Maria Antonietta - Regina di Francia

I Savoia

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view post Posted on 14/5/2013, 10:01
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Arciduca /Arciduchessa

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CITAZIONE (MmeAnna @ 13/5/2013, 18:57) 
Posso fare una domanda oziosa? Chiudere al pubblico delle residenze che sono delle opere d'arte, non è un danno pecunario,oltre che per gli appassionati che non possono godere delle bellezze del nostro Paese?

CITAZIONE (veu @ 13/5/2013, 17:49) 
Concodiamo con te, assurdo che non si possa visitare il Castello del Valentino. Ma come è pure assurdo che adesso è di nuovo chiuso al pubblico Palazzo Cavour, la residenza del Conte di Cavour e della Contessa di Castiglione. Era stata aperta per i 150 anni dell'Unità d'Italia e ora è di nuovo chiuso al pubblico.

Chiedo scusa, sono partita da un presupposto sbagliato, e cioe’ che il Castello del Valentino sia di proprieta’ pubblica. Stimolata dai vostri due interventi, ho appreso che (purtroppo) il castello e’ di proprieta’ privata, essendo stato ceduto nel 1859 alla Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri. Oggi è proprietà del Politecnico. Di conseguenza e’ piu’ che legittimo che il Politecnico lo destini all’uso che reputa piu’ opportuno, che sia chiuso al pubblico e fuori dal circuito museale della Regione Piemonte, che venga concesso a privati per eventi e che le uniche visite possibili siano gestite da una ditta privata, alla modica cifra di 25 euro :(
Questa considerazione fa riflettere chi ama l’arte e la fruizione delle opere d’arte, dato che la Regione Piemonte, in questi tempi difficili e con le casse in crisi, sta pensando di vendere a privati alcuni dei suoi gioielli, tra cui anche la Villa dei Laghi nel parco regionale della Mandria.

Discorso diverso, invece, per Palazzo Cavour, un gioiellino barocco nel centro di Torino, di proprieta’ della Regione, sede della Corte dei Conti fino al 1995 e oggi utilizzato in occasione di mostre ed eventi occasionali ma non normalmente aperto al pubblico. Qui credo, ma sono supposizioni, che il problema sia il costo di gestione del mantenere aperta una struttura che non richiamerebbe certo frotte di turisti, temo.
E’ stato aperto in occasione dell’anniversario dei 150 anni dell’Unita’, come ricorda Veu, con una mostra su Cavour e sulla contessa di Castiglione, secondo il mio parere una bella mostra. Il visitatore veniva catapultato nell’atmosfera della vita quotidiana in casa Cavour, con i menu’ dell’epoca, la tavola apparecchiata, i vestiti dell’epoca: splendido il vestito e la ricostruzione della contessa Virginia Oldoini allo specchio. Si poteva annusare anche la fragranza da lei usata, oggi disponibile sotto il nome di “Contessa di Castiglione”: ci sono documenti del profumiere della real casa ai tempi di Vittorio Emanuele II, un genovese di nome Frecceri, che provano che questo profumo fu studiato e voluto da Virginia, una delle donne piu’ belle e ammirate del periodo.


Foto pubbicata sul blog “Ama Torino”

Recentemente il palazzo e’ aperto solo per iniziative particolari: lo si poteva visitare, ad esempio, a inizio dicembre per una mostra dedicata al… panettone. :th_019_.gif:
 
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view post Posted on 14/5/2013, 11:16
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Arciduca /Arciduchessa

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(Forse sono completamente OT (ma alla fine non è bello e comunque interessante divagare un po'? senza uscire completamente dalla discussione?). Da come la descrivi, la mostra deve essere stata davvero ben concepita. Mi hai dato lo spunto per leggere qualcosa in più di Palazzo Cavour. Ho trovato anche un articolo proprio sulla mostra, che ne parla in modo ampio e completo.
(Futile curiosità di una appassionata di profumi: com'era quello della contessa? Se l'ha creato personalmente, immagino un profumo forte e voluttuoso! :) - Sì, qui sono decisamente uscita dalla discussione, ma l'accenno al profumo da parte di Silvia, mi ha incuriosita troppo!!! :wub: ...)

Edited by reine Claude - 14/5/2013, 12:40
 
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view post Posted on 14/5/2013, 14:28
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Marie-Antoinette

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Davvero interessante la mostra,mi piacciono quelle che cercano di illustrare un spaccato di vita quotidiana. Giusto chissa' com'era il profumo.
 
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view post Posted on 14/5/2013, 17:11
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Arciduca /Arciduchessa

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E’ vero, siamo ai limite dell’OT e quindi provo a rispondere brevemente alle curiosita’ di Mme Anna e Reine Claude.
Ho trovato questa descrizione dello spirito con cui e’ stata allestita la mostra su Cavour nel 2011 che trovo calzante: www.pralormodesign.com/cavour.pdf

Per quanto riguarda il profumo, Virginia curo’ personalmente la preparazione di due ricette di profumi: Acqua di Genova, creato nel 1853 ed usato da Vittorio Emanuele II, tra gli altri (cosi’ ritorno in tema ;) ), e quest’altra fragranza, piu’ femminile, recuperata da alcuni appunti, Contessa di Castiglione. E’ stato il mio profumo dal 2011 fino a qualche mese fa. Come in molti profumi ottocenteschi, prevalgono le note dolci ma non e’ nauseante (non sopporto i profumi troppi dolci), ottima persistenza, raffinato e sensuale. Non continuo senno’ faccio troppa pubblicita’.
 
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view post Posted on 14/5/2013, 18:05
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Marie-Antoinette

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Tanto non ci sente nessuno, chi produceva questo profumo?
 
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view post Posted on 14/5/2013, 20:30
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Arciduca /Arciduchessa

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:D All'epoca il distillatore (spero si dica così) e profumiere Frecceri di Genova, cui era stato concesso il permesso di produrre per la Casa Reale Savoia. Oggi...... te lo scrivo con un MP ;)
 
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view post Posted on 14/5/2013, 21:25
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Arciduca /Arciduchessa

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Torno in tema e completo l’argomento precedentemente trattato con poche righe su Enrico I duca di Savoia Nemours, originariamente noto col titolo di Marchese di Saint Sorlin, e poi diventato duca in seguito alla morte del fratello primogenito, Carlo Emanuele, nel 1595. A quell’epoca, Enrico era governatore del Delfinato e si era gia’ distinto presso il duca di Savoia Carlo Emanuele I, per aver comandato un’armata che conquisto’ Saluzzo e Carmagnola: ottenne l’ambitissimo titolo di cavaliere dell’Annunziata.



Dopo il rifiuto della mano di Caterina da parte di Carlo Emanuele I nel 1611, offeso e amareggiato, si ritiro’ nel castello di Annecy, dove era cresciuto, e a Seyssel, in Savoia.
Castello di Annecy: ampliato e rimaneggiato dai Savoia Nemours, la parte piu’ antica (la Torre e l’Ala Perrière) fu edificata da Amedeo VIII, primo duca di Savoia, nel 1445

foto di Kemper Boyd

In occasione di una nuova guerra tra Spagnoli e Savoia, nel 1615, Carlo Emanuele tento’ la riappacificazione con il cugino ma Enrico, dopo aver promesso l’invio di truppe a favore, in realta’ stava per porsi alla testa di un esercito alleato degli Spagnoli per invadere il ducato sabaudo. La Spagna gli aveva fatto intendere che, conquistato il ducato di Carlo Emanuele egli sarebbe divenuto governatore del nuovo feudo spagnolo. Carlo Emanuele, intercettata una lettera che rivelava le pressioni spagnole sul duca di Nemours, invio’ subito il figlio Principe di Piemonte, Vittorio Amedeo, per fare pressioni. Un po’ questo, un po’ l’assenza di reazioni da parte della Spagna e degli alleati spagnoli, il progetto di invasione si ripiego’ su se stesso sul nascere.
Dopo la pace nel 1616, si ritiro’ alla corte francese a Parigi, dove mori’ nel 1632.
Come il padre, Giacomo, amava le lettere e le arti. Sotto il suo governo, venne fondata ad Annecy nel 1606 un’Accademia, che riuniva l’elite intellettuale della Savoia.

Un approfondimento dal libro "L'affermarsi della corte sabauda: dinastie, poteri, èlites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna" di Paola Bianchi e Luisa Clotilde Gentile.
All'epoca l'unico tentativo di portare a Torino una corte parallela a quella del duca di Savoia, integrata con quelle dei figli e delle figlie, fu quello di Enrico I di Nemours. Nel 1608 arrivò a Torino con una cinquantina di persone al seguito: letterati, musicisti, poeti, nobili savoiardi, che speravano di avere più occasioni di crescita alla corte del duca Enrico, tra Annecy e Parigi, piuttosto che a quella di Torino. Fu Carlo Emanuele I di Savoia, infatti, a scambiare con la Francia i territori della Bressa al di là delle Alpi per mantenere il marchesato di Saluzzo, continuando sulla strada del padre, Emanuele Filiberto, quella dello spostamento degli interessi dai possedimenti francesi a quelli italiani. Carlo Emanuele era consapevole di aver perso nello scambio, in termini sia di estensione sia di ricchezza dei territori ma annotò "E' molto meglio avere uno Stato solo, tutto unito, come è questo al di qua dei monti, che due, e tutti e due malsicuri."
Nel 1611 ci fu l'episodio del matrimonio prima annunciato e poi rifiutato con Caterina e nel 1614 Enrico e la sua corte abbandonano per sempre Torino, dopo soli 7 anni. A Parigi nel 1610 aveva ottenuto la carica d'intendant supreme des fetes de cour, che mantenne finchè in vita.
Dalla rinuncia all'attacco contro Carlo Emanuele "i Nemours uscirono dall'orizzonte sabaudo. Nessuno di loro fu più alla corte di Torino, nè ottenne l'ordine dell'Annunziata o il mauriziano. La frattura tra i due rami divenne insanabile. Quando nel 1630, durante la seconda guerra del Monferrato, le truppe francesi invasero la Savoia, Annecy e tutti i feudi di appannaggio Nemours-Genevese si arresero senza colpo ferire, sobillati, come sosteneva lo stesso Carlo Emanuele I, proprio da Enrico di Nemours. Negli anni successivi i rapporti restarono freddamente cordiali. La rottura si ricompose solo quando , morto senza eredi maschi l'ultimo dei tre figli di Enrico nel 1659, il duca Carlo Emanuele II (nipote di Carlo Emanuele I), sposò, nel 1665, Maria Giovanna Battista di Nemours."
Si tratta della ben nota seconda Madama Reale.
 
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view post Posted on 15/5/2013, 11:41
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Marie-Antoinette

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Su internet non avevo trovato tutte queste notizie,ora la mia curiosita' e' soddisfatta,grazie Silvia.
 
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view post Posted on 6/11/2013, 19:12
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Arciduca /Arciduchessa

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Alcuni interventi di reine Claude, come quello su Christine de Pizan, mi hanno fatto venire in mente un’altra protagonista della storia del suo tempo, una grande donna, anche lei meno conosciuta oggi di quello che si meriterebbe.

La contessa Adelaide in un ritratto del Settecento


Sto parlando di Adelaide di Torino, detta anche di Susa, dal nome della citta’ in cui amava risiedere e dove ancora oggi si possono vedere alcune parti del suo castello, meglio il castello degli arduinici, chiamato il “castello della contessa Adelaide”. A rigor di logica la dicitura “di Susa” sarebbe errata, perché Susa non fu sede né di contea né di marchesato.

Castello della contessa Adelaide a Susa





L’ultima immagine e’ tratta da www.cittadisusa.it/ComSchedaTem.asp?Id=20686, dove ci sono altre interessanti notizie sul castello e sui personaggi famosi che ha ospitato, oltre che sulla vita della contessa.

La contessa Adelaide di Torino, detta anche “la marchesa della Api Cozie” o “la duchessa”, in virtù del suo primo matrimonio con un duca, fu l’ultimo esponente della dinastia degli Arduinici, arrivati dalla Francia alla fine del IX secolo.
Nel periodo post-carolingio, un illustre esponente di questa dinastia, Arduino III detto il Glabro, si era distinto nella guerra contro i Saraceni nelle valli cisalpine, ed era stato nominato conte di Torino da re Ugo; ottenne da re Berengario II il titolo di primo marchese di Torino. Berengario trasformò, infatti, il comitatus di Torino, istituito sotto il governo di Carlo Magno, in marca, accorpando altri comitati limitrofi. La marca di Torino era estesa fino ad Albenga e Ventimiglia e comprendeva anche la Valle di Susa e gran parte della Val Chisone e proprio a Susa era stato edificato un castello che era tra le residenze preferite dei marchesi arduinici.

Il nipote di Arduino III, Olderico Manfredi II, fu il fautore del massimo splendore della marca di Torino, governando in modo principesco insieme alla moglie Berta Orbetagna d’Este. I due marchesi amavano molto risiedere nella dimora di Susa piu’ che in quella di Torino. Tornando al castello a Susa, poche sono le parti risalenti a questo periodo, essendo stato più volte rimaneggiato e ricostruito. Si notano soprattutto le bifore originarie. Sorge sulla sommità di un colle che domina la città, dove si trova l’area archeologica di Susa.

Alla morte di Olderico Manfredi, in assenza di figli maschi, la figlia maggiore era Adelaide che ereditò gran parte dei beni ma non potè ereditare il titolo di marchesa, in quanto figlia femmina. L’imperatore Corrado II il Salico, però, riconoscendo i meriti e il potere degli arduinici e manifestando così l’intenzione di mantenere una loro discendente nella marca di Torino, concesse ad Adelaide il titolo di comitissa e il diritto per il futuro marito di ottenere il titolo di marchese di Torino. Individuò ovviamente anche lo sposo, il figliastro Ermanno duca di Svevia, pensando di insediare a Torino una dinastia tedesca. Essendo Ermanno impegnato nelle armi, di fatto il governo della marca fu esercitato da Adelaide.

Adelaide si sposò ben tre volte, essendo rimasta per due volte vedova (di Ermanno di Svevia e di Enrico del Monferrato). Il terzo marchese di Torino fu Oddone di Savoia, vassallo di Borgogna dell’imperatore Enrico III. Era il quarto figlio di Umberto di Savoia, primo conte della valle della Maurienne (Moriana), posta sull’altro versante delle Alpi Occidentali, dopo il valico del Moncenisio, e in seguito anche conte della Valle d’Aosta. Solo secoli dopo fu chiamato Umberto Biancamano, appellativo di origine incerta.

Oddone, già marchese di Torino in virtù del matrimonio con Adelaide, divenne poi conte di Savoia, quando il fratello maggiore Amedeo I morì senza eredi. E’ la prima volta che si riunisce la carica di marchese di Torino con quella di conte di Savoia, anche se per pochi anni. Siamo poco dopo l’anno 1000 e i Savoia si presentano già dalla loro prima comparsa come i signori che custodiscono i valichi alpini che collegavano il Nord e il Sud dell’Europa, la Francia con la pianura padana, avendo il dominio sul Moncenisio (grazie al matrimonio con Adelaide) e sul Piccolo e sul Gran San Bernardo (dai possedimenti precedenti): una risorsa economica preziosa per questi territori di per sé poveri, un punto di forza che seppero usare per ingrandirsi nel corso dei secoli ma anche un punto di debolezza a causa dei ripetuti attacchi da parte di dinastie più potenti che volevano conquistare quelle terre così strategiche per le loro ambizioni.

Adelaide fu spesso considerata una delle capostipiti dei Savoia anche se in realtà fu l’ultimo esponente della casata degli arduinici. Adelaide fu una gran donna. Alla morte di Oddone nel 1060, assunse la reggenza per il figlio Pietro e si rivelò una lucida ed energica governante. La sua vita fu funestata da parecchi lutti: dopo le tre vedovanze, dovette assistere anche alla morte dei due figli maschi più vecchi, i marchesi Pietro I e Amedeo II, poi alla morte delle figlie, spose in Germania, ma seppe sempre reagire e trovare la forza per essere anche un’ottima guida per il suo territorio. Di fatto tenne la reggenza per i figli e per i nipoti per trent’anni. A riprova delle sue capacità di governo e di sapersi muovere con diplomazia sullo sfondo dei contrasti per le lotte delle investiture, è il fatto che mantenne il controllo su territori così estesi come quelli della Marca di Torino, nonostante le morti premature dei marchesi via via succedutisi; una situazione questa che, all’epoca, in assenza di una guida forte e riconosciuta, avrebbe potuto portare alla ribellione degli altri nobili minori.

Le doti di Adelaide emersero soprattutto quando capì di dover trattare in modo diverso i territori cisalpini e quelli transalpini. Mentre al di qua delle Alpi, il potere del marchese era accettato e riconosciuto, voluto dal re, nei territori della Savoia Umberto e i suoi eredi stavano costituendo un potere nuovo via via erodendo possedimenti e prerogative ai poteri preesistenti, spesso vescovili. Donna molto religiosa, non esitò ad utilizzare la generosità verso gli istituti religiosi della marca torinese per ottenere l’appoggio delle autorità religiose locali. Fondo’ anche un’abbazia, Santa Maria di Pinerolo. Al contrario, nei territori d’oltralpe il vescovo della Maurienne si lamentò della sua parsimonia, a volte anche dell’aperta opposizione della contessa. In quei territori il potere si stava costituendo contro i poteri religiosi esistenti, che dovevano essere ridimensionati.

Per ben due volte l’energica Adelaide ordinò la distruzione di Asti, che si era ribellata. Fu amata dal suo popolo, stimata e temuta dagli altri regnanti e dal papato. Fu anche una mecenate amante, delle lettere e delle arti: la sua corte era frequentata da teologi come Pier Damiani, da intellettuali, da uomini di Chiesa con cui dibatte con competenza.
Non sappiamo che volto avesse: i quadri che la rappresentano sono tutti di epoche di molto successive.


Moneta del XI sec.

La figlia di Adelaide e Oddone, Berta, aveva sposato Enrico di Franconia, divenuto poi imperatore come Enrico IV. L’altra figlia, Adelaide, sposò Rodolfo di Svevia, che contenderà poi il titolo ad Enrico, finendo per soccombere. I matrimoni, come spesso accade, non furono spontanei ma fortemente voluti per motivi politici. Ad un certo punto sia Enrico sia Rodolfo dichiararono di voler ripudiare le mogli, probabilmente in segno di ribellione verso chi aveva imposto loro le nozze, probabilmente i grandi ministri tedeschi.

Ritroviamo in seguito sia Berta sia la madre, la contessa Adelaide, coinvolte entrambe nella disputa tra Enrico IV e il papa Gregorio VII. In quanto suocera dell’imperatore, Adelaide, dopo lunghe trattative, permise al genero il passaggio nei suoi territori, attraverso il valico del Moncenisio, non senza ottenere in cambio dei territori in Borgogna.
Adelaide e il figlio Amedeo II accompagnarono l’imperatore a Canossa, Adelaide agendo soprattutto come mediatrice. La storia oggi ricorda soprattutto Matilde, in questo ruolo, ma Adelaide fu rilevante come Matilde, se non di più: probabilmente Matilde si ricorda di più perché esercitava il suo dominio su territori più estesi e rilevanti o forse perché lodata dal monaco poeta Donizone mentre nessun poeta narrò la vita di Adelaide. Il mistico e teologo San Pier Damiani, ravennate, che conobbe entrambe le dame, ebbe a dire ad Adelaide: “Di te ho sentito discorrere in una accolta di vescovi delle tue province; uno solo di essi disse di doversi lagnare di te ma solo perché aveva ricevuti da te meno benefici che gli altri.” E ancora: “… in petto femminile racchiudi forza virile; come Debora, senza appoggio maschile, da te sostieni ogni peso del governo; a te vengono quanti desiderano comporre i loro litigi con assennato giudizio.”

Adelaide morì nel 1091, dopo 30 anni di governo, di diplomazia, di accresciuto ruolo della dinastia dei Savoia che, in pochi decenni, passo’ dall’affermarsi incerto del ruolo di Umberto Biancamano al matrimonio della nipote Berta con l’imperatore, segno del profilo internazionale che i “signori dei passi alpini” iniziarono a poter svolgere.

(Gianni Oliva, I Savoia, Mondadori)
(Francesco Cognasso, Storia di Torino, Edizioni Giunti)
 
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view post Posted on 7/11/2013, 09:47
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Arciduca /Arciduchessa

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Mi piace molto leggere di queste figure femminili poco conosciute ma così importanti. Da quello che racconti di lei, Adelaide è stata davvero una donna di grande valore: intelligente, accorta, decisa.
In effetti, è poco conosciuta, meriterebbe di essere almeno citata nei libri di storia...

(Dato che la nomini, chissà se Christine de Pizan l'avrà inclusa nel suo libro "La città delle Dame" come esempio di donna che ha lasciato il suo segno nella storia...se ne conosceva la biografia, sicuramente sì! :) ).
 
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view post Posted on 7/11/2013, 15:38
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Arciduca /Arciduchessa

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Leggevo qualcos'altro sulla contessa Adelaide, perchè è una figura che mi affascina molto. Scopro che non si sa molto sull'ultimo periodo della sua vita; si ritirò in un luogo solitario, si presume pressochè sola e non si sanno le vere motivazioni di questo suo "esilio". Tutto ciò costituisce quasi un enigma.
Silvia, tu ne sai di più?
 
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view post Posted on 7/11/2013, 19:40
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Arciduca /Arciduchessa

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Grazie, Tiziana, ben lieta che la contessa Adelaide abbia suscitato il tuo interesse.

L’episodio della contesa tra Enrico IV e Gregorio VII mi ha stupita perche’ mette in evidenza tutta la forza di Adelaide. L’imperatore giunge in Savoia, accompagnato dalla figlia, e qui viene accolto dalla contessa e dai figli Pietro e Amedeo. Qui Enrico si ferma qualche giorno. Una riunione in famiglia? Lo scambio degli auguri di Natale visto che siamo subito dopo il Natale del 1076? No, si tratta con la marchesa delle Alpi Cozie il pagamento del passaggio attraverso il valico del Cenisio. Gli affari e la marca prima di tutto :) La richiesta iniziale pare che fosse di cinque vescovadi vicino a Torino; dopo la contrattazione si arriva alla cessione di qualche territorio in Borgogna. “Solo allora, in pieno gennaio, Enrico IV pote’ attraversare il Cenisio, risalire la Valle dell’Arc e poi da Langslebourg salire all’ospizio fondato da Lodovico il Pio, e da li’ scendere alla Novalesa e a Susa, servendosi di rozze slitte da montanari.” (F. Cognasso)

Circa gli ultimi anni di vita di Adelaide, avevo riflettuto se scriverne o meno: se i testi e le memorie sulla vita della contessa sono avari di notizie, ancora di meno si sa sulla sua morte. Riassumo per sommi capi i fatti e poi espongo la mia opinione personale.
La versione principale e’ che Adelaide, stanca del potere e della sua vita travagliata, si sia ritirata in Canavese, per intenderci nella zona compresa tra Torino e Ivrea, pare a Valperga, dedicandosi in solitudine alla preghiera, e mori’ in un piccolo paese, Canischio, vicino a dove abito.

A mio parere, e' poco plausibile,anche se possibile.
Sulla religiosita’ della contessa non ci sono dubbi ma ancora fino al 1089 ci sono testimonianze scritte che Adelaide avesse almeno il potere per effettuare una donazione alla chiesa d’Asti e per beneficiare in vario modo altri istituti religiosi.
La contessa era sempre stata battagliera, determinata nel difendere l’eredita’ paterna e i territori pervenutele dal terzo matrimonio con Oddone e non ce la vedo a mollare tutto in un periodo cosi’ delicato per la continuita’ del potere nei suoi domini. Sempre da Cognasso: negli ultimi anni “fece si’ che la marca passasse a Federico di Montbeliard, lontano cugino, che sposo’ Agnese, unica figlia del marchese Pietro (il figlio di Adelaide). Ma anche Federico mori’ nel giugno del 1091.” Adelaide mori’ a dicembre del 1091: non ce la vedo a fare l’eremita nel Canavese mentre e’ incerto l’erede della marca di Torino e della contea della Savoia. A meno che non avesse avuto qualche seria malattia….

Anche il luogo della morte e’ incerto: alcuni riportano Canischio, appunto, altri Chianoc, ex Chianosco, in Val di Susa. E questo mi torna meglio, avendo lei amato tanto Susa. Anche questo: se avesse voluto ritirarsi in vecchiaia e riposarsi, perche’ non restare nel suo amato castello a Susa e andare vicino ad Ivrea? Altri storici sostengono che la morte a Canischio la colse per caso, mentre era di passaggio, magari per un soggiorno di preghiera in uno degli eremi e dei santuari della zona. Di certo a Canischio rimane ancora traccia di una tradizione tramandata oralmente sia nella memoria dei locali sia nelle denominazioni di alcuni luoghi.
Aggiungo un altro elemento: nel 1091, l’anno della morte, alcuni testi riportano l’episodio della distruzione della citta’ di Asti voluta proprio da Adelaide.

Non ho certezze nemmeno sul luogo di sepoltura: in alcuni testi ho trovato la chiesa parrocchiale di Canischio, in altri la chiesa di San Giovanni a Torino, in altri la chiesa di S. Pietro in Val di Susa.

Chissa’ se qualcuno ha informazioni piu’ certe delle mie. Non vorrei farmi condizionare nelle mie valutazioni dall’immagine di donna forte, che non si arrende, che e’ quello che amo di questa contessa.
 
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view post Posted on 7/11/2013, 21:30
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Marie-Antoinette

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Peccato che non ci siano abbastanza fonti e documenti per capire esattamente dove e come morì Adelaide. Mi piacciono le tue riflessioni, una donna forte e avezza al potere non avrebbe avuto motivo per ritirarsi dal mondo a meditare. Secondo me sono plausibili la malattia o la morte improvvisa.
Ho scoperto un'altra figura di donna eccezionale, grazie Silvia.
 
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view post Posted on 8/11/2013, 18:50
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Arciduca /Arciduchessa

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Vorrei integrare quanto si era detto sui Savoia del Trecento e del Quattrocento (#entry524525143 e seguenti), dal punto di vista dello sviluppo della corte e dell’interesse per l’arte, aggiungendo i contributi di un viaggio toccata e fuga quest’estate a Chambery e di qualche lettura recente che ho trovato molto interessante.

Inizio dal viaggio: ah, bei ricordi :)
Anticipo subito che, come era accaduto la prima volta, vent’anni fa, sono rimasta piuttosto delusa dal castello di Chambery: della parte più antica del castello rimane poco, Sainte Chapelle a parte. Guerre, incendi e ricostruzioni hanno cancellato le tracce. Mi aspettavo di entrare nell’atmosfera di una corte del ‘400, quale era quella del conte poi duca Amedeo VIII, e, invece, quello che predomina nel castello è la parte più nuova, sede del Consiglio Generale della Savoia e della Prefettura. Bella, per carità, ma non era quello che cercavo. Tralascio questa parte del castello, per mostrare quello che resta del castello del ‘300 – ‘400. Restano delle pietre, delle sale, delle torri, prive di decorazioni pittoriche o di altro genere, senza mobilio: occorre tanta fantasia per immaginarsele come dovevano essere all’epoca. Chiedo alla guida che ci accompagna se il castello all’epoca fosse affrescato e la risposta è un semplice “no”, non so quanto dettato dalla conoscenza e quanto dall’ignoranza.

Ingresso del castello: la Porterie


Il castello dei signori di Chambèry fu menzionato per la prima volta nell’XI sec. Venne acquistato dai Savoia in due fasi: nel 1232 con Tommaso I e nel 1295 con Amedeo V. Tra il XIV e il XV secolo il nucleo originario venne ingrandito dai Savoia costruendo la Torre della Tesoreria, la Torre degli Archivi, la Torre semicircolare.

Torre della Tesoreria, vista di fianco e dal cortile del castello




Volta della stanza del tesoro: qui veniva coniata la moneta del ducato


Torre demi-ronde, vista dal lato semicircolare; il lato non visibile è lineare. La suggestiva e monumentale scalinata interna è di epoca successiva, voluta da Napoleone III che ordinò ingenti lavori nel castello.




Dal piano del cortile interno scendiamo per una scala abbastanza ripida per raggiungere il nucleo più antico del castello, precedente alla vendita del castello da parte del signore di Chambèry, tale Berlion. Si tratta dei piani inferiori del Vecchio Padiglione, andato distrutto da un grosso incendio all’epoca della rivoluzione francese. La guida ci accenna all’ipotesi che questi locali fossero l’antica cappella romanica del castello.






Fu Amedeo VIII, primo duca di Savoia, a volere l’edificazione di una cappella degna di ospitare la reliquia della Santa Sindone. La Sainte-Chapelle è in stile gotico fiammeggiante mentre la facciata fotografata dal tetto della Torre Semicircolare è in stile barocco, essendo stata riprogettata da Amedeo di Castellamonte nel ‘600 per volere di Maria Cristina, la prima madama reale. Le vetrate rinascimentali, notevoli, risalgono alla prima metà del ‘500. Gli affreschi a trompe l’oeil, invece, sono successivi e furono eseguiti per volere di Carlo Alberto: solo i costoloni delle volte a stella sono “veri”, il resto è dipinto ma, se non lo sapessi, sembrerebbe tutto tridimensionale.




Andando verso l’ingresso laterale della Sainte-Chapelle


La torre Yolanda, che affianca la Sainte-Chapelle




Interni della Sainte-Chapelle




Veduta laterale del castello con l’abside della Sainte-Chapelle e dettagli dello stile gotico flamboyant






Solo un’immagine degli edifici piu’ recenti:
 
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view post Posted on 9/11/2013, 00:54
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Arciduca /Arciduchessa

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Cercando altre informazioni sull’interesse per l’arte di Amedeo VIII, trovo conferma del fatto che il suo mecenatismo fu un tutt’uno da un lato con la sua politica ambiziosa di espansione e dall'altro con l’interesse religioso, visto anch’esso come strumento di potere, concezione della religione che lo portera' all’esperienza di antipapa col nome di Felice V. Le arti sono uno strumento politico utile per bilanciare i rapporti con le principali corti di riferimento: Borgogna, Berry e Parigi. Amedeo VIII fu committente di opere architettoniche, pittoriche, miniature, lavori di oreficeria, arazzi, stoffe.

Amedeo era il primogenito del Conte Rosso, Amedeo VII di Savoia. Nacque nel castello di Chambery nel 1383, respirando fin da piccolo un clima culturale prestigioso, quello della corte dei Berry: la madre era Bona di Berry, figlia del duca di Berry.

Ritratto settecentesco di Bona di Berry


Altra corte di riferimento fu quella borgognona: a 10 anni il conte sabaudo sposa Maria di Borgogna, figlia di Filippo l’Ardito, e ha occasione di conoscere le realta’ culturali e politiche francesi, prima a Digione per incontrare la principessa e poi a Parigi, per la presentazione al re.

Ritratto settecentesco di Amedeo VIII


La corte sabauda era e restera’ una corte itinerante fino al ‘500 almeno.
I numerosi castelli non erano grandi, lontanti dai fasti e dalle comodita’ di quelli delle altre due corti o dei castelli svizzeri. Amedeo VIII apri’ diversi cantieri e maestranze per ricostruire, riadattare, ampliare i castelli di Pont-d’Ain, di Bourget, di Bourg, di Belley, di Chambéry e di Annecy. “Ed è stato giustamente sottolineato l’alto costo di queste ristrutturazioni, quotate nel 1415 in fiorini 500 per Pont-d’Ain, 2000 per Thonon, 500 per Montréal, 2000 per Ripaille, 600 per Annecy. I lavori erano indirizzati soprattutto al rafforzamento delle mura, delle torri, delle travature per gli interni, ma anche ai lavori per i grandi camini, essenziali per rendere abitabili gli ambienti e realizzare un comfort utile ed emblematico”. In tema di comfort, le finestre spesso erano prima chiuse con pelli o con tele imbevute di olio; adesso vengono chiamati dal duca maestri vetrai per chiuderle con vetrate, semplici o istoriate.
Non ho in effetto trovato cenno ad affreschi nel castello di Chambery ma per certo nel castello di Bourget era presente una camera detta verde per gli affreschi alle pareti; un’altra camera nel 1415 era detta generatum et cervorum alborum volantium, facendo pensare agli elementi naturalistici del gotico internazionale. Si sa della presenza di un pittore, Maestro Boso, nel 1406 al castello di Pont-d’Ain, per affreschi con falchi e motivi della divisa ducale: lo stesso pittore era attivo in quei tempi alla corte del duca di Berry.

I grandi protagonisti dell’arredo della corte sabauda ai tempi di Amedeo VIII erano gli arazzi e in questo campo egli fu davvero un collezionista, muovendosi nel contesto francese (Arras) e delle Fiandre. Si ricorda la collezione del castello di Annecy “con arazzi raffiguranti fanciulli in atteggiamento ludico presso una sorgente, su fondo bianco ornato di stemmi ginevrini; altra serie a fiori bianchi e conchiglie, su fondo blu scuro; altre sequenze con anitre, pavoni, gigli e rose, gigli e viti; altra con leoni e altra con san Giorgio; importanti le serie con scene di caccia, con dame nel giardino, intente alla danza, con falconi e cervi.”
Altri arazzi di cui si ha conoscenza sono quelli della chambre noire semée des faucons Dorés; della chambre aux brebis, per la stanza di Maria di Borgogna che amava questo tema; della chambre aux fontaynes du Dieu d’Amour, di provenienza parigina.
Gli arazzi di Amedeo VIII erano decorati con la croce sabauda, il Fert e nodi di Savoia. Nell’inventario del 1431 “si distingue l’acquisto eccezionale di una camera in seta bianca, valutata nel suo complesso 1100 lire; si segnala nell’inventario il numero dei ramoscelli che ornavano la coperta, ed erano ben 287, con la raffigurazione di un terrazzo fiorito, al centro un albero in seta e oro, ornato con gli stemmi dei Savoia. Altri apparati tessuti per la stessa camera presentavano puttini, dame, alberi e frutti, cavalieri intenti alla musica, con flauti e cetre.” Peccato che nulla di tutto questo sia giunto fino a noi.

Notevole anche l’attenzione del duca per l’abbigliamento, segno di prestigio e di potere, per il quale utilizzava ricamatori provenienti da Parigi, Lione, Ginevra e Avignone. Gli abiti erano impreziositi da ricami in oro per evidenziare i simboli dei Savoia, spighe o soli. I tessuti piu’ pregiati erano velluti e broccati delle Fiandre oppure martore ed ermellini per i mantelli.
Di pari passo si raffina il gusto per i gioielli: nel 1409 il duca acquista da Parigi “catene d’oro, a maglie, diamanti incastonati in anelli d’oro, ma anche anelli con pietre, collari dorati per le dame, medaglioni in oro con l’immagine smaltata di san Maurizio, fermagli con perle, con rubini; interessante ancora che per la foggia dei gioielli fossero ricordati modelli a la faczon di Boemia”.

Qualche nome di artisti operanti alla corte di Amedeo VIII.
Jean de Prindall lavoro’ a Ripaille e a Thonon per Amedeo VIII, dopo aver scolpito gli stalli in legno della cattedrale di Ginevra e la tomba del cardinale de Brogny.
Jean de Liège era indicato come Magister castrorum Sabaudiae Comitatus: nel 1387 firma a Losanna gli stalli in Saint-François come Architectus Sabaudiae.
Pittori ufficiali della corte erano Gregorio Bono di Venezia e, successivamente, Jean Bapteur di Friburgo, miniatore e pittore.
Giacomo Jacquerio e’ attivo nel 1411 a Thonon, chiamato dal duca sabaudo: sono documentate due tavole per Ripaille e per la chiesa di Thonon, dedicate a San Maurizio, santo caro ad Amedeo e ai Savoia. “Dal 1426, un documento significativo indica Jaquerio quale Magistro Jacobo de Taurino pictori domini nostri quia pinxit capellam domini predicti apud Thononum; era dunque pittore di corte, carica già segnalata nel 1416 in rapporto ai principi di Acaia. E risulterà sempre più chiaro come, oltre la committenza di Ludovico d’Acaia, fosse stato l’incontro con Amedeo VIII a segnare la crescita della personalità del pittore, inserendolo in imprese a favore della città e degli Antoniani, a Ranverso.”

Segno dell’intreccio con il gusto del gotico internazionale, con un’attenzione acuta per il naturalismo, e’ la Biblioteca ducale, il cui nucleo di partenza era costituito dai codici ereditati dal duca di Berry, arricchiti poi da acquisti a Pargi, a Ginevra, nei Paesi Bassi, in Lombardia.
Il duca riusci’ poi a creare un vero e proprio personale scriptorium, in cui spiccarono i nomi di Peronet Lamy, savoiardo, e, soprattutto, del gia' citato Jean Bapteur, svizzero, il miniaturista preferito da Amedeo. Alla Biblioteca Reale di Torino sono conservati due sontuosi messali di Amedeo VIII, 1440 circa.

Codice dell’Apocalisse, Madrid, Escorial. Jean Bapteur e’ l’artefice delle immagini narrative; Peronet Lamy si occupo’ dei bordi decorativi; Jean Colombe porto’ a termine l’opera. Si tratta di 49 fogli, decorati fronte e retro con 97 miniature nella parte superiore delle pagine; il testo e’ disposto nella parte inferiore, su due colonne, in caratteri rossi e neri.







Le ultime due immagini sono riproduzioni recenti su pagine dorate
Fu proprio Amedeo VIII a incentivare il viaggio di formazione di Bapteur, quale accompagnatore di Manfredo di Saluzzo, maresciallo di Savoia. Alcune delle tappe di questo tour: Piemonte, Milano e Lombardia, Veneto, Ferrara, Firenze, Siena, Roma, dove osserva e si appunta il Colosseo, che raffigurera’ poi in una della miniature del Codice dell’Apocalisse.
Dal Codice dell’Apocalisse si ricavano informazioni preziose sulla vita e sui costumi di corte; notevoli i cieli azzurri, novita’ di stampo fiammingo.

Jean Bapteur o sua cerchia, Crocifissione, Palazzo Madama a Torino. Si notano il pathos dei gesti, il paesaggio realistico con le Alpi sullo sfondo, l’inserimento di personaggi della corte: Amedeo VIII e’ il vecchio con la barba bianca e cappuccio, sulla sinistra della croce, che guarda il crocefisso; la figlia di Amedeo, Maria di Savoia, e’ probabilmente la dama inginocchiata a destra, vicino alla Madonna. Per le diverse attribuzioni: www.palazzomadamatorino.it/opera.php?id_opera=30


Bapteur fu incaricato dal duca di essere il regista e l’ideatore delle decorazioni per le feste di corte, i tornei, funerali. Organizzo’ un gruppo di lavoro cui parteciparono vari artisti e maestranze: Jean de Lache di Losanna, Jean de Maitre Jacques, forse figlio naturale di Jaquerio, Maitre Henocin, mastro vetraio, Jean de la Roche e Jean de Metz di Lione, Pierre de Genève, Domenico di Venezia e ancora Peronet Lamy.

Jean Bapteur, Libro d’ore del duca Ludovico di Savoia, figlio di Amedeo VIII, Parigi, Bibliothèque Nationale, ms lat. 9473






Piu’ sontuoso del Codice dell’Apocalisse, presenta una pagina con l’Incoronazione della Vergine, dove la Madonna e’ Anna di Cipro, sposa di Ludovico. “Anche gli interni dei castelli, con Ludovico e Anna di Cipro (o di Lusignano), si muovevano su paradigmi più sontuosi; è coinvolto Bapteur, già impegnato nel 1432 per affrescare a Thonon 120 nodi di Savoia e 140 motti con il Fert brunito e il rosso acceso; e i documenti avvertono che il miniatore-regista era accompagnato da artisti venuti da Losanna, il vetraio Jenin Loysel, ginevrino, altri lorenesi, di Metz, e un Domenico di Venezia.”

(Storia di Torino – Il basso Medioevo e la prima eta’ moderna, a cura di Rinaldo Combra, Giulio Einaudi editore)
 
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