CITAZIONE (Maria Clotilde @ 9/1/2014, 22:40)
Fatico a credere che la rivoluzione francese sia scaturita perche' Luigi XVI era un sovrano assoluto e perche' era re per grazia di Dio. Piu' prosaicamente, i parigini morivano di fame per la carestia e la poverta' (carestia a sua volta causata da un sistema economico nazionale inadeguato) e le nuove classi sociali emergenti volevano lo stesso potere e gli stessi privilegi riservati ai nobili. Se le condizioni di vita fossero state dignitose per tutti e se l'ascensore sociale avesse funzionato a dovere, pur con un monarca assoluto e divino, ci sarebbe stata la rivoluzione?
Troppo semplicistico?
Dopo più di 220 anni siamo ormai maturi per non credere più ai falsi miti della Rivoluzione Francese, ad osservarla con un occhio più critico e a trarne un bilancio veritiero.
Ci hanno insegnato fin dall'infanzia che la Rivoluzione ha significato l'irruzione nella storia di grandi beni quali
la libertà, l'uguaglianza e la fraternità. Ma gli orrori e le oppressioni totalitaristiche che abbiamo visto dal 1900 fino ad oggi ci hanno reso più sensibili al ricordo degli orrori e delle oppressioni totalitarie che hanno accompagnato la Rivoluzione Francese, diventando un chiaro modello e manuale in materia.
La globalizzazione che ha reso possibile il contatto con paesi democratici che però non hanno conosciuto l'eredità della Rivoluzione (centralizzazione del potere statale, laicismo, scuola di stato, ugualitarismo, mancanza di consenso sociale, repubblicanesimo, etc.) ha relativizzato il valore della nostra filiazione rivoluzionaria, accompagnata dallo sviluppo della ricerca storica che ha contemporaneamente smantellato interi settori prima presentati come aspetti positivi della Rivoluzione, tanto che
oggi essa viene addirittura indicata come la sorgente del totalitarismo del '900.
Allegory of the French Revolution. French Citizen Blindfolded Trying to Take the LibertyLa situazione della Francia non era certo florida, ma neppure così disastrosa come ci è sempre stata dipinta. Fu il passaggio da rivoluzione nobiliare a rivoluzione borghese e più tardi pseudo-proletaria a renderla come oggi la ricordiamo. In realtà era
nata come una rivolta di nobili che cercavano di arginare un ingombrante potere regio, ma che
alla fine furono soverchiati dalla frangia giacobina arrabbiata e populista che, preso potere a Parigi alla fine nel vuoto politico creatosi dallo smantellamento dell'Ancien Regime, riuscì ad imporsi sul resto del paese. Mentre Parigi si rivoltava contro il suo Re, nel regno città come Lione, Marsiglia o regioni come la Vandea si sollevavano contro il regime rivoluzionario. Durante il viaggio intrapreso nel giugno del 1791 verso Montmedy, Luigi XVI poté verificare con i suoi occhi che il popolo era ancora il suo popolo: in molti lo riconobbero, ma solo l'arrabbiato giacobino Drouet si scapicollò per fermarlo e farlo arrestare. A Varennes il sindaco Sauce, droghiere del paese, avrebbe volentieri lasciato andare quella voluminosa berlina gialla e nera e quei personaggi così misteriosi, e solo le minacce brutali di essere denunciato come traditore a Parigi da parte di Drouet gli fecero cambiare idea. La gente normale per la verità era più infastidita dal passaggio delle truppe durante quella giornata, perché temeva che fosse segno di una guerra imminente alla frontiera, così vicina, che avrebbe portato solo guai per le loro attività agricole e commerciali.
I giacobini di Parigi operarono sul paese una vera opera di colonizzazione e conquista con la creazione dei clubs fin nei più piccoli villaggi, portando le loro idee in modo capillare nel paese, corrompendo anche l'esercito che era uno dei pilastri su cui fondare il potere (ricordiamo i fatti di Nancy e Metz dell'estate del 1790, insubordinazioni da parte di soldati appartenenti ai clubs giacobini, represse duramente dal generale de Bouillé per ordine della Assemblea Nazionale e che furono fortemente appoggiate dallo stesso La Fayette).
Non dimentichiamo che negli anni '80 vi era stata una rivoluzione in Olanda che aveva cacciato lo Statolder Guglielmo V e ne aveva imprigionato la moglie, rivoluzione soffocata duramente dall'intervento delle truppe prussiane; nel 1790 si erano ribellati anche i Paesi Bassi Austriaci, cacciando i governatori Alberto di Sassonia e Maria Cristina d'Austria, proclamandosi
Stati Uniti del Belgio;
le rivoluzioni erano nell'aria e, come la rivoluzione proletaria di Marx pensata per le industrializzate Inghilterra e Germania alla fine si concretizzò nel paese meno industriale d'Europa cioè la Russia, quella che sconvolse la Francia passò alla storia perché coinvolse una grande potenza, che aveva tuttavia piedi d'argilla.
Le Roy Ladurie, riprendendo gli studi di Alfred Covvan, di Crouzet e di Lévy-Leboyer, afferma che
il decennio 1789-1799 rappresentò una catastrofe nazionale per l'economia francese che, favorita nel 1786 dal progetto del Mercato Comune iniziato con il trattato del libero scambio con l'Inghilterra, franò sotto la Rivoluzione.
«
Bisognerà attendere i tempi “riparatori” della monarchia restaurata perché gli scambi della Francia con l'estero, in un secolo XIX ampiamente cominciato, ritornino all'alto livello prerivoluzionario del 1788» (Le Roy Ladurie,
Préface à “Le sens de la Révolution français” par Alfred Cobban).
La Francia aveva così accumulato più di un terzo di secolo di ritardo nello sviluppo economico e nel commercio internazionale, un ritardo che non recuperò.
Lo storico di Cambridge D.W.Brogan nel suo saggio Le prix de la Révolution (1953) scrisse che molto probabilmente se non vi fosse stata la Rivoluzione, la Francia si sarebbe messa alla testa dell'espansione economica dalla fine del secolo XVIII, ruolo che lasciò così all'Inghilterra.La stessa riflessione era stata espressa da un testimone della Rivoluzione, il deputato inglese
Edmund Burke, osservatore delle vicende economiche e politiche, che scrisse: «
I francesi [della Rivoluzione] si sono dimostrati i più abili artefici di rovina che mai sia esistiti al mondo. Hanno interamente distrutto […] il loro commercio e le loro fabbriche. Hanno fatto i nostri interessi, a noi che siamo loro rivali, meglio di quanto venti battaglie […] non avrebbero potuto fare».
Vi prego, liberiamoci dai vecchi cliché che ci hanno insegnato a scuola: una Francia povera piena di debiti, un re rimbabito che teneva in mano un potere oppressivo e cattivo, un popolo affamato che si rivolta e conquista la liberà!
Che le carestie del 1783, 1784 e 1786 avessero compromesso l'agricoltura e le conseguenti riserve di viveri sono un fatto certo ma non circoscritto alla sola Francia: oggi sappiamo che furono la conseguenza della devastante
eruzione del vulcano islandese Laki avenuta nel 1783 (
http://it.wikipedia.org/wiki/Laki e
http://www.meteoweb.eu/2013/06/la-devastan...rancese/209228/), fenomeno a cui abbiamo assistito anche in anni recenti.
Che la struttura amministrativa del Regno fosse in parte ormai obsoleta era evidente, tanto che si stava cercando di porvi rimedio, anche se ormai con ritardo rispetto alle aspettative, incappando tuttavia in fatti contingenti che resero il problema più acuto.
Abbiamo già affrontato negli interventi precedenti la
perdita di prestigio e di sacralità della figura del Re: anche Enrico III e un infante Luigi XIV (durante la Fronda dei nobili) dovettero abbandonare Parigi o affrontare delle province ribelli, ma avevano su di loro il forte scudo della inviolabilità e sacralità della loro figura e della monarchia. All'epoca di Luigi XVI questo scudo non esisteva più, demolito dall'interno dagli stessi sovrani come ho già avuto modo di esporre, e corroso all'esterno dal pensiero razionale portato avanti dall'illuminismo.
Luigi XVI non era il rimbambito che ci hanno sempre dipinto, ma un sovrano saggio, buono, che si prese cura del suo popolo,
per carattere tentennate e che purtroppo non ebbe accanto chi avrebbe potuto e dovuto sopperire alla sua mancanza di fermezza.
Smettiamo di credere la Rivoluzione Francese una rivoluzione di popolo, una rivoluzione proletaria.
Almeno all'inizio non fu così. All'inizio fu un'altra Fronda, iniziata con l'Assemblea dei Nobili del 1788 e portata avanti con gli Stati Generali, dove la nobiltà, tenendo letteralmente per le palle il potere regio che aveva bisogno del consenso unanime dei tre stati per varare un radicale programma di riassestamento economico, voleva per contropartita limitare il potere del Re, renderlo un re da operetta. Gli Stati Generali non furono convocati per dare parola al popolo; erano un'istituzione nobiliare, allargata alla partecipazione popolare (ma legata al censo), volta a porre un argine al potere assoluto del sovrano.
Lo storico di sinistra Michel Vovelle in
La Francia rivoluzionaria. La caduta della monarchia 1787-1792, ricorda che
i membri eletti per il Terzo Stato e poi la maggior parte dei comitati rivoluzionari,
erano di estrazione borghese e non popolare, perché nelle campagne come a Parigi i quadri più fanatici erano composti da borghesi, «
uscieri, notai, maestri di scuola, curati costituzionali e a volte mercanti o imprenditori», che il sistema elettorale fondato sulla ricchezza aveva creato una classe politica composta di «
magistrati, “borghesi” oziosi, liberi professionisti, negozianti e grossi commercianti, ex ufficiali, […]
però ermeticamente chiusa alla partecipazione popolare o semipopolare».
Nelle file del Terzo Stato si erano fatti eleggere il duca d'Orléans, cugino del Re e futuro Philippe Égalité, il Conte de Mirabeau, e molti altri nobili o influenti prelati!
Quando la rivoluzione scivola di mano all'aristocrazia e finisce nelle mani degli arrabbiati giacobini, si fa sanguinaria e si trasforma in Terrore poliziesco.
La nuova fase rivoluzionaria che segue la distruzione della monarchia nella realtà dei fatti si trasforma in un regime volto a sopprimere il popolo. La legge Le Chapelier arrivò a sopprimere tutte le associazioni operaie (che poterono rifiorire solo dopo la restaurazione del 1815).
Di fatto la Rivoluzione fu un martirologio operaio. Lo storico comunista Albert Soboul, professore alla Sorbona, nel suo saggio
Storia della Rivoluzione francese, scrive: «
Dal punto di vista sociale, le conseguenze dell'assegnato [sorta di biglietto di banca introdotto per sopperire alla mancanza di moneta contante
http://it.wikipedia.org/wiki/Assegnato]
furono molteplici. Le classi popolari, vittime abituali dell'inflazione, subirono un aggravamento delle loro condizioni di vita; gli operai pagati in cartamoneta, videro abbassato il potere d'acquisto. La vita rincarava, l'aumento dei prezzi dei viveri produsse le stesse conseguenze della carestia».
A Lione, per esempio, gli operai della seta in occasione dei loro grandi scioperi nel 1744 come nel 1786 ebbero l'appoggio dei Canonici-Conti della Chiesa di Saint-Jean, che li consigliarono, gli permisero di riunirsi nella loro chiesa primaziale, organizzarono e finanziarono il movimento operaio, intervenendo in loro favore presso le autorità, negoziando con i datori di lavoro, arrivando nel 1786 a vendicarsi con la spada nel 1786 a spese di un giudice quando questi aveva pensato bene di far giustiziare alcuni scioperanti. La Rivoluzione spazzò via ogni garanzia per la classe operaia.
Il potere giacobino impose un tetto massimo salariale, che si tradusse in una riduzione dei salari di circa un terzo. «
In questa situazione le classi popolari sprofondarono nella disperazione» (A.Soboul), essendo la situazione addirittura peggiore di quella pre-rivoluzionaria.
Identica la situazione per i contadini piccoli proprietari e per i braccianti.
Come osservato da Georges Lefebvre la soppressione dell'imposta ecclesiastica (la decima, fino ad allora a carico dei proprietari delle terre) e l'espropriazione dei beni della Chiesa, vanificarono i considerevoli aiuti sociali che queste tasse e questi beni garantivano ai poveri in caso di maltempo, di carestia oppure per l'acquisto di sementi, etc. La soppressione del regime feudale e della comunità rurale, la nascita della libertà di coltura e del diritto di recintare le terre, per Soboul soppressero di fatto la «comproprietà» delle terre dei nobili e dei contadini ricchi, che garantiva ai poveri i vecchi diritti comunitari, come il diritto di pascolo, di passaggio, di spigolatura, di raccolta delle ghiande e della legna, e così via, che permettevano ai poveri di sfruttare in seconda battuta i terreni, i prati e i boschi dei nobili e dei ricchi, e così di nutrirsi, di avere un po' di bestiame, di scaldarsi, di costruire.La Rivoluzione soffocò lo spirito imprenditoriale. «
La Rivoluzione si fece in ampia misura contro e non in favore delle forze montanti del capitalismo» (A.Cobban). Il caso tipico dell'assurdità economica rivoluzionaria fu il decreto del 7 marzo 1793 che stabilì l'uguaglianza di successione assoluta tra i figli. La conseguenza di questa «
misura di pura passione ideologica è stata un disastro senza fine e sempre tipicamente francese»: si distrussero le cellule economiche patrimoniali, cioè delle imprese, in occasione di ogni trasmissione ereditaria che riguardava numerosi figli (per esempio una fattoria ben avviata economicamente, in caso di sei eredi, sarebbe dovuta essere divisa da un perito in sei parti uguali a beneficio di ogni erede, sancendone il fallimento), disposizione che non esisteva né nel diritto inglese né in quello americano dove vigeva la libertà di fare testamento.
Per non tediarvi troppo, vi rimando allo scritto di Jean Dumont
I falsi miti della Rivoluzione francese di recente finalmente ristampato.
À bientôt.
Incisione inglese di Gillray, Biblioteca Nazionale, Parigi