| Qui un bell' articolo da Il Giornale d'Italia: Maria Josè, la “Regina di Maggio”/1
Ritratto di una principessa altera e triste: le nozze con Umberto e la freddezza di Casa SavoiaÈ una delle donne più in vista del Regime: ha sposato il Principe ereditario, ma la sua vita non sarà una fiabesca avventura
“Umberto e Maria Josè sono profondamente diversi. Lei è una ‘borghese’, lui è un ‘ancientrégime’. Lei è anticonformista, fino alla bizzarria, schietta, impulsiva, disordinata. Lui è bello ma gelido, ligio all’etichetta, rispettoso delle forme e delle regole, imbarazzato, distante. Lei è alla mano, confidenziale, lui è serio, compreso del suo ruolo”. Con queste parole Marco Innocenti presenta le due figure di Umberto di Savoia e di sua moglie, Maria Josè del Belgio.
Due persone estremamente diverse, insomma, il principe Savoia e la bella principessa del Belgio. Quando viene celebrato il loro fastoso matrimonio (la stampa parla di “Nozze Auguste”), lui ha 26 anni e lei 24. La cerimonia, 8 gennaio 1930, è l’evento più atteso, tutti ne parlano, dai nobili salotti bene alle stradine di periferia più povere del Paese: lei è bellissima, con il suo sguardo acceso e i riccioli, elegante e sofisticata, altera. Sembra il primo giorno di tanti altri luminosi che ne seguiranno, gli auspici sembrano tutti positivi. La vita vera, però, non sarà altrettanto rosea e gaia. Del resto, la rispettive famiglie sono lontane anni luce l’una dall’altra: Alberto I ed Elisabetta, i sovrani del Belgio, sono infatti democratici e progressisti. Il che è un po’ un controsenso, a dire il vero. Una contraddizione in termini, perché loro sono “i sovrani”, mantengono in piedi tutte quelle prerogative che i sovrani hanno, conducono una vita “da sovrani”: insomma, tra il dire e il fare, come sempre c’è di mezzo il mare. I Savoia non sono la Casa Reale per eccellenza, per chi immagina la figura del “Re” come un condottiero e un capo carismatico, soprattutto nel corso del regno di Vittorio Emanuele, che non spicca certo per iniziativa e per coraggio. È un sovrano piuttosto scialbo, il cui regno è stato rispettato da tutto il mondo solo nel periodo in cui Mussolini è stato il Capo del Governo. Un Re che è stato insignito della corona di Imperatore per meriti non suoi, una figura alquanto sbiadita, quasi la caricatura di un Re.
Le due famiglie, insomma, sono diversissime, come lo sono i due sposi. È inevitabile che la frattura diventi sempre più profonda: Maria Josè, in casa Savoia, si sente un pesce fuor d’acqua: “Affetti tra i Savoia ve ne sono stati sempre pochi, lei non trova neppure le briciole” scrive ancora Marco Innocenti, che sul re aggiunge: “Vittorio Emanuele è freddo e le loro conversazioni scivolano subito in divergenze: difficile dialogare con un uomo che ha un’istintiva antipatia per la felicità e che vive in una contraddizione schizofrenica tra un complesso di inferiorità fisica e uno di superiorità intellettuale”.
Il gelo che regna in casa Savoia non aiuta certo la coppia a vivere in serenità e ad apprezzare le gioie della vita coniugale. Maria Josè è bella, forse troppo. Il destino ha scritto per lei i fondamenti di una vita luminosa e spensierata, felice: soldi, ricchezze, servitori, palazzi, mare, svaghi, gioielli, abiti. Un marito giovane e bello, e per di più principe ereditario. Lei può avere tutto. E forse è proprio per questo che, alla fine, non avrà nulla: non riesce a vivere la gioia, e forse neppure il dolore. Perché le emozioni positive si riesce a viverle e ad apprezzarle solo se si conoscono anche quelle negative. Sofferenza e felicità vanno insieme, si alternano nella vita dei comuni mortali, che fanno la loro conoscenza lungo la strada della vita, una strada spesso irta di difficoltà. Difficoltà a cui Maria Josè non è abituata a fare fronte.
Quanto sono diverse la bella ed elegante principessa del Belgio e la verace romagnola moglie del Duce, che dal lusso non si è mai lasciata soggiogare, lei, abituata dalla vita a fare i conti con il lavoro e con le difficoltà per mettere insieme un pasto caldo da portare in tavola alla famiglia …
Personaggi di un’epoca che mostrano due facce totalmente diverse dell’Italia di quegli anni. Eppure due donne che oggi la stampa chiamerebbe “first ladies”. Una, “Regina di Maggio”, perché ha regnato solo un mese, dal 9 maggio al 12 giugno 1946, e che dalla vita ha avuto tutto, tranne la cosa più importante: gli affetti familiari. L’altra, che ha fatto i conti con la storia fino in fondo, che ha sempre vissuto con sobrietà e che è stata privata di tutto per decenni, ma che quegli affetti ha saputo mantenerli vivi e pregnanti per tutta la sua vita. (… continua…)Da Il Giornale d'Italia: La ribelle principessa del Belgio /2Maria Josè, crocerossina in Africa Orientale, "orgogliosa di sentirmi italiana", ma "antifascista"
Maria Josè arriva in Italia adolescente, i sovrani del Belgio la fanno studiare a Firenze: già è deciso da tempo che in futuro diverrà la moglie del principe Umberto. “Questa prospettiva – racconterà la stessa Maria Josè al settimanale Oggi – aveva assunto per me la forma di un sogno meraviglioso. Un sogno che d’altra parte mia madre incoraggiava: mi parlava di un principe affascinante in termini così entusiastici che ai miei occhi Umberto era arrivato a rappresentare l’apice della perfezione”. Quando la giovane conosce il suo futuro sposo – invitata presso la casa reale dai sovrani - lui ha 13 anni, lei 11. Di lui sa ciò che le ha raccontato la madre e ciò che dicono le cronache, lo ha visto in fotografia, su L’Illustrazione Italiana.
Da quel giorno e fino alle nozze si vedranno ben poco, sono predestinati ad una vita insieme e questo è tutto: secondo la logica dei matrimoni combinati, non importa che i due futuri sposi si conoscano e pongano le basi di quella confidenza che caratterizza ogni buon matrimonio.
Le difficoltà di Maria Josè ad ambientarsi sono subito evidenti: “L’etichetta della corte belga – racconta ancora a Oggi – sebbene severa, perdeva ogni significato se raffrontata alla rigidità un po’ anacronistica del protocollo della Corte italiana, in contrasto con la naturale spontaneità del carattere latino …”.
Maria Josè è anticonformista, ama uscire da sola, non tollera gli agenti di sicurezza che devono badare all’incolumità sua e di Umberto, non sopporta l’etichetta.
I primi anni i coniugi dimorano a Torino, poi si spostano a Napoli. È lì che nasce la primogenita: Maria Pia. Una gravidanza delicata, una gioia offuscata dal dolore della perdita del padre Alberto, morto in un incidente in montagna. È il 1934. A re Alberto del Belgio succede il figlio Leopoldo, che regna insieme a sua moglie Astrid di Svezia. Ma il destino ha scritto per i sovrani un triste destino: il 29 agosto 1935 Astrid muore in un incidente d’auto. Ad informare la regina madre Elisabetta, a Napoli in visita ai principi del Piemonte, è proprio Maria Josè, informata dal fratello della tragedia.
Nel 1937 nasce Vittorio Emanuele, un maschio: la dinastia – pensano tutti – è al sicuro, l’erede al trono c’è. Il piccolo Vittorio Emanuele non diventerà mai re, la monarchia esalerà l’ultimo respiro molto prima che si ponga la questione della successione.
Maria Josè e Umberto avranno altre due figlie, Maria Gabriella nel 1940 e Maria Beatrice nel 1943.
La principessa comincia a mostrare insofferenza verso il regime fascista, anche se nei confronti di Benito Mussolini le sue parole non sono mai aspre: “Ho parlato diverse volte con lui – racconta ancora a Oggi – Agli inizi ascoltava con interesse, con cortesia, ogni mia richiesta. Non toccavamo argomenti di politica”. Maria Josè chiede spesso sostegno al Duce per le opere di beneficienza e lui generalmente accorda il suo interessamento. Durante la guerra in Africa Orientale, la principessa fornisce il suo supporto: avendo frequentato il corso per infermiere della Croce Rossa, si dà da fare negli ospedali, frequenta un corso sulle malattie tropicali e, quando le truppe italiane stanno per sferrare l'attacco finale che porterà alla presa di Addis Abeba, Maria Josè si imbarca sul Cesarea diretta in Africa Orientale.
“Il 5 maggio – racconta ancora – ascoltai, commossa, il discorso che Mussolini pronunciò alla radio […] Il 10 maggio rientrai in Italia, orgogliosa di sentirmi italiana”.
Ma c’è qualcosa che turba la giovane mamma del futuro, ipotetico erede al trono: è Benedetto Croce a metterla sull’avviso che il Fascismo, cadendo, potrebbe trascinare con sé anche la monarchia. In realtà, la monarchia è bravissima da sola a cadere nel ridicolo dopo l'8 settembre con la fuga del re e dell'erede al trono.
Nell'ultimo periodo del Regime, la principessa tenta di ritagliarsi un suo spazio, fa la ribelle, fa la "frondista" contro il Fascismo insieme ad alcune dame sue amiche e ad alcuni intellettuali antifascisti. Il gioco non le riesce, lo stesso re Vittorio Emanuele non ama avere donne tra i piedi e poi a liquidare Mussolini ci sta già pensando lui.
Mussolini: alcune recenti cronache riferiscono di una lettera di Romano, il quarto figlio di Benito e Rachele, nella quale sarebbe contenuta l'informazione che Maria Josè e il Duce fossero stati amanti. Le cronache si sono a lungo sbizzarrite su questa possibilità, certo è che la certezza su questa voce difficilmente si potrà avere. Una cosa però va detta: secondo quanto riferisce Claretta Petacci nel suo diario, raccolto nel volume "Mussolini segreto" di Mauro Suttora, Benito le avrebbe raccontato in confidenza che la bella principessa in più occasioni avrebbe tenuto con lui un contegno "sbarazzino" e che lui, Benito, non avrebbe mai ceduto alle sospettate avances. Lui non era un santo, sono a tutti note le sue avventure galanti: semplicemente, la principessa non gli piaceva. Anche questo è un fatto che non potremo mai stabilire come assodato, Benito potrebbe avere male interpretato l'atteggiamento di Maria Josè, per esempio, ma non v'è ragione di dubitare delle parole di Claretta, una donna innamorata che trascrive morbosamente nel suo diario ogni minimo dettaglio dei suoi incontri con Mussolini.
Umberto e Maria Josè saranno sovrani solo per un mese, gli Italiani voteranno per la Repubblica, il re e la regina verranno esiliati. Il 5 giugno 1946 è lei la prima a lasciare l'Italia per andare in Portogallo. Il 13 Umberto la raggiunge. Gli anni passano, i due sono sempre più lontani. Finché Maria Josè non lascia il Portogallo per raggiungere la Svizzera con il figlio Vittorio Emanuele. Si vedranno pochissimo, finché Umberto morirà nel 1983 in una clinica di Ginevra. Maria Josè, quasi novantacinquenne, si spegnerà nel 2001.
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Emma Moriconi
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