Se lo ha infarcito di considerazioni personali assolutamente deliranti come nel precedente libro del 1995 (che ho), sarà un libro spazzatura.
Una recensione che avevo scritto nel 2010 sul vecchio volume.
Un libro abbastanza deludente. Ho dato la seconda stellina solo per gli ultimi due capitoli che sono belli e interessanti. Si tratta di una biografia di Maria Antonietta incentrata sul suo rapporto col conte di Fersen. C'è in partenza una grossa falla: l'autrice, pur citando pedissequamente fonti primarie (come corrispondenze e diari di Fersen), rilegge queste ultime in maniera forzata secondo uno schema mentale precostituito, vale a dire "Maria Antonietta e il conte si sono molto amati, anche e sicuramente in maniera carnale". Avrebbe dovuto fare il contrario, usare queste fonti per delineare il loro rapporto, semplicemente guardando i "fatti" e poi magari proporre delle ipotesi finali sulla natura di questa relazione. Se uno parte con l'idea che fin da subito c'è stata una grandissima passione tra loro, allora è ovvio che qualsiasi parola può essere letta in chiave amorosa! Ricostruisce con precisione la famosa notte all'Opera (gennaio 1774) e i giorni successivi, solo che, come quasi tutti gli storici hanno sottolineato, dal diario di Fersen non emerge certo nessun innamoramento né dell'uno né dell'altra, mentre l'autrice vede subito in quelle parole una passione travolgente. Successivamente, pur ricostruendo bene e coerentemente tutta la vicenda, porta avanti delle ipotesi estremamente criticabili (e senza dubbio innovative) dandole pressoché per certe: intanto dice con sicurezza dove e quando Maria Antonietta e Fersen hanno fatto l'amore per la prima volta (mentre molti altri biografi più accreditati hanno continuato a domandarsi per decenni addirittura se lo abbiano mai fatto, cercando prove su prove), dà una visione piuttosto distorta del rapporto tra la regina e la duchessa di Polignac (secondo la Farr quest'ultima poteva ricattare la regale amica spifferando i segreti della sua relazione con Fersen), e quasi con certezza afferma che Luigi Carlo e Sofia Elena - gli ultimi due figli di Maria Antonietta e Luigi XVI - erano dei bastardi figli del conte. Si è spinta davvero oltre l'ipotizzabile! E questo mi dispiace perché ci sono dei momenti carini della sola parte biografica su Maria Antonietta (per esempio un aneddoto che nessun altro biografo riporta e che racconta in maniera vivida l'ultima volta che la regina ballò a corte nel fatidico 1789: e ballò nientemeno che una danza nuova, il valzer!). Altra cosa poco convincente è l'eroismo e la giustezza di tutte le azioni di Fersen. Indubbiamente si diede un gran da fare per aiutare la famiglia reale, ma come alcuni storici hanno notato il suo aiuto non ebbe gli esiti sperati a causa della sua profonda chiusura mentale e i cattivi consigli politici. Invece per la Farr lui è un eroe romantico sempre nel giusto (e ovviamente tutte le colpe sono sempre del povero Luigi XVI, cui si addossa l'intera colpa del fallimento di Varennes, quando è noto - ma la Farr non lo dice - che molto tempo andò perduto perché Fersen, che guidava la carrozza, si perse più di una volta per uscire da Parigi. È solo un esempio). Tutta l'attività politica di Fersen nel 1792 per salvare i reali, pur in buona fede, fu disastrosa per i suoi principi conservatori, ma tutto questo non viene fatto notare in questo volume. Tuttavia, come accennavo all'inizio, l'epilogo è l'unica parte bella del volume perché oltre ai noti e stranoti fatti relativi all'ultima prigionia della regina e al suo processo, l'autrice pubblica moltissimi stralci delle lettere e del diario di Fersen e ci mostra come constantemente si tenesse informato di tutto quello che succedeva a Maria Antonietta. Le pagine scritte dopo la sua morte sono una testimonianza dolorosa e commovente di dedizione.
Insomma, alla fine direi che è un libro che si può tranquillamente evitare. Un peccato, avrebbe potuto essere bello. Fa venire però la voglia di ricercare alcune fonti citate spesso: le memorie di Bombelles e gli scritti di Fersen.