religioso. Per esempio, ella esprime i suoi sentimenti alla figlia in una forma che richiama il canone della messa: «Noi vi amiamo in voi e per voi e attraverso voi». Si serve del lessico agostiniano in situazioni profane: «Sono spaventata della predestinazione di questo signor Desbrosses», dove «prédestination» è in realtà usato come sinonimo di «destino». La marchesa utilizza ugualmente il lessico che oppone giansenisti e gesuiti nella questione della grazia allo scopo di realizzare un divertente gioco di parole: «Il signor Nicole è divino. Veramente, dev'essere che egli si aiuta con la grazia sufficiente, che non è sufficiente, ma per me è sufficiente perché essa è la grazia efficace detta con altre parole».

Alcune sue immagini mischiano passaggi biblici e rappresentazioni romanzesche. Per esempio, stuzzica madame de Grignan nella prospettiva che il bambino che sta per partorire possa essere una femmina: «Potrei aiutarvi a esporlo nel Rodano dentro un piccolo paniere di giunco, così poi prenderà riva in qualche regno dove la sua bellezza diventerà il soggetto di un romanzo». Ironizza con immagini evangeliche: «Il mio regno comincia a non essere più di questo mondo» e mette in parodia l'implorazione biblica «abbiate pietà di me». Scrive alla figlia che «M. de La Rochefoucauld vi comunica di avere un certo apostolo che corre attaccato alla sua costola», alludendo ad Eva e alla moglie. La marchesa si burla della devozione delle principesse de Conti e de Longueville chiamandole «le Madri della Chiesa», così come di un'impotenza momentanea del figlio Charles: «Ero rapita all'idea che egli fosse punito là dove aveva peccato».

Altri giri di frase della marchesa diretti alla figlia mostrano la parodia di espressioni mistiche, come «La tramontana di Grignan [...] mi fa male al vostro petto» o «Mio Dio, ragazza mia, quanto mi pesa il vostro ventre», durante la gravidanza della figlia, o ancora: «Deve far caldo a Aix, [...] ne soffoco», fingendo di assumere su di sé il dolore degli altri. Madame de Sévigné utilizza anche i vocaboli della morale cristiana in questioni del tutto profane: "Ho comprato, per farmi una veste da camera, una stoffa come quella che avete voi per la vostra ultima sottana. È ammirevole. C'è un po' di verde, ma domina il viola, insomma, ho dovuto soccombere. Si voleva farmela foderare di color fuoco, ma ho trovato che sarebbe apparsa, da parte mia, un'impenitenza finale. Il di sopra è fragilità pura, ma il disotto sarebbe stata una volontà determinata che mi è sembrata contro tutti i buoni costumi, e allora mi son gettata nel taffettà bianco».

L’arte epistolare della marchesa trova un perfetto esempio in queste considerazione frivole, come l'acquisto di una stoffa, maneggiando alla perfezione un vocabolario religioso per provocare a contrasto un effetto comico. Gli esempi a riguardo sarebbero numerosi e dimostrano la sua disinvoltura nelle questioni di religione. Eppure a Madame de Sévigné piacevano particolarmente gli autori e il pensiero dei giansenisti ma il suo atteggiamento appare del tutto incompatibile con quelle austere dottrine: una tale ambiguità ci fa interrogare sulla sua reale posizione a questo riguardo.



Edited by Nefer Snefru - 4/4/2013, 09:40
 
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view post Posted on 7/10/2008, 19:12
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Marie-Antoinette

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Chapeau, Nefer!
Una trattazione dotta e approfondita.
Cito proprio te, per ricordare che hai postato anche il ritratto della figlia Francoise:
#entry245617367

 
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view post Posted on 8/10/2008, 00:25
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (elena45 @ 7/10/2008, 20:12)
Chapeau, Nefer!
Una trattazione dotta e approfondita.

Grazie cara... ma solo perchè sei tu ti dico un segreto: ho biecamente tirato giù da wikipedia e leggermente corretto, ultimamente latito abbastanza, e non ho tempo di buttare giù delel cose più approfondite.
Non ho nemmeno controllato se ha grossi errori su date e fatti, come altri articoli in passato (ricordi la storia del fratello della Montespan?)

CITAZIONE
Cito proprio te, per ricordare che hai postato anche il ritratto della figlia Francoise:
#entry245617367

La scialba Margehrita, tanto rigida che per me indossava un manico di badile sotto il panier... l'opposto della sua favolosa madre.
Quando si sposò Bussy disse che stava cadendo il più bel pulzellaggio di Francia.
 
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view post Posted on 8/10/2008, 07:58
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Marie-Antoinette

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Eccole a confronto, madre e figlia, in due miniature di Jean Petitot;


Marie de Rabutin-Chantal, marchesa di Sevignè (1626-1696)


Francoise Marguerite de Sevignè, contessa di Grignan (1646-1705).

E, se vi interessa, ho trovato anche il figlio e il marito della figlia:


Charles, barone di Sevignè (1648-1713)


François Adhémar de Monteil, Conte di Grignan (1632 – 1714), più anziano di Francoise, due volte vedovo, notevolmente brutto, ma molto ricco (ca va sans dire).

Val la pena di sottolineare, per i pochi che l'hanno capito in ritardo (me innanzitutto) che Nefer ha dedicato un topic all'interlocutore prediletto di M.Me Sevignè, il cugino Bussy-Rabutin (https://ladyreading.forumfree.it/?t=32915743)

A questo proposito devo dire che il cugino non era proprio cugino, ma lontano parente (vedi http://gw.geneanet.org/genroy?lang=fr;m=N;v=de+rabutin).
La nipote Pauline de Simiane, che dette alle stampe gli scritti della nonna, ha pure avuto discendenza fino ai giorni nostri (http://gw.geneanet.org/garric?lang=fr;p=pa...castellane;oc=2)

Edited by elena45 - 11/6/2013, 09:42
 
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view post Posted on 12/3/2009, 17:35
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Marie-Antoinette

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Si disse ke suo marito fu l'amante di Ninon de Lenclos, così km suo figlio ke si divideva fra Ninon e la Champmeslé
 
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view post Posted on 12/3/2009, 23:47
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (Diana92 @ 12/3/2009, 17:35)
Si disse ke suo marito fu l'amante di Ninon de Lenclos, così km suo figlio ke si divideva fra Ninon e la Champmeslé

Non è che si disse, lo fu come lo furono molti altri; la moglie non gliene portava rancore -a Ninon, intendo- tanto che lei stessa sollecitava che il figlio Charles, prima, ed il nipotino Louis-Provernce poi, passassero dal salotto di Ninon per completare la propria educazione. Va anche detto che la povera Marie era abituata alle frasche del marito, e se ne curava ben poco; henri, del resto, morì abbastanza giovane per una ferita ricevuta in duello per disputare una nuova amante ad un altro.
Charles fu l'amante di una cinquantenne Ninon, che lo rispedì a breve giro di posta perché "c'est une veritable citrouille fricassée dans la neige", insomma era una zuppa di uomo.
In veneto abbiamo un detto similare: Ghe xé tanto gusto come ciucciare un caenasso

 
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PRIESEGEBAB-online
view post Posted on 2/12/2009, 22:11




necessita di verificare:)
 
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°Donzi°
view post Posted on 3/12/2009, 06:07




CITAZIONE (PRIESEGEBAB-online @ 2/12/2009, 22:11)
necessita di verificare:)

Presentarsi QUI!
Grazie! ^_^
 
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view post Posted on 3/12/2009, 19:02
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Marie-Antoinette

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Miniatura di Ninon de Lenclos (1616-1705).
 
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diana924
view post Posted on 3/12/2009, 19:19




è graziosa, ma nn bella, non capisco come ci potessero essere uomini che persero la testa x lei
 
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view post Posted on 30/4/2010, 09:53
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Marie-Antoinette

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Ho dato una sistematina alla biografia di Marie. Che faccio, lascio qui quella vecchia e quella nuova la metto sul blog, oppure tolgo il vecchio post pure qui?




Il 5 febbraio del 1626 è un giovedì come tanti altri, ma è anche il giorno in cui nel cuore della favolosa Parigi di Luigi XIII, in quella Parigi delle Dame Galanti cantate da Brantôme, nella Parigi dove un Cardinal de Richelieu controlla qualsiasi cosa, in una Parigi poco lontana da quella dei romanzi di Dumas nasce una bimba che crescendo diventerà uno dei più splendenti ornamenti della corona del Secolo d’Oro: in Place Royale (oggi Place des Vosges), all’Hôtel de Coulanges, Marie de Coulanges mette al mondo la bionda Marie de Rabutin-Chantal; il padre è Celse Bénigne de Rabutin, barone de Chantal, d’antica famiglia borgognona di nobiltà di spada; a sua volta figlio di quella Jeanne-Françoise Frémyot de Chantal, amica, parente e discepola di san Francesco di Sales e fondatrice dell’Ordine della Visitazione (la ricorrenza di santa Giovanna di Chantal cade il 12 agosto).


A poco più di un anno la piccola Marie perde il padre, ucciso nel giugno 1627 nell’isola di Ré durante la guerra contro gli inglesi; la moglie gli sopravvive di poco, così che la bimba, rimasta orfana nel 1633, è affidata ai nonni materni; la nonna paterna era già vedova ed aveva abbandonato la famiglia per andare in convento, mentre il nonno Christophe de Rabutin era morto in un incidente di caccia dopo essere sopravvissuto a parecchi duelli.
Quando anche il nonno Philippe de Coulanges, muore nel 1636, saranno gli zii, Philippe de la Tour de Coulanges e Christophe de Coulanges, abate di Livry (che nella corrispondenza lei chiamerà “le Bien Bon”), ad impartirle un’educazione di prim’ordine: Marie imparerà benissimo l’italiano, conoscerà discretamente il latino ed avrà nozioni di spagnolo; alcuni affermano che anche Ménage e Chapelain siano stati suoi maestri, in realtà lei li conoscerà da adulta.


A diciotto anni Marie sposa, il 4 agosto 1644, un gentiluomo bretone abbastanza ben piazzato economicamente: il marchese Henri de Sévigné, tra le altre cose proprietario di un castello di nome Les Rochers, poco lontano dalla cittadina di Vitré, luogo che diverrà da subito la sua residenza favorita quando non sarà a Parigi o in Provenza dalla figlia, e che ancora oggi deve alla marchesa la sua rinomanza; i Sévigné s’installano a Parigi, nel quartiere del Marais, in un palazzo al numero 11 di rue des Lions-Saint-Paul tuttora esistente, e che dista poche centinaia di metri dall’Hôtel de Coulanges dove Marie ha vissuto con la famiglia. La coppia avrà due figli: la maggiore, Françoise-Marguerite nasce il 10 ottobre 1646, ma per quanto avesse la fama di essere una donna molto bella -tanto che il cugino Bussy-Rabutin la chiamava “il più bel pulzellaggio di Francia”-, è in realtà una donna vanagloriosa, interessata, col cuore arido come il deserto del Kalahari ed un’intelligenza né acuta né troppo sviluppata. Il secondogenito, Charles, nasce il 12 marzo 1648, e non sarà migliore della sorella: grazioso ma irrilevante, mentalmente trascurabile, Ninon de Lenclos lo definirà “una vera zucca trifolata nella neve”.
Henri dà a Marie altre due cose durante i loro sette anni di matrimonio: essendo di carattere buontempone e gaudente riempie la famiglia di debiti ed il proprio letto di amanti, sebbene sembra che la moglie non si adombrasse troppo delle continue infedeltà del marito, come si deduce dall’aneddoto riportato da Bussy-Rabutin nella sua Histoire amourese des Gaules: Sévigné gli aveva raccontato con vanteria di essere diventato l’amante di Ninon de Lenclos (la stessa che lo sarà senza scomporsi anche del figlio, qualche lustro dopo) e Bussy, covando speranze non troppo legittime né particolarmente limpide, si precipita a raccontare tutto alla cugina:



- Ha di che vantarsi, disse lei arrossendo di dispetto.
- Fingete di non saperlo, le risposi, poiché ne vedete la conseguenza.
- Credo che siate matto, mi disse, a darmi certi avvisi, o che crediate che sia folle io.
- Lo sareste ben di più, madame, le replicai, se non gli rendeste la pariglia, come se gli ripeteste quello che vi ho detto. Vendicatevi, mia cara cugina, sarò parte della vendetta; in fin dei conti i vostri interessi mi sono tanto cari quanto i miei.
- Piano, signor conte, non sono così seccata come credete.

Di donna in donnina, il bel Henri de Sévigné, fa una brutta fine: il 4 febbraio 1651, si batte in duello con il cavaliere d’Albret per disputargli i favori dell’amante, una certa madame de Gondran; la ferita è mortale, Henri non ha scampo, e la spirituale Marie si ritrova vedova a venticinque anni, con due figli da mantenere e dei debiti altrui da saldare; forse per scelta, forse per indole, Marie non si risposerà mai più nonostante le diverse occasioni appetibili che le si presenteranno nel corso degli anni: a novembre dello stesso anno la marchesa si stabilisce a Parigi, traslocando in un alloggio più gestibile e un po’ più economico, in rue Saint-Avoye, oggi compresa nella rue du Temple, tra la rue Michel-le-Comte e la rue Saint-Merri; trascorrerà tuttavia una parte del suo tempo ai Rochers: la vita in campagna è molto piacevole, ed è orribilmente meno costosa di quella nella capitale.

Quando la marchesa abita a Parigi risiede sempre in case che si trovano nel Marais, che resterà il suo quartiere di affezione così come della gran parte della nobiltà parigina; occorre tenere presente che ci muoviamo in un periodo in cui la nobiltà francese si trovava ad essere privata di molti dei suoi privilegi politici e sociali, oltre ad avere un perenne e sempre crescente bisogno di denaro, denaro di cui iniziava a disporre semmai altre classi sociali, la borghesia e la magistratura; pertanto, la vera nobiltà, e con vera il nobile intende nobiltà di spada, tuttalpiù di Chiesa ma proprio per concessione, scopre di avere un solo modo per cercare di ristabilire un’identità che sente di star perdendo, in contrapposizione a quelli che son visti come gli ultimi arrivati: le buone maniere, l’essere ben allevati, la galanteria, lo svago, lo spirito e la cultura (che non vanno necessariamente sempre a braccetto); in mezzo a tutto ciò fioriscono i salotti e le Preziose. La vita sociale e mondana di Marie è fatta di frequentazioni di salotti illustri, i centri della vita intellettuale e letteraria di Parigi, e sarà assidua specialmente dell’Hôtel de Rambouillet. Qui incontrerà il fior fiore dei personaggi del bel mondo e della letteratura del suo tempo: la contessa de La Fayette, romanziera e memorialista (e cugina di Marie, per matrimonio); Madeleine de Scudéry, celebre scrittrice e romanziera; il duca François de La Rochefoucauld, autore delle Massime, memorialista e capo di uno dei partiti della Fronda ed uno dei migliori amici di Marie; Jean de La Fontaine o il Cardinal de Retz, scrittore, colto, intelligente ed anche lui uno dei capi della Fronda; tra le sue amicizie e frequentazioni troviamo inoltre Mademoiselle de Montpensier, la ricchissima cugina del Re; il marchese de Coulanges -cugino germano della Sévigné- e la moglie, tutti e due persone di spirito e di lettere, e lei a sua volta epistolografa celebre ed apprezzatissima da Luigi XIV; il ministro delle finanze Nicolas Fouquet, donnaiolo ed uomo dal triste destino; Bussy-Rabutin, lontano cugino di Marie e uomo di vasta cultura ed ingegno; il marchese Simon Arnaud de Pomponne, ministro degli affari esteri di Luigi XIV; Françoise d’Aubigné, allora solo madame Scarron e non ancora marchesa de Maintenon e moltissimi altri che è difficile (oltre che noioso) elencare a braccio.

La caduta di Fouquet tocca da vicino Marie, sua amica da lungo tempo, e cui lui fa una corte spietata che dura almeno sette anni, con continui dinieghi gentili ma fermi della marchesa. Sette anni, fino al 1661, anno in cui il 5 settembre il sovrintendente delle finanze viene arrestato, e tra le sue carte viene scoperta una cassetta contenente lettere galanti indirizzate a numerose dame, tra cui alla favorita del Re, Louise de La Vallière, ed alcune lettere della Sévigné: vi si parla solo degli affari di una parente, ma la reputazione di Marie è compromessa. Eccola dalla Bretagna dove si trovava fare appello agli amici nella capitale per difenderla, e madame de La Fayette, Pomponne, Ménage e Chapelain accorrere in aiuto. Nei tre anni che seguono l’arresto di Fouquet la marchesa allaccia delle corrispondenze con molte persone, alcune delle quali dureranno anche una cinquantina d’anni: possono avere la forma ed il sapore delle cronache quotidiane e dei pettegolezzi sugli scandali di corte, una sorta di Mercure Galant per così dire; ma possono anche avere un taglio più serio e magari politico, soprattutto quelle riguardano l’affare Fouquet, del quale prende le difese con un’energia che non troverà nessuno degli altri vecchi protetti del sovrintendente. Queste lettere sono diverse dal suo tono abituale, allegro e scoppiettante, hanno più un’impronta neutra, quasi da commentatore, da cronaca, e parlano di fatti importanti come le carestie o le rivolte dei parlamentari: perché? È verosimile l’ipotesi che possa essere per aggirare ogni eventuale rischio poiché la posta veniva molto spesso letta dalla polizia prima che dai destinatari.

Il tempo passa, lo zio Bien Bon aiuta la nipote a gestire i beni di famiglia, e i figli crescono, è già ora di pensare a maritare la primogenita: la scelta cade su un uomo che orbitava nella galassia dell’Hôtel de Rambouillet, dato che la sua defunta moglie era figlia della marchesa de Rambouillet: si tratta di François d’Adhémar de Monteil, conte de Grignan, che dopo essere rimasto due volte vedovo impalmerà in terze nozze Françoise-Marguerite de Sévigné il 27 gennaio 1669; dapprima gli sposini s’installeranno con la marchesa in un palazzo, oggi distrutto, al numero 8 di rue de Thorigny, sempre nel Marais e sempre poco lontano dalle altre case già abitate da Marie. A novembre dello stesso anno il conte viene nominato luogotenente generale del Re in Provenza, e avendo l’obbligo di residenza si appresta a partire seguito dalla moglie, la quale preferisce la vita con lui a quella parigina, anche se non senza rimpianti.

Madame de Sévigné scrive la prima delle sue prime lettere alla figlia che l’ha lasciata due giorni prima, il 6 febbraio 1671, e saranno di uno stile totalmente diverso da quello che usava con i suoi corrispondenti abituali, cosa che ci si aspetta a maggior ragione perché il modo in cui Marie scrive a Bussy non è lo stesso (e a ben ragione) prima e dopo il guastarsi dei loro rapporti dapprima per una questione di denaro e poi per la pubblicazione del libro di Bussy, la Histoire amoureuse des Gaules; ma anche, per continuare con gli esempi, il tono che usa col cugino Coulanges non è lo stesso che adopera con l’amico conte de Guitaut, che a sua volta differirà radicalmente da quello usato per madame de Guitaut una volta rimasta vedova, e così via. Nelle lettere a madame de Grignan troviamo lo spettro di una profonda solitudine che una donna prova dopo la partenza di una figlia amata, fatto completamente nuovo per una persona che gode della pienezza di una vita di società invidiabile; ed è proprio scrivendo queste lettere che Marie si scopre una vocazione per la scrittura. Nipote di una santa, erede di una schiatta di guerrieri, è altrettanto erede di persone dallo spirito brillante e vivo, che se lo trasmettono di generazione in generazione: Marie e Bussy-Rabutin hanno un lontano antenato comune, Amé de Rabutin, il quale era temutissimo in battaglia non tanto per le sue virtù guerriere quanto perché riusciva a far cadere gli avversari da cavallo facendoli ridere coi suoi discorsi; la leggenda di famiglia lo vuole presente alla battaglia di Azincourt, ma avrebbe dovuto parteciparvi quindicenne, la cosa è un po’ dubbia. La penna diverrà l’arma della marchesa, l’arma con la quale illustrerà quello spirito, quell’ingegno, che fino ai quarantacinque anni aveva fatto giostrare solo con la parola; non a caso si parla di rabutinage, di esprit Rabutin, esattamente come si parla dell’esprit Mortemart. Marie de Sévigné è perfettamente consapevole di tutto ciò, e del resto come potrebbe essere diversamente, visto come era stata educata e come venivano educati i rampolli della nobiltà? Quando scrive non ha alcuna intenzione di venire meno a questa usanza che le dava la possibilità di usare e mostrare due cose delle quali sapeva di essere molto dotata: il lignaggio ed il talento di narratrice e di scrittrice, non per forza in questo ordine. Esattamente al pari degli esponenti del bel mondo e dei letterati che frequentavano i salotti dell’Hôtel de Rambouillet, la marchesa impiega i principi estetici della nobiltà come una corazza per difendersi dalle difficoltà della vita quotidiana; ad esempio, se scherza sulla morte, tanto sua quanto altrui, è per prendere le distanze dalla paura della dannazione. Marie ama alle volte la risata grassa, ce lo ricordiamo quando scrive a Bussy di aver saputo che della ferita che si è procurato quando gli è caduto un pezzo di cornicione in testa e molti mariti preferirebbero aver quella come ornamento del capo; tuttavia questo gusto per un umorismo basso non è mai spinto ai limiti di Saint-Simon, che invece sembra trovasse divertente l’umorismo escatologico, e nei Mémoires inserisce alcuni aneddoti incentrati sulle feci (il cavaliere de Coislin, per esempio). Le lettere sono suscettibili di avere un diverso registro anche a seconda del luogo in cui Marie le scrive: se partono da Parigi sono delle cronache ricchissime dei fatti dell’epoca e dei loro retroscena, informazioni cui spesso la marchesa poteva avere un accesso privilegiato ed i gazzettieri no; le lettere che invece scrive dalla Bretagna sono nettamente più intime, parlando di ricordi, di emozioni, di sentimenti che può e vuole condividere con la figlia.

Nel 1672 la marchesa soggiorna al castello di Grignan, ma la convivenza con la figlia e la sua famiglia si fa pesante, e Marie rientra a Parigi. La famiglia del conte de Grignan è quello che oggi diremo una famiglia allargata: oltre a Françoise-Marguerite dalla quale ha avuto l’anno precedente, 4 febbraio 1671, un figlio maschio battezzato Louis-Provence, dobbiamo contare anche due figlie di primo letto, nate nel 1660 e nel 1663, ed un figlio dalla seconda moglie, morto nel 1668. A questi si aggiungerà il 9 settembre 1674 una bimba, Pauline, futura marchesa de Simiane, nonché colei che curerà una pubblicazione delle lettere della nonna.

La corrispondenza inizia a circolare pubblicamente dal 1673, copiata e diffusa non si sa bene da chi: madame de Sévigné, da donna di spirito qual era, afferma che quelle lettere erano in sostanza dei documenti pubblici e concede loro libera circolazione. Per quanto madre e figlia si vedessero regolarmente, ogni nuovo incontro ed ogni nuova separazione ispiravano la marchesa ad esprimere le sue passioni; la difficoltà di trovare parole atte ad esprimere correttamente gli affetti è un tema che ricorre spesso nella corrispondenza: si tratta di testi che dipingono l’amore materno in una maniera tale da servire da modello per tute le discussioni psicologiche e letterarie sui rapporti tra madre e figlia, esattamente come il resto della corrispondenza ispirerà tutte le opere epistolari future.

Nel 1676 la marchesa si ammala, e per la prima volta seriamente: una grave forma di reumatismi le paralizza quasi le mani; elegge Vichy come luogo di cura, e non ritornerà mai su questa decisione. Le lettere scritte dalla cittadina dell’Alvernia sono tra le sue migliori per l’insuperabile vivacità e per lo spirito; anche il processo e l’esecuzione di madame de Brinvilliers, avvenuta in quell’anno, sono oggetto delle lettere. Verso la fine di ottobre del 1677 madame de Sévigné si installa definitivamente all’Hôtel Carnavalet, fastosa residenza in cui rimarrà fino alla morte, quando non sarà in viaggio. La famiglia de Grignan la raggiungerà a novembre, e rimarrà lì per diversi mesi, con umori alterni, fino al settembre del 1679. Se quando sono separate la madre e la figlia si scrivono regolarmente almeno due volte ogni settimana, nei periodi di convivenza capita che alcune lettere siano scritte addirittura da una stanza all’altra, quando la tensione si fa più forte. La marchesa, in buona sostanza, cercherà di recuperare il rapporto con sua figlia con il potere della penna, e ci riuscirà, anche con l’aiuto della religione e dei giansenisti, scoprendo che alle volte è molto più facile volersi bene da lontano che da vicino. Gli anni iniziano a farsi sentire, più per i suoi amici che per Marie: nel 1679 muore il Cardinal de Retz, nel 1680 è la volta di Fouquet e di La Rochefoucauld, il più eminente dei suoi corrispondenti e uno dei suoi amici più intimi. Il giorno 8 febbraio 1684 Charles de Sévigné si sposa con una giovane nobile bretone, Jeanne-Marguerite de Bréhant de Mauron, e la marchesa approfitta dell’occasione per dividere i suoi beni con i figli; da questa data in poi nelle lettere compare di tanto in tanto l’espressione “vado a mangiare i miei debiti” per dire “vado al castello dei Rochers”: rendiconti alla mano si può vedere che Marie ha fatto in pieno il suo dovere di madre ed anche di più,  e dal punto di vista economico si è veramente rovinata per il bene dei figli. Il 1684 è anche l’anno in cui la marchesa assistette a Saint-Cyr alla rappresentazione dell’Esther di Racine, circostanza che racconta ovviamente in alcune lettere. Col tempo la lista dei lutti si allunga: nel 1692 muore Ménage, nel 1693 tocca a Bussy-Rabutin e alla contessa de La Fayette; l’anno 1695 è allietato da due matrimoni: per primo quello di Louis-Provence de Grignan il 2 gennaio, che sposa la ricca Anne-Marguerite de Saint-Amans. Il matrimonio non era molto ben visto molto dall’altra Marguerite di casa, che andava in giro ovunque a dire che alle volte è necessario concimare i campi, riferendosi alla monumentale dote portata dalla nuora nelle tristi casse dei Grignan: la neo sposa, con tutto che era detestata dalla suocera, avrà lunga vita e seppellirà tutta la famiglia, morendo nel 1736, seguita l’anno successivo solo dalla vedova di Charles de Sévigné e dalla cognata, Pauline; il secondo matrimonio che si celebrerà nel 1695 è proprio quello di Pauline, che il 29 novembre sposa Louis de Simiaine.

L’anno successivo la contessa de Grignan si ammala, e la madre le presta assistenza continua per lungo tempo. In aprile Marie si ammala a sua volta, gravemente; forse è una polmonite a costarle la vita. La spirituale e brillante marchesa de Sévigné si spegne il 17 aprile 1696, al castello di Grignan. È sepolta nella chiesa del Salvatore, sotto una lapide di marmo bianco.

La corrispondenza di madame de Sévigné con la figlia copre un periodo di una trentina d’anni, con una media di tre o quattro lettere spedite ogni settimana. Una prima edizione clandestina, nel 1725, comprendeva 28 lettere o estratti; a questa hanno fatto seguito altre due edizioni nel 1726. Pauline de Simiane, nipote della marchesa, decise di dare alle stampe un’edizione ufficiale della corrispondenza della nonna, affidandone la cura a un editore di Aix-en-Provence, Denis-Marius Perrin, che pubblicò 614 lettere nel 1734-1737 e 772 nel 1754. Le lettere furono selezionate, scartando quelle di argomento strettamente privato o di nessun valore letterario, e furono rimaneggiate per dar loro, secondo le istruzioni di Pauline, la lingua aggiornata al gusto del tempo. Si pone dunque il problema della loro autenticità: sulle 1120 lettere conosciute, soltanto il 15% derivano da lettere autografe, il cui originale fu distrutto dopo la pubblicazione. Nel 1873 fu ritrovata presso un antiquario una buona quantità di copie manoscritte tratte dalle autografe, coprendo circa la metà di tutte le indirizzate da madame de Sévigné alla figlia.

L’incantevole marchesa scrive le sue lettere come se danzasse, è molto difficile che si debba accontentare dei limiti imposti da un galateo epistolare: un testo fatto di una formula di apertura, un linguaggio impostato, un complimento, una formula di chiusura non sono adatti ad una personalità come la sua, specialmente perché non trasmetterebbero quasi nessuna identità allo scritto; Marie farà ricorso a degli schemi rigidi solo in rarissime occasioni, come per esempio le lettere indirizzate alla Duchessa di Montpensier, la Grande Mademoiselle cugina de Re, oppure quando era necessario richiamare ai propri doveri sociali la stizzosa figlia, per spingerla a scrivere lettere di complimenti per matrimoni, nascite, morti, promozioni e quant’altro. Godibilissima è la serie infinita di battibecchi che la marchesa si sobbarca perché la figlia rifiuta di scrivere una lettera alla principessa di Taranto, nata Émilie de Hesse-Cassel, trattandola di Altezza Reale: dopo l’ennesimo rifiuto testardo della figlia, la Marie si vedrà costretta a scrivere lei all’amica -“sa bonne Tarente”- dicendo che madame de Grignan le ha scritto, piccinina santa, e che se la principessa non ha visto nulla è di certo colpa delle poste che hanno smarrito la missiva.
Quello che più amava la marchesa era la libertà: libertà dalle regole di stile, libertà di espressione intesa sia come facoltà di parlare senza doversi nascondere o camuffare, sia come possibilità di mettere a nudo i propri sentimenti e il proprio cuore. Nelle lettere alla figlia troviamo tutto questo, Marie stessa parla della sua “penna che va come una stordita”. Lettera come discorso, lettera da ascoltare, ma anche lettera da leggere: la marchesa sapeva benissimo che i suoi capi d’opera erano spesso copiati e letti nei salotti, aveva trovato perfino giusto che succedesse ed aveva gaiamente dato il suo beneplacito agli ignoti copisti: Bussy scriveva di lei che “Ama l’ncenso, ama essere amata”.  Specialmente nella corrispondenza con madame de Grignan vi era il pericolo della noia, quello che Marie stessa, facendo un paragone con la campagna bretone, definiva lande: “Si chiamano lande, in questo paese. Ve ne sono molte nelle mie lettere, prima di trovare delle praterie”. Come cercare di allontanare la noia? Cambiando argomento, la monotonia si combatte con la varietà; quando riteneva di aver discusso troppo di una cosa Marie era solita impiegare frasi mirate, come “Non voglio spingere oltre questo capitolo”, oppure “Odio mortalmente parlarvi di questo; perché me ne parlate? la mia penna va come una stordita”, o anche ricorrendo all’italiano che conosceva bene, con un lapidario “ma basta”.

Un certo interesse è rappresentato dal rapporto di madame de Sévigné con la religione, lei che aveva una nonna santa, che era pronipote di un vescovo, e che era nipote acquisita di san Francesco di Sales, ha conservato per tutta la vita un atteggiamento molto libero ed informale nei riguardi della religione, forse anche in ossequio a un modo di sentire di quella parte della vecchia nobiltà che si riferiva a Dio chiamandolo “Le Gentilhomme de La Haut”; per esempio, alla figlia scrive: “Noi vi amiamo in voi e per voi e attraverso voi”, desacralizzando il linguaggio della messa senza tuttavia mai sfiorare la blasfemia; oppure ama celiare sugli argomenti biblici, e quando la figlia sta per partorire le scrive: “Potrei aiutarvi a esporlo nel Rodano dentro un piccolo paniere di giunco, così poi prenderà riva in qualche regno dove la sua bellezza diventerà il soggetto di un romanzo”, oppure ancora “M. de La Rochefoucauld vi comunica di avere un certo apostolo che corre attaccato alla sua costola”, facendo un parallelo tra la moglie del duca, Andrée de Vivonne, ed Eva. La marchesa ride dell’improvvisa devozione di due ben note mangiauomini, la Principessa de Conti e la Duchessa de Longueville, chiamandole “le Madri della Chiesa”, o si esprime con una frase che starebbe benissimo anche in bocca a Casanova oppure a Restif de La Bretone riguardo ad un’impotenza momentanea ("Son dada demeura court à Lérida") del figlio Charles: “Ero incantata all’idea che fosse punito là dove aveva peccato”. Gli esempi si possono moltiplicare a dismisura, e provano la sua disinvoltura nelle questioni di religione. Marie era molto legata alla famiglia Arnaud ed ai giansenisti, tuttavia il suo atteggiamento pare essere in opposizione diretta alla rigidezza ed all’austerità dottrinale giansenista.



Edited by Nefer Snefru - 4/4/2013, 09:53
 
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yolande84
view post Posted on 30/4/2010, 18:28




ma questa Ninon de lenclos è la stessa che viene citata piu volte nelle "relazioni pericolose"?
era da un pò che volevo acquistare il libro sulle letters di madame de Sevigee, ma ero indecisa....ora lo prendo di sicuro!
 
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view post Posted on 30/4/2010, 20:16
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Marie-Antoinette

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view post Posted on 3/7/2012, 21:00
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Mme de Sévigné, 5 marzo 1683:

“Vous savez comme le Roi a donné deux mille livres de pension à Mlle de Scudéry: c'est par un billet de Mme de Maintenon qu'elle apprit cette bonne nouvelle. Elle fut remercier Sa Majesté un jour d'appartement; elle fut reçue en toute perfection; c'étoit une affaire que de recevoir cette merveilleuse Muse. Le Roi lui parla, et l'embrassa pour l'empêcher d'embrasser ses genoux. Toute cette petite conversation fut d'une justesse admirable; Mme de Maintenon étoit l'interprète. Tout le Parnasse est en émotion pour remercier et le héros et l'héroïne.”

("Sapete che il re ha dato una pensione di duemila livres a Mlle de Scudéry; fu un biglietto di Mme de Maintenon a darle questa buona notizia. Andò a ringraziare Sua Maestà in un giorno di appartement; fu ricevuta a perfezione; non era cosa da poco ricevere questa meravigliosa Musa. Il re le parlò, e l'abbracciò per impedirle di abbracciare le sue ginocchia [cortesissimo, come sempre: Mlle de Scudéry aveva settantacinque anni]. Tutta questa piccola conversazione fu di una correttezza mirabile; Mme de Maintenon era l'interprete. Tutto il Parnaso è in movimento per ringraziare l'eroe e l'eroina.")

Quel che Mme de Sévigné non racconta è che anche il povero piccolo Alexandre de Beauvernois (il figlio del cavaliere di Lorena e di Mlle de Fiennes), allora tredicenne, dovette improvvisare un tributo poetico per l'occasione. Suo padre lo rinchiuse in camera con l'ordine di scrivere qualcosa sull'argomento. Posto dinanzi al classico ricatto ("Non esci di qui finché non hai finito”) il bimbo riuscì a produrre abbastanza velocemente questo distico latino:

Quae dicebatur Sapho ["Saffo" era il soprannome di Mlle de Scudéry] modo dena sororum
Nunc facta est Lodoix munere prima
(ovvero: "Saffo, poc'anzi detta decima delle Muse, ora per dono di Luigi è diventata la prima").

Questo efferato episodio di maltrattamento minorile è riportato da Tallemant des Réaux in uno zibaldone conservato nella biblioteca di La Rochelle (Tallemant des Réaux, Le manuscrit 673, ed. critica a cura di Vincenette Maigne, Paris, Klincksieck, 1994).

Per informazioni veloci su Madeleine de Scudéry, romanziera e preziosa, nonché eroina di un famoso racconto di E.T.A. Hoffmann, vi rimando a wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Madeleine_de_Scud%C3%A9ry).

(Stasera mi sento davvero pigra).

Edited by Cartaphilus - 4/7/2012, 14:15
 
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celeborn36
view post Posted on 3/7/2012, 22:06




ma povera stella!
 
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