Maria Antonietta - Regina di Francia

Le Amanti di Francia, Le più famose

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°Donzi°
view post Posted on 19/12/2008, 21:35




Scusatemi ma..non c'è anche un film a lei dedicato? :unsure:
 
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view post Posted on 19/12/2008, 23:52
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (°Donzi° @ 19/12/2008, 21:35)
Scusatemi ma..non c'è anche un film a lei dedicato? :unsure:

Non so, Donzi. Non recente: per certo figura in uno dei film di Angelica, e sull imdb non trovo nulal di anni recenti.

 
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view post Posted on 20/12/2008, 00:11
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (elena45 @ 19/12/2008, 21:20)
Ignorante come una capra, non la conoscevo!

No, è che io sono probabilmente troppo di nicchia.
Non so quanti la conosciamo, qui in Italia: già in Francia pochini...

CITAZIONE
Il tuo amico Saint Simon chissà quante te ne ha raccontate.....

È stato relativamente parco. Per tracciare in breve la strategia di Saint-Simon, direi che lui parlava principalmente di:

  1. duchi-pari (perché come loro non c’è nessuno, e solo loro avrebbero potuto salvare la Francia dalla rovina, e così via),

  2. gente che odiava per dirne il più male possibile (praticamente mezzo universo, specialmente chiunque provasse anche solo lontanamente ad impolverare il lustro dei duchi-pari, leggi bastardi reali, Bouillon e Lorraine nel 99% dei casi),

  3. genealogie e digressioni varie su cariche, uffici, ranghi, i loro possessori e le loro origini (per dire che Luigi XIV le svendeva e faceva male),

  4. i suoi parenti: in linea di massima moglie e suocero che adorava, ma anche il padre, i figli e lo scomodo cognato Lauzun

  5. grandi e piccoli pettegolezzi vari ed eventuali e fatti di cronaca, sempre per dire male di quasi tutti da Luigi XIV alla Maintenon, ai ricchi nobilitati, ai magistrati, praticamente tutto quello che succedeva non solo in Francia ma anche altrove,

  6. la famiglia reale, grossomodo sempre al grido di “O tempora! O mores!”.

Ora, Ninon era una donna di mondo, ma tranquilla e che non si è mai messa ad intrigare contro i veri nobili (ossia i duchi e pari, il resto a lui interessava poco), né a razzolare nell’aia del pestifero duca ducomane per cui lui non se n’è occupato più di tanto.

CITAZIONE
Accidenti, visse tanto e intensamente!

Invidiabile. Ed encomiabile, aggiungerei.
 
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view post Posted on 20/12/2008, 00:33
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (LesCavesDuRoy @ 19/12/2008, 21:32)
Che personaggio interessante! E dal ritratto sembra che fosse anche una gran bella donna!

È l’opinione di tutti i contemporanei. E Ninon non era una che fosse necessario blandire con false parole.

CITAZIONE
certo, era pur sempre una mercenaria che vendeva il suo corpo, ma non dimentichiamo che in passato le cortigiane erano tra le poche donne realmente emancipate all'interno della società, e c'è anche da dire che molte di loro davano vita a dei veri e propri salotti letterari.

E soprattutto, a differenza di tante che magari facevano lo stesso lavoro per imposizione altrui (più o meno violenta, come succede anche adesso) o che lo usavano come mezzo per arrivare ad un fine (vedi le varie mesdames de Puttanon) ma comunque sminuendosi, la scelta di Ninon fu consapevole e pienamente deliberata: molto semplicemente, le piaceva quel lavoro. Avrebbe potuto far dell’altro: la scrittrice come Madeleine de Scudéry, magari, o un qualsiasi altro lavoro ma no, ha fatto esattamente quello che le piaceva. Libera e felice, alla faccia di tutti.



CITAZIONE
letterari. Questa storia dell' amante fisso per tre mesi poi, la rende particolarmente simpatica ai miei occhi...questo sì che significa essere "cortigiane oneste" ;) !

Entro certi limiti, direi di si.

CITAZIONE
Per caso c'è qualche libro in italiano in cui si parla di questa donna? Non pretendo una biografia dettagliata, ma va bene anche un libro in cui se ne parli almeno per qualche pagina!

Per i tipi di Sellerio ci sono le “Lettere sulla vecchiaia”, curato dalla solita Daria Galateria; poi una sua biografia di un tale Alberto Porro, ma che non ho mai preso in mano. E mi pare che sia uscito da poco un romanzo su di lei.

Poi sul sito di Silensky ed Enry trovi un articolo su di lei e le altre dame del Marais

A proposito di vecchiaia, lei soteneva che il segreto dell'eterna giovinezza consiste nell'invecchiare presto.

 
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view post Posted on 20/12/2008, 19:13
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (Nefer Snefru @ 20/12/2008, 00:11)
....moglie e suocero che adorava, ma anche il padre, i figli e lo scomodo cognato Lauzun!

Vado OT: Saint Simon e Lauzun cognati? Che scoperta!

Trovato il nome delle due sorelle che sposarono, nello stesso anno, il 1695, (quindi dopo la morte di M.lle de Montpensier): erano figlie del Maresciallo di Francia Guy-Aldonce Durfort, duca de Lorges, rispettivamente Geneviève-Francoise (+1743) e Geneviève - Marie (+1723).
Però Saint Simon aveva vent' anni, mentre Lauzun sessantadue.

Il matrimonio consolidò la posizione di Saint Simon a corte, perchè sua moglie era pronipote del famoso Turenne (Guerra dei trent'anni) e parente di Guglielmo III d'Orange Nassau, re d'Inghilterra.
La nonna paterna di sua moglie, infatti, era Elisabeth de la Tour d'Auvergne, sorella del visconte di Turenne, figlia del duca di Bouillon e nipote, per parte di madre, di Guglielmo il Taciturno.

CITAZIONE
....chiunque provasse anche solo lontanamente ad impolverare il lustro dei duchi-pari, leggi bastardi reali, Bouillon e Lorraine

Chi sono costoro?

Edited by elena45 - 20/12/2008, 21:13
 
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view post Posted on 21/12/2008, 18:32
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CITAZIONE (elena45 @ 20/12/2008, 19:13)
CITAZIONE
....chiunque provasse anche solo lontanamente ad impolverare il lustro dei duchi-pari, leggi bastardi reali, Bouillon e Lorraine

Chi sono costoro?

I duchi pari, vuoi dire?
La questione è lunga, magari nelle ferie ho un po' più di tempo e butto giù due righe anche sulla parìa.
In Francia ci sono, o meglio c'erano, tre tipi di duchi:

Duca a brevetto: ossia che, per un qualsivoglia motivo veniva insignito del titolo di duca a titolo personale (ivi compreso il favore che poteva avere la moglie del tizio presso il sovrano, non importa ai fini del ragionamento). Il titolo non era trasmissibile, e pertanto non necessitava di registrazione al parlamento. Aveva però diritto agli onori del Louvre esattamente come gli altri duchi.

Duca verificato: titolo trasmissibile in linea maschile primogenita, legato all’erezione a o alla concessione di un feudo adeguato, vedi topic

Duca e pari: come il precedente, titolo ereditario in linea mascolina primogenita. Fino al 1711, data della grande riforma della nobiltà francese operata da Luigi XIV, vi erano anche parìe femminili, come quello di Louise de La Vallière o il ducato di Richelieu che potevano cioè anche passare per linea femminile. La riforma le abolì, tramutandole in parìe maschili. In caso di estinzione della linea di successione la parìà veniva riassorbita dalla Corona.

Nei due casi precedenti la mancata registrazione delle lettere patenti persso il parlamento portava alla perdita dell'ereditarietà del titolo, in pratica ne avrebbe goduto solo il benefiaciario vita natural durante.

I Pari del regno nascono dagli albori della monarchia, quando non era ancora fisso il principio di ereditarietà, ed il re veniva eletto: San Luigi li definisce comparandoli agli elettori dell’Impero; la Parìa è un ufficio della Corona, e non un titolo di nobiltà, per quanto sia sempre esercitata da un nobile, laico od ecclesiastico che sia.
I Pari cosiddetti di Carlo Magno, ossia i primi, nonché quelli che devono venire rappresentati nella cerimonia di consacrazione del re sono 12, sei ecclesiastici (arcivescovo duca di Reims, vescovi-duchi di Laon e Langres, vescovi-conti di Châlons, Noyon e Beauvais) e sei laici (duchi di Borgogna, Normandia ed Acquitania, conti di Fiandra, Champagne e Tolosa).

Saint-Simon, il cui padre era marchese e quel suonato di Luigi XIII l’ha duchizzato solo perché ha trovato un modo per fargli cambiar cavallo senza scendere a terra, era letteralmente indemoniato sull’argomento dell’onore e del rispetto dovuti alla nobiltà ma più nello specifico ai pari. Nobiltà che secondo lui doveva essere solo di spada: odiava a sangue la nobiltà di toga e la politica di Luigi XIV di innalzare mercanti di lusso ed avvocati allo stesso livello della nobiltà di vecchia stirpe; tutta l’opera politica del nostro piccolo duca pestifero è volta a contrastare il crescente potere del Parlamento e dei segretari di stato, e nel frattempo se la doveva anche vedere con l’innalzamento dei figli di Gigione e della Montespan, che lui avrebbe relegato al disotto della nobiltà se solo avesse potuto, e uno dei motivi principali è che il re stava dando loro importanza maggiore di quella dei Pari che, secondo Saint-Simon, erano il legame diretto tra la Corona e la nobiltà, quasi una sorta di apostoli della volontà reale presso il resto dei veri nobili, ma anche presso il resto del mondo che valesse la pena -per lui- di considerare. Un altro dei crucci del giovane duca era dover lottare con altri pari, come nel caso in cui s’è trovato a capitanare l’insurrezione di parecchi suoi colleghi nei confronti del maresciallo de Luxembourg che aveva avuto la brillante idea di provare ad avanzare di rango… sui sedili del parlamento in quanto il ducato era stato eretto per lui in parìa nel 1661, ma la prima erezione di quella terra, poi passata diverse volte per linea femminile a difetto di eredi maschi diretti, datava 1551: il maresciallo voleva aver la precedenza su un 15-20 altri duchi che, ovviamente, gli hanno dato del bel filo da torcere anche sotto l’egida di Saint-Simon.

Per finire, non tutte le parìe sono ducati, possono essere contee, baronie, castellanie.



CITAZIONE (Nefer Snefru @ 20/12/2008, 00:33)
Per i tipi di Sellerio ci sono le “Lettere sulla vecchiaia”, curato dalla solita Daria Galateria;

Quando si dice il porta piume! Oggi siamo andati a fare il solito giro al mercato antiquario, e Ale ha trovato, accanto all'ennesima biografia di MA di Zweig e a quella della Lamballe della de Albertis, proprio le Lettere sulla vecchiaia in un banchetto.
L'ho gà buttato sul mio aNobii. :woot:

P.S.: Che bello, adesso mi cito anche da solo! Sono vicino al delirio di onnipotenza! :P

Edited by Nefer Snefru - 28/4/2009, 00:52
 
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view post Posted on 21/12/2008, 22:21
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Grazie della dotta dissertazione.
Volevo sapere anche, scusami se insisto, chi sono Bouillon e Lorraine.
 
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view post Posted on 21/12/2008, 22:29
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (elena45 @ 21/12/2008, 22:21)
Grazie della dotta dissertazione.
Volevo sapere anche, scusami se insisto, chi sono Bouillon e Lorraine.

Le due famiglie che avevano il rango di principe straniero a corte.
Straniero inteso "straniero al sangue di Francia", non di altri paesi.
 
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view post Posted on 11/3/2009, 17:57
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Marie-Antoinette

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Tra l'altro il padre di Saint.Simon fu 1 dei mignons di Luigi XIII, se nn sbaglio dal 1627 al 1635
 
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view post Posted on 26/4/2009, 17:54
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Marie-Antoinette

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Ho trovato questo articolo: un'intervista a Benedetta Craveri sul suo libro "Amanti e regine"

AMANTI E REGINE. DUE RUOLI DIFFERENTI, DUE DISTINTI DESTINI
Antonella Casilli intervista la scrittrice Benedetta Craveri: le amanti sono donne della loro epoca, interpreti della moda, mediatrici tra gli usi e i costumi; le regine hanno un ruolo fisso consacrato dal cerimoniale, sono come delle icone della regalità, figure sacrali. Le amanti si impongono laddove il loro amante concede un margine di autonomia; le regine emergono nei momenti di crisi.
Benedetta Craveri insegna Lingua e letteratura francese all’Università della Tuscia. Collaboratrice delle pagine culturali di “Repubblica” e “New York Review of Books”, è autrice per Adelphi dei volumi "Madame du Deffand e il suo mondo" e "La civiltà della conversazione", entrambi pubblicati nel 2001; e, per lo stesso editore nel 2005, "Amanti e regine. Il potere delle donne".


A.C.
Nel suo saggio Amanti e regine ha trattato di donne che amando tessere le trame della propria nazione dovevano e potevano farlo solo in qualità di moglie o amante. Lei ne ha dato un lucidissimo affresco della Francia tra Francesco I e Luigi XVI. Come è nata l’idea di affrontare quest’argomento?
B.C.
Alcune estati fa avevo fatto una serie di articoli per “Repubblica” (Benedetta Crateri è specialista della civiltà letteraria francese, n.d.r.), da li al mio editore, Roberta Palazzo di Adelphi, è venuta l’idea di farne un libro e mi ha chiesto di completare questa galleria di ritratti.La delimitazione temporale si è imposta di fatto perché la Corte di Francia, così come noi la conosciamo, nasce in quanto tale con Francesco I, il quale mette a punto un sistema di rappresentazione del potere reale basato sul cerimoniale della corte Pontificia e sull’etichetta della corte di Borgogna. Il sincretismo tra questi due cerimoniali porta ad una concezione della Corte in base alla quale il Re incarna la regalità che si offre al pubblico in ogni momento della giornata.
In questa concezione della Corte sotto gli occhi di tutti non c’è spazio per la vita privata, di lì l’istituzione della Regina e della favorita reale.
A.C.
Leggendo il suo libro si ha la sensazione che siano state le amanti a tessere con maggiore coscienza i fili della Storia. Ma i sovrani grazie ai quali hanno raggiunto l’obiettivo erano mezzo o fine?
B.C.
Io in questo libro faccio una galleria di diciannove ritratti di amanti e regine. Mi son trovata a riflettere sulle differenze di fondo di questi due ruoli. Diciamo per somme linee che le regine non scelgono il loro destino, sono spesso sacrificate alle strategie dello scacchiere d’Europa. Le amanti, invece, il proprio destino lo scelgono. Per diventare amanti del Re di Francia bisogna attirare la sua attenzione e vincere su una concorrenza spietata, sedurre e cercare di tenere saldamente legato a sé il Sovrano.
A.C.
Nelle prime pagine riporta il pensiero di Francesco I, secondo cui una corte senza donne fosse come un giardino senza fiori; la redazione del libro l’ha portata a intravedere una promiscuità tra i due ruoli?
B.C.
Assolutamente no, direi che tanto le regine hanno un ruolo fisso consacrato dagli usi, dai costumi, dal cerimoniale, sono come delle icone della regalità, figure sacrali fuori dal tempo, così le amanti sono donne della loro epoca, interpreti della moda, mediatrici tra gli usi e costumi atemporali della corte con l’evoluzione del gusto, della moda e degli interessi culturali. Maria Antonietta, l’ultima delle Regine di cui mi occupo farà la tragica fine sulla ghigliottina anche per non aver saputo conservare la fondamentale distinzione dei ruoli. Vorrà essere regina, ma anche regina della moda; ma una regina non può essere una donna come tutte le altre: deve garantire l’eccezionalità della sua funzione perché questo significa garantire l’efficienza della macchina monarchica.
A.C.
Da parte di autorevoli recensori si è ritenuto che la conclusione del suo saggio sia che chi tesseva con più lucida coscienza i fili della storia fossero le amanti reali.
Leggendo il suo saggio mi sono formato l’idea che una lucida visione della politica fosse prerogativa precipua della regina madre, sebbene il loro agire fossespinto da diverse motivazioni: o amore smisurato per il potere o venerazione per il figlio.
B.C.
Ha perfettamente ragione, se per regine madri intendiamo le tre reggenti: Caterina de’Medici, Maria de’ Medici e Anna d’Austria.Tre donne che hanno avuto l’occasione di esercitare la loro intelligenza politica grazie alla morte del marito ed alla minore età dei figli, vale a dire grazie a debolezze o assenze maschili. Le altre regine in realtà contano pochissimo. Direi, quindi, che le regine emergono nei momenti di crisi della Corona, mentre le amanti si impongono laddove il loro amante reale concede un margine di autonomia.
A.C.
Storia magister vitae: pensa potremmo trovare una chiave per attualizzare il suo saggio?
B.C.
Non credo che queste donne siano in qualche modo attualizzabili per noi perché vissero in un’epoca in cui le donne erano cittadine dimezzate. Soprattutto come diceva Benedetto Croce (il nonno materno dell’autrice, n.d.r.), la storia è nostra contemporanea, quindi noi rivisitiamo le storie con la nostra sensibilità di moderni e quello che queste donne ci insegnano è una storia di straordinario coraggio e spregiudicatezza.
A.C.
In una top ten dove spesso non si affacciano i bei libri pubblicati, ma imperversano per settimane libri di minor spessore, avrebbe mai pensato che il suo impegnativo saggio non solo entrasse in classifica, ma addirittura vi rimanesse a lungo?
B.C.
Non l’avrei mai sperato. Sono però storie bellissime ed io ho il merito di averle raccontate attenendomi alle fonti e alla bellissima bibliografia. Non dimentichiamo che il primo che le ha raccontate al grande pubblico è stato un grande feuilletonista come Dumas.
A.C.
Posso chiederle il titolo del libro sul suo comodino?
B.C.
Recentemente ho letto due libri che mi sono molto molto piaciuti: l’ultimo libro di Raffaele La Capria, "L’amorosa inchiesta"; e l’ultimo di Boris Biancheri, "Il quinto esilio". Sono entrambi miei amici, che mi hanno dato la gioia di constatare che entrambi avevano scritto due bellissimi libri.
A.C.
Sul mio comodino sino a pochi giorni fa c’è stato il suo, "Amanti e regine" ed è stato un bell’addormentarmi, sognando la corte di Francia. Grazie, signora Craveri.

di Antonella Casilli
17 Giugno 2006
TN 23 Anno 4
 
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Cora84
view post Posted on 27/4/2009, 13:37




La Craveri è una scrittrice di razza...
 
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MadameDePompadour
view post Posted on 27/4/2009, 18:20




CITAZIONE
e a quella della Lamballe della de Albertis

Nefer io le sto cercando da un po' (in italiano) e non riesco a trovarle, ho provato anche su e-bay ma nada...se fosse possibile potreste acquistarmele voi? (se avete la postepay posso restituirvi la cifra + spedizione, con quella)

Chiuso OT! ;P
 
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Silenski
view post Posted on 27/4/2009, 20:06




CITAZIONE (Cora84 @ 27/4/2009, 14:37)
La Craveri è una scrittrice di razza...

si ma i libri li leggono gli uomini e non i cavalli o i cani, gatti, pappagalli.

Ora ho capito tutto sulla Craveri, suo nonno era Benedetto Croce. Ecco da dove deriva la sua meringosa fama al grasso idrogenato della sua prosa souflè alla fragola rabarberizzata.

E c'è poco da stupirsi che il suo libro sia in classifica al fianco di libri flacidi come dice l'intervistatrice.

La Craveri è donna astutissima profonda conoscitrice della sua materia e perfetta dispensatrice del suo sapere su questo concordo in pieno, peccato che il suo ambito di studio verta su persone, che come dice nella intervista, non contino un cavolo.

Cmq per vostra gioia vi posto un suo intervento ad un convegno di storici:

BENEDETTA CRAVERI
SALONS FRANCESI E SALOTTI ITALIANI:
PROPOSTE DI CONFRONTO
Il mio campo di ricerca è quello della letteratura e della cultura francese d’antico regime, so pochissimo dei salotti italiani sia antichi che moderni, e ho seguito con un interesse da neofita le relazioni che si sono succedute oggi. Non solo ho imparato moltissimo, ma alcuni degli interventi mi sono stati d’aiuto per mettere a punto qualche riflessione sul mio attuale argomento di studio, che è incentrato sulla civiltà mondana francese tra xvii e xviii secolo.
Un solo disappunto ha turbato la mia felicità di francesista in vacanza: la constatazione che il termine salonnière (orribile neologismo, coniato negli ultimi decenni nelle università americane, e che gli studiosi francesi si guardano bene dall’utilizzare) sia diventato di uso corrente nel linguaggio degli storici. La parola salon, nell’attuale accezione di salotto, fa la sua comparsa solo alla fine del Settecento, per poi imporsi nel secolo successivo. Fino a quel momento ci si serviva del termine ruelle, o si designava il rito per eccellenza della socievolezza, il ritrovarsi insieme per conversare (dal latino conversari, convergere), non già facendo riferimento al luogo di ritrovo, bensì alle persone che vi si incontravano. Non si parlava, dunque, di salotti, ma di assemblées, di cercles, di compagnies.
La prima cosa che mi ha colpito ascoltando le relazioni di oggi, e che vorrei qui sottolineare, è la diversità dei tratti costitutivi che contraddistinguono la sociabilité francese da quella del nostro paese.
Mentre l’Italia è divisa in tanti piccoli stati e le sue pratiche sociali continuano a essere connotate, anche dopo l’unificazione del paese, da tradizioni cittadine e regionali diverse, la civiltà mondana francese si pone, al contrario, fin dall’inizio, sotto il segno della continuità, e costituisce assai presto uno degli elementi distintivi dell’identità nazionale. E mi sembra che ci si debba ugualmente soffermare su un ‘altra differenza strutturale importante, emersa indirettamente dagli interventi di oggi, quando si è fatto più volte riferimento alla presenza in Italia di un doppio modello di socievolezza, l’uno curiale, l’altro cittadino, l’uno aristocratico, l’altro borghese. Vorrei, infatti, precisare che entrambe queste distinzioni sarebbero del tutto svianti per la comprensione della civiltà mondana francese d’antico regime, poiché essa mette radici e si sviluppa al di fuori della corte, e rappresenta — quanto meno per tutto il xvii secolo — un fenomeno di stampo esci usivamente aristocratico.
In contrapposizione alla tesi illustrata da Norbert Elias nella ocicta di corte, che fa della corte il centro di irradiazione delle buone maniere, del buon gusto, della moda, una antica tradizione stoiiografica francese, oggi adottata dalla maggior parte degli studiosi, propone una interpretazione, a mio parere, molto più persuasiva. Seiiza negare l’influenza della corte, ma non facendone un fattore esclusivo, questa diversa chiave di lettura vede nella nuova cultura mondana, che si elabora nei primi decenni del Seicento in seno alla società nobiliare, un fenomeno autonomo e spesso polemico proplio nei confronti della corte. Già il cavaliere di Méré, il primo teoneo dell’honnéteté, rivendicava sotto Luigi xiv l’autorità di giudizio (lei «Gran mondo» sulla «più bella e forse più grande corte della Ierra».
Agli inizi del xvii secolo, le élites nobiliari francesi sono infatti (onfrontate a quella che è stata definita dagli storici una vera crisi di identità. Nel quadro della nuova monarchia dei Borbone, che sotto la iuida del cardinale di Richelieu ha imboccato la strada della centralizzazione e dell’assolutismo, l’antica nobiltà feudale vede ridurre il suo potere politico e militare, non si riconosce più interamente in una corte dove tutto mira all’esaltazione del sovrano. Essa è, dunque, spinta a ritagliarsi uno spazio privato dove celebrare soltanto se stessa e dove mettere a punto uno stile di comportamento inimitabile, che assume presto per lei il carattere di una seconda natura. Da quel momento in avanti, fino alla fine dell’antico regime, sarà il modo di vivere, di parlare, di comportarsi, di divertirsi, di stare insieme a conferire all’ordine dei privilegiati la certezza incrollabile della sua superiorità etica ed estetica.
Per la nobiltà francese, questo nuovo ideale di socievolezza, posto sotto il segno dell’eleganza e del divertimento, era l’inizio di uno sdoppiamento destinato a protrarsi fino alla rivoluzione del 1789. Non potendo, ovviamente, rinunciare a frequentare la corte e a occuparvi il posto che le spettava, da cui dipendevano cariche, pensioni, onorificenze, e non volendo, al tempo stesso, rinunciare alla vita mondana, l’élite aristocratica impersonava dunque, su due scene diverse e contigue, un duplice ruolo, indossando ora le vesti del cortigiano ora quelle dell’uomo di mondo. Un saggio famoso di Erich Auerbach, La corte e la citttì, ha messo in luce la dinamica di questo bipolarismo che doveva concentrare le élites del paese tra Parigi e Versailles. Così, per quasi due secoli, generazioni successive di attori appartenenti a una stessa classe sociale si sarebbero succedute sullo stesso palcoscenico, interpretando gli stessi ruoli e perfezionando uno stile di comportamento e un’arte di vivere in società che si imponevano all’ammirazione di tutta l’Europa. Nel 1721, nelle Lettres persanes, Montesquieu dava conto, sotto forma di paradosso, di questo fenomeno, facendo dichiarare a uno dei suoi viaggiatori persiani: «Si dice che l’uomo sia un animale socievole. Stando così le cose, mi sembra che il francese sia più uomo degli altri, perché pare fatto unicamente per vivere in società» (Lettera ucxxvii).
Nata come tratto distintivo dell’ordine dei privilegiati, la socievolezza aristocratica diventava, infatti, un modello anche per le élites del terzo stato, incoraggiava la grande borghesia ad adottare le stesse regole di comportamento e gli stessi loisirs del mondo nobiliare e consentiva di allargare i confini della vita sociale sulla base di un codice formale e di una retorica comuni.
Tanto Montesquieu che Hume, i quali avevano avuto entrambi esperienza diretta della vita mondana parigina, ritenevano che questa raffinata arte del vivere, basata sulla galanteria, l’eleganza, l’esprit non potesse che fiorire in una monarchia assoluta, in seno a una nobiltà tagliata fuori dal commercio e dalla politica, costretta a uno splendido ozio e tesa a fare della propria vita un’impresa artistica.
Alla luce delle relazioni di oggi, appare chiaro che ciò che differenzia la vita di società francese da quella italiana, facendone un fenomeno unico in Europa, è in primo luogo la sua continuità, potremmo dire la sua unità di tempo, di luogo e d’azione nella lunga durata. A questo bisogna, però, aggiungere la condizione di eccezionale privilegio di cui godono le donne all’interno della società nobiliare francese. E vero che negli interventi di oggi si è ribadito come la presenza delle donne sia un connotato irrinunciabile anche per la tipologia del salotto italiano, ma è un dato incontrovertibile che la assoluta integrazione tra i due sessi nella società aristocratica francese d’antico regime sia un fenomeno unico in Europa.
Non è qui il caso di affrontare un problema vasto e complesso come quello della condizione femminile e, per un quadro d’insieme della situazione francese, mi permetto di rinviare al mio saggio su La civiltì della conversazione (Adelphi, 2002). Mi limito a ricordare che mentre sul piano giuridico in Francia, come nel resto dell’Europa, le donne erano interamente subordinate all’autorità maschile e relegate a una condizione di mortificante dipendenza, su quello del costume e delle usanze le donne della nobiltà francese beneficiavano di un trattamento assai più favorevole. Nel solco di una tradizione cavalleresca che risaliva alla civiltà cortese, in netto contrasto con la morale borghese, la morale nobiliare esaltava le virtù femminili, poneva la donna su un piedistallo, la faceva oggetto di ammirazione e di elevazione spirituale e le conferiva una regalità di fatto sulla vita sociale. Era lei a decidere delle regole del gioco mondano, a insegnare la cortesia e le buone maniere, a decidere dei loisirs che connotavano l’ozio aristocratico, a «fare i gentiluomini». La sua regalità era incontestabile e fragile al tempo stesso, perché affidata soltanto al buon volere maschile, e si basava su un paradosso. Era in virtù degli interdetti che pesavano sulla sua condizione che il gentil sesso riusciva a influire durevolmente sulla cultura francese.
Proprio perché non aveva diritto all’istruzione e allo studio, e le si insegnava a malapena a leggere e scrivere, la donna della nobiltà acquistava un’autorità assoluta in campo linguistico. Nel quadro della politica culturale di Richelieu che mirava, con la creazione dell’Académie franaise e la messa in opera di un grande dizionario, a dotare la monarchia di un francese all’altezza delle sue ambizioni, era infatti alle donne della nobiltà che i lessicografi si rivolgevano per stabilire il «miglior uso» della lingua. Allevate negli appartamenti materni, ignare di greco e di latino, esse parlavano, infatti, il francese più puro, esente tanto dal tecnicismo dei dotti che dalle trivialità del linguaggio popolare, e questo dava origine alla prima e più clamorosa delle contraddizioni che contraddistinguevano la loro condizione. Cittadine dimezzate, le donne che lo Stato e la Chiesa condannavano all’obbedienza e all’ignoranza, imponevano di fatto la loro autorità sulla prima delle istituzioni su cui si basava lo Stato, vale a dire la lingua. Ma non era tutto. Poiché erano loro a decidere dei divertimenti mondani ed erano digiune di studi di retorica, di storia, di filosofia, esse chiedevano in primo luogo alla letteratura di distrarle e di divertirle, e gli scrittori rispondevano alle loro richieste, tenendo conto dei loro gusti e dei loro interessi, creando per loro una vasta letteratura di intrattenimento. Si trattava, oltre naturalmente al teatro, di generi minori, disprezzati dai dotti, come i ritratti, gli aforismi, i mémoires, la letteratura epistolare, i romanzi, ma che avrebbero presto generato dei capolavori, diventando altrettanti punti di forza della tradizione letteraria francese moderna. Ed erano naturalmente le donne a decidere delle regole della cooptazione mondana e a presiedere al rito centrale della nuova socievolezza, la conversazione. Metro di misura del talento mondano di ciascuno, la conversazione era al tempo stesso un esercizio collettivo dalle funzioni molteplici. Era un codice di distinzione e di coesione sociale che doveva permettere una comunicazione armoniosa, svagare, divertire, istruire, che costituiva una vera e propria «scuola del mondo», che suppliva alle carenze di un’istruzione lacunosa e di un’informazione sottoposta a un rigido sistema di censura.
Non è dunque un caso che Descartes dichiarasse, nel 1637, di avere scritto il suo Discours de la métbode in francese e non in latino e di avere rinunciato a trattare a fondo il problema troppo difficile dell’esistenza di Dio per poter essere letto anche dalle donne, perché le donne erano diventate per metonimia il simbolo della società mondana. Per lo stesso motivo, circa vent’anni dopo, Pascal scriveva le Provinciales in francese e non nel latino canonico della teologia, per conquistare al giansenismo la simpatia e l’appoggio dei mondani. E su questo vorrei concludere, facendo un’ultima osservazione.
Se Descartes e Pascal tenevano tanto ad avere dalla loro parte un pubblico aristocratico che ostentava un rigoroso dilettantismo, è perché il piccolo manipolo di privilegiati oziosi a cui andavano le loro attenzioni aveva preso le distanze sia dal potere politico (la corte), sia dal potere religioso (la Sorbonne), sia da quello della République des lettres e si giudicava capace di decidere da solo quel che doveva pensare in materia di gusto, di letteratura, di filosofia, di psicologia, di morale, di religione e — a lungo andare — anche di politica. Un pubblico che sarebbe andato rapidamente crescendo, che avrebbe inciso sempre più nella vita culturale, e nel cui seno avrebbe preso sempre più chiaramente forma l’opinione pubblica.
 
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view post Posted on 27/4/2009, 23:56
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (MadameDePompadour @ 27/4/2009, 19:20)
Nefer io le sto cercando da un po' (in italiano) e non riesco a trovarle, ho provato anche su e-bay ma nada...se fosse possibile potreste acquistarmele voi? (se avete la postepay posso restituirvi la cifra + spedizione, con quella)

Non ci dovrebbero essere problemi, salvo che qualche altro affezionato non ce le abbia già fatte fuori
 
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view post Posted on 28/4/2009, 00:19
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (elena45 @ 26/4/2009, 18:54)
A.C.
[...] Leggendo il suo saggio mi sono formato l’idea che una lucida visione della politica fosse prerogativa precipua della regina madre, sebbene il loro agire fossespinto da diverse motivazioni: o amore smisurato per il potere o venerazione per il figlio.
B.C.
Ha perfettamente ragione, se per regine madri intendiamo le tre reggenti: Caterina de’Medici, Maria de’ Medici e Anna d’Austria.Tre donne che hanno avuto l’occasione di esercitare la loro intelligenza politica grazie alla morte del marito ed alla minore età dei figli, vale a dire grazie a debolezze o assenze maschili. Le altre regine in realtà contano pochissimo. Direi, quindi, che le regine emergono nei momenti di crisi della Corona, mentre le amanti si impongono laddove il loro amante reale concede un margine di autonomia.

Pronto? C'è qualcuno in linea? Craveri, qui Houston... Maria de' Medici aveva intelligenza politica?


CITAZIONE (elena45 @ 26/4/2009, 18:54)
come diceva Benedetto Croce (il nonno materno dell’autrice, n.d.r.),

Uh mi signùr... io ho un trisnonno che se ne andava in giro con Garibaldi, che sia per quello che mi stan sulle palle Vittorione e quasi tutti i Savoia?
 
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50 replies since 12/11/2008, 16:17   7464 views
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