| ILFERSEN |
| | Oggi, festa della mamma, ho deciso di andare a rileggere una parte della biografia di Zweig sulla regina, tra le più commoventi, a mio avviso. Ve la riporto: Maria Antonietta non presagisce affatto che la Convenzione abbia deciso di sottrarre il bimbo alle cure materne, quando una sera, alle nove e mezzo,sei inviati del Comune battono alle porte del Tempio. Il metodo delle sorprese crudeli ed improvvise è proprio del sistema punitivo di Hèbert. Le sue ispezioni avvengono sempre senza preavviso, in piena notte. Il bambino è stato già messo a letto da un bel pò; la regina e madama Elisabetta sono deste ancora. Quando i funzionari civici entrano, la regina si alza sospettosa; ognuna di queste visite notturne si è conclusa per lei con un'umiliazione od una cattiva notizia. Questa volta gli inviati stessi appaiono turbati, Non è un facile compito per loro, che quasi tutti sono padri di famiglia, annunziare ad una madre come il comitato di salute pubblica abbia ordinato che ella consegni a mani estranee, per sempre, senza alcuna motivazione, senza neppure poter da lui congedarsi, il suo unico figliolo. Delle scene che si svolsero quella notte tra la madre disperata ed i funzionari civici non abbiamo memoria alcuna, se non nei ricordi pochissimo attendibili dell'unica testimone oculare, la figlia di Maria Antonietta. E' vero che, come più tardi ha narrato la duchessa d'Angoulème, Maria Antonietta ha scongiurato tra le lagrime questi funzionari, i quali non facevano che eseguire un ordine ricevuto, di lasciarle il suo bimbo? E' vero che avrebbe loro gridato di ucciderla piuttosto che strapparle la sua creatura? Che i messi (è molto inverosimile, giacchè a ciò non erano affatto autorizzati) avrebbero minacciato, per il caso di rifiuto, di trucidare il bimbo e la principessa e che alla fine, dopo una lotta corpo a cordpo di ore, avrebbero trascinata via con la violenza brutale il bimbo urlante e singhiozzante? Il rapporto ufficiale ignora tutto ciò: anzi i funzionari riferiscono, abbellendo le tinte: "La separazione ebbe luogo con tutta la sensibilita che poteva attendersi in simili circostanze, ed i magistrati del popolo hanno avuto tutti i riguardi compatibili con la severità delle loro funzioni". Qui dunque rapporto contraddice a rapporto, partito a partito, ma dovunque un partito parli è raro che dica la verità. Una cosa è certa, comunque: questo distacco violento e vanamente crudele ha segnato forse l'ora più terribile nella vita di Maria Antonietta. La madre aveva uno speciale attaccamento per questo bimbo biondo, impetuoso, precoce; il fanciullo, nel quale ella voleva educare un futuro sovrano, era il solo che con la sua vivacità chiacchierina, con la sua smania curiosa di interrogare, le aveva reso sopportabili le ore solitarie nella fortezza. Senza dubbio il fanciullo era più vicino al suo cuore che non la figlia, la quale, carattere chiuso, aspro e malcontento, spirito ignaro e del tutto insignificante, non offriva sfogo alla sempre viva tenerezza di Maria Antonietta quanto il bimbo sveglio, leggiadro e gentile, che ora le vien strappato per sempre in modo così odioso, brutale ed assurdo. Benchè infatti il Delfino abbia continuato a vivere entro le mura del Tempio, solo pochi metri lontano dalla torre di Maria Antonietta, iil formalismo senza scuse del consiglio civico non concede alla madre di scambiare una sola parola con la sua creatura; persino quand'ella apprende che il bambino è malato, le è vietato visitarlo; essa viene tenuta lontana da ogni contatto al pari di un'appestata. Non può neppure-nuova assuda crudeltà-parlare direttamente con lo strano educatore, col ciabattino Simon; le ricusano ogni notizia intorno al piccino. La madre deve, muta ed impotente, sapere che il figlio respira nella sua stessa atmosfera, senza poterlo salutare, sentire, senza poter giungere a lui, se non con l'onda incoeribile del suo sentimento. Ma infine-piccolo, insufficiente compenso!-Maria Antonietta scopre che da una finestrucola nelle scale della torre, al terzo piano, si può scorgere una parte di cortile, ove talvolta il Delfino è portato a giuocare. Là la donna sventurata, che è stata regina di tutto un regno, si apposta per ore ed ore infinite volte ed attende, spesso invano, se non le sia concesso (i guardiani sono indulgenti!) di intravedere fugacemente nel cortile del suo carcere il profilo di una cara ombra adorata.Il bimbo, ignaro che da una feritoia la madre, spesso con gli occhi bagnati di lagrime, segue ognuna delle sue mosse, continua a giuocare sereno ed indifferente.Che tristezza, e che fatica che si fa a leggerla! Da qui si capisce benissimo fin dove potesse arrivare la rabbia e la crudeltà dei rivoluzionari. Se penso a tutte le ore in cui M.A guardava da quella finestrucola, con la speranza di scorgere suo figlio, mi si stringe il cuore.
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