Maria Antonietta - Regina di Francia

Il Principe di Sansevero

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LesCavesDuRoy
view post Posted on 9/7/2008, 11:19




Raimondo di Sangro, meglio conosciuto come Principe di Sansevero, è stato uno degli uomini più intriganti e misteriosi del '700: la sua fama è dovuta soprattutto alla sua attività di alchimista, una figura che durante il Secolo del Lumi in Europa raggiunse una popolarità notevole.

Allego la biografia:

Nacque da Antonio, duca di Torremaggiore e da Cecilia Gaetani dell'Aquila d'Aragona. Persa la madre, poco dopo la nascita, a lei restò sempre profondamente legato tanto da dedicarle, nella Cappella Sansevero, la statua della "Pudicizia Velata" in cui una donna, completamente ricoperta da un drappo che ne lascia intravedere le forme, si poggia ad una lapide spezzata ad indicare, appunto, la prematura scomparsa.

Il padre, Antonio di Sangro, superficiale e libertino, invaghitosi di una ragazza di Sansevero, ne fece uccidere il padre che si opponeva alla relazione. Accusato del misfatto da Nicola Rossi, sindaco di Sansevero, fu quindi costretto a fuggire alla Corte di Vienna dove diventò intimo dell'Imperatore, continuando a protestare la sua innocenza. Forse per corruzione, la Magistratura pugliese archiviò il caso e Antonio di Sangro poté rientrare nei suoi feudi dove, però, non tardò a vendicarsi del suo principale accusatore facendolo uccidere. Per sfuggire all'incarcerazione riprese la fuga che, dopo alterne vicende, si concluse a Roma ove Antonio di Sangro prese i voti e si ritirò in convento.

Il giovane Raimondo venne quindi affidato alle cure dei nonni paterni che, a 10 anni, lo mandarono a studiare presso la Scuola Gesuitica di Roma, ove restò fino al compimento dei 20 anni, acquisendo una cultura di molto superiore alla media che, unita alla sua naturale propensione allo studio (salvo la grammatica a causa della quale perse un anno), ne fece uno dei "geni" del Settecento napoletano ed europeo.

Nel 1730, all'età di 20 anni, Raimondo rientrò a Napoli, sede stanziale della sua famiglia, avendo acquisito l'anno precedente, a seguito della morte del nonno paterno, il titolo di VII Principe di Sansevero. Nello stesso anno, per procura giacché viveva nelle Fiandre, sposò una cugina quattordicenne, Carlotta Gaetani dell'Aquila d'Aragona, che conobbe però, a causa delle continue guerre europee, solo sei anni dopo il matrimonio (nel 1736) quando lo raggiunse a Napoli.Da ricordare come Raimondo commissionò per il suo matrimonio la composizione di una serenata musicale al coetaneo Giovanni Battista Pergolesi che venne però completata da altra mano per l'infelice sorte che attendeva il musicista.
Esperto in arte militare Raimondo di Sangro fu anche colonnello del Reggimento Capitanata e nel 1744 si distinse valorosamente nella battaglia di Velletri contro gli Austriaci.

Prima appartenente all'Accademia de' Ravvivati (con lo pseudonimo di "Precipitoso") divenne poi accademico della Crusca con il nome di "Esercitato" e il motto "Esercitar mi sole". Oltre gli studi chimici ed alchemici, per cui il suo nome susciterà sempre (anche al giorno d'oggi) dubbi di stregoneria tra il popolino e la stessa aristocrazia ignorante, Raimondo di Sangro fu scrittore egli stesso ed editore, tanto che dalla sua tipografia (impiantata nei sotterranei dello stesso Palazzo ove viveva a Napoli, in piazza S. Domenico Maggiore) uscirono libri, suoi e di altri, spesso censurati dalle autorità ecclesiastiche o pubblicati anonimamente. Anche in questo caso, tuttavia, non si esimerà dal compiere esperimenti, tanto che narra egli stesso di essere riuscito a stampare pagine a più colori in "una sola passata".

Dalla tipografia vennero editi libri di chiaro influsso massonico oltre che trattati e traduzioni di libri da nessun altro pubblicati in Italia. Pubblicò, nel 1750, un testo meglio noto come Lettera apologetica, ma il cui titolo completo è Lettera Apologetica dell'Esercitato accademico della Crusca contenente la difesa del libro intitolato Lettere di una Peruana per rispetto alla supposizione de' Quipu scritta dalla Duchessa di S*** e dalla medesima fatta pubblicare, in cui trattò del criterio di traduzione dei "quipu", ovvero cordicelle colorate annodate a differenti altezze che erano usate dalle popolazioni dell'America Latina per scambiarsi messaggi segreti. Chi invece sia la "Duchessa di S***" è ancor'oggi un mistero; secondo una teoria potrebbe trattarsi di Mariangela Ardinghelli, nel cui salotto napoletano si riunivano gli eruditi dell'epoca.

Tra le sue opere si ricordano un Vocabolario dell'arte militare di Terra (la cui redazione durerà ben otto anni per fermarsi alla lettera "O"), un Manuale di esercizi militari per la fanteria che ottenne il plauso del re Federico II di Prussia, nonché trattati vari sulle fortificazioni.

Quanto alle traduzioni, dalla "stamperia" del Principe nacquero Il Conte di Gabalis, ovvero ragionamenti sulle Scienze Segrete..., dell'abate francese Villars de Montfaucon che, per il suo contenuto esoterico, portò al Principe una nuova accusa di miscredenza da parte dei Gesuiti, costringendolo a negare che l'opera fosse uscita dalla tipografia con il suo placet; I viaggi di Ciro, da Les voyages de Cirus dello scozzese Michel Ramsay (massone e iscritto alla stessa loggia del Montesquieu), con cui si auspica che la nobiltà partenopea sia presa da ben maggiore fervore illuministico; Il riccio rapito, dell'inglese Alexander Pope, anch'egli massone.

La cappella gentilizia e la Massoneria

Nel 1744 il Principe diede inoltre inizio alla sua opera massima, il restauro e la sistemazione definitiva della Cappella Gentilizia, quella "Santa Maria della Pietà" meglio nota al popolino napoletano con il nome di "Pietatella" e oggi ai più nota come "Cappella Sansevero". I lavori, che prosciugheranno le casse di famiglia e porteranno cospicui debiti durarono fino alla morte di Raimondo di Sangro, e resero la piccola chiesa, con i suoi influssi massonici e le sue allegorie, un capolavoro del barocco napoletano cui parteciparono i maggiori nomi dell'arte dell'epoca.

Nello stesso anno in cui diede inizio ai lavori per la Cappella, Raimondo di Sangro si iscrisse alla "Libera Muratoria" e diventò "Fratello Massone" (le prime "logge" erano sorte a Napoli ai primi del Settecento e quella fondata da Raimondo di Sangro assunse il nome di "Rosa d'ordine Magno" derivante dall'anagramma dello stesso nome del Principe). In pochi anni scalò la gerarchia dell'associazione segreta giungendo a diventare "Gran Maestro" di tutte le Logge napoletane. Sono gli anni anche delle maggiori scoperte archeologiche, fortemente volute proprio dall'illuminato Re Carlo III di Borbone: Pompei, Ercolano, Paestum: anche queste viste in chiave massonica come riscoperta degli antichi valori morali e di democrazia propri dell'ideologia cui la "fratellanza" fa riferimento.

Iniziarono, in tal periodo, le invettive della Chiesa, dei Gesuiti in particolare, e del frate Guglielmo Pepe contro la massoneria e il tentativo, fallito per intervento dello stesso Re, di istituire anche a Napoli un tribunale del Santo Uffizio. Convinto che unico modo per difendere le Logge fosse il porle sotto un'alta protezione, il Principe si avvicinò ancor più al Re Carlo III di Borbone, di cui era consigliere, tentando di ottenerne l'iscrizione, ma nel 1751 papa Benedetto XIV scomunicò tutti gli appartenenti alla "Fratellanza" e ordinò lo scioglimento delle logge. Si sarebbe potuto trattare, nel caso del Regno di Napoli, di un pretesto che poteva preludere a una dichiarazione di guerra e, sebbene a malincuore, Carlo III con un editto cancellò le logge napoletane e bandì la massoneria dal Regno. Convinto ancora che fosse l'unico modo per salvare i fratelli da più gravi conseguenze, Raimondo di Sangro abiurò e fornì al Re l'elenco degli iscritti che vennero, però, solo redarguiti e non puniti.

Intanto i lavori per la Cappella Sansevero continuavano e con essi i debiti conseguenti che costrinsero il Principe ad affittare locali del suo Palazzo e, addirittura, il suo Palco al Teatro San Carlo, nonché a chiedere prestiti a istituti di credito. Contro di lui si schierò inoltre, contrastato dallo stesso Re Carlo III, il Ministro della Real Casa Bernardo Tanucci, che vedeva in lui (per le sue simpatie prussiane), ingiustamente, un nemico del Regno.

Ma nel 1759 Carlo III, alla morte del fratello, dovette abbandonare Napoli per diventare Re di Spagna; lasciò il Regno al figlio, l'illetterato, religiosissimo e giovanissimo Ferdinando IV: con la partenza del Re, ecco venir meno la difesa del Principe nei confronti di Tanucci, che lo fece arrestare per aver affittato locali della sua casa a uso di bisca clandestina. Venne liberato dopo alcuni mesi per intercessione della moglie e di alcuni nobili amici.

Ma Tanucci non demordette e nel 1764 comunicò all'ex-Re di Napoli, ora di Spagna, che l'ammontare dei debiti di Raimondo di Sangro era di oltre 220.000 ducati. Fu l'anno di una spaventosa carestia che causerà oltre duecentomila morti nel Regno, e fu anche l'anno in cui, per tentare di appianare la propria situazione debitoria, il Principe di Sansevero decise di far sposare il primogenito Vincenzo alla principessa Gaetana Mirelli, che porterà una ricchissima dote che gli consentirà di saldare i debiti e di disporre di un discreto appannaggio mensile.

Per omaggiare gli sposi, Raimondo fece venire a Napoli un "picchetto" d'onore costituito dai propri "feudatari" pugliesi; si trattava, in realtà, di una cinquantina di persone che indossavano una sorta di uniforme ed erano armati. Fu l'ennesima scusa che consentì a Tanucci di arrestare nuovamente il Principe accusandolo di "invasione armata" della città. Liberato dopo poco, Raimondo di Sangro proseguì nelle sue attività di studio, nelle sue invenzioni e nei lavori di restauro della sua Cappella fino alla sua morte, nel 1771.

La leggenda nera

Nella splendida Capitale del Regno delle Due Sicilie, la famiglia Sansevero vive nel palazzo di Piazza San Domenico Maggiore (attualmente al n. 9) che, già di per sé, gode di triste fama; si racconta infatti che nel 1590 l'allora padrone del Palazzo, il celebre compositore Carlo Gesualdo Principe di Venosa, avesse sorpreso la propria moglie Maria d'Avalos con il suo amante, il Duca Fabrizio Carafa, e li avesse uccisi per poi portarne i corpi sullo scalone e ammettere il popolo al palazzo perché potesse vedere la sua onta lavata con il sangue.

È facile, per il popolino, far nascere vicende magiche e misteriose che ben presto coinvolgono anche l'erudito e altrettanto misterioso VII Principe di Sansevero, il quale peraltro nulla fa per screditare tali dicerie, e anzi ammanta la propria vita di segretezza rinchiudendosi per giorni nei suoi laboratori alchemici, dove studia e realizza i suoi esperimenti, i suoi studi e le sue "invenzioni". Si aggiunga che, nei sotterranei del Palazzo, era stata installata una tipografia che, con i suoi rumori decisamente originali per l'epoca, ben poteva alimentare ulteriori dicerie.

Le attività "inusuali" di Raimondo, pertanto, contribuirono non poco ad alimentare una serie di leggende poco lusinghiere intorno alla sua persona, che divenne, col passare del tempo, una figura di primo piano nell'immaginario "magico" della cultura popolare napoletana. Tra le leggende sul suo conto, una diceva, ad esempio, che avesse fatto uccidere sette cardinali e che con le loro ossa e la loro pelle avesse fatto realizzare altrettante sedie; che avesse ucciso una donna che gli si negava, e un nano che la difendeva, "metallizzandone" i corpi; che riuscisse a riprodurre la liquefazione del sangue come avviene per quello di San Gennaro; che avesse fatto resuscitare alcuni gamberetti di fiume essiccati; che ottenesse il sangue dal nulla.

Dalle accuse generiche di alchimia, stregoneria e ateismo, si passò ad altre più particolari e, a quanto è dato di sapere, prive di alcun fondamento, come quella di far rapire poveri e vagabondi per ignobili esperimenti.

Ma la cattiva fama si sparse anche tra le classi elevate, a causa del comportamento tenuto nei confronti dei suoi confratelli massoni, da lui denunciati all'autorità giudiziaria, comportamento che gli valse una sorta di damnatio memoriae da parte delle logge di mezza Europa.

Alla leggenda nera contribuì anche la passione del principe per il bel canto. Stando ad una delle tante dicerie, anche questa non comprovata, Raimondo sarebbe stato solito girare per le campagne in cerca di ragazzi dalla voce adatta, li avrebbe comprati dai genitori e, dopo averli fatti castrare dal suo medico, li avrebbe fatti rinchiudere nel conservatorio di Napoli dove sarebbero stati avviati alla professione canora.

Immagini:

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view post Posted on 9/7/2008, 14:05
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Marie-Antoinette

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Sono di Napoli, e la Cappella Sansevero è nella zona dell'Università dove ho studiato.
Devo dirti, purtroppo, che la "Pietatella" fu per me una delusione.
Innanzitutto è veramente piccola, poi è immersa in una luce tetra, che mortifica gli affreschi del soffitto e non mette in risalto le sculture alle pareti.
Anche il famoso Cristo velato, che senza dubbio è un opera di scultura pregevole, non ha il necessario risalto, quasi schiacciato sul pavimento.

Le cappellette poi, con i cadaveri scarnificati per mettere in evidenza il sistema nervoso e il sistema vascolare, sono terrificanti: non danno l'idea della curiosità scientifica, ma solo un senso di morte e di squallore.

Di lui Benedetto Croce, in “Storie e leggende napoletane” scrive:
"Solo che per essere un gran signore, un principe, egli riuniva alle arti diaboliche capricci da tiranno, opere di sangue e atti di raffinata crudeltà. Per lieve fallo fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene, e li serbò in un armadio, e ancora si mostravano dal sagrestano in un angolo della chiesa; ammazzò altra volta nientemeno che sette cardinali, e dalle loro ossa costruì sette seggiole, ricoprendone il fondo con la loro pelle; all'artista che gli scolpì per la sua cappella il Cristo morto, trasparente sotto un velo di marmo, e che vi lavorò la vita intera, fece cavare gli occhi affinchè non eseguisse mai per altri così straordinaria scultura...". Il grande filiosofo continua ancora, ma dobbiamo credergli alla lettera?

Il palazzo Sansevero è oggi un condominio abbastanza trascurato, pieno di superfetazioni. L'unica cosa veramente bella è il portale del '600.

Per fortuna che hanno restaurato la guglia al centro della piazza, ed è bellissima.

Piazza San Domenico Maggiore, ma tutti i Decumani, sono la sintesi delle bellezze e degli scempi di Napoli: opere d'arte di straordinario valore spesso trascurate o abbandonate, immerse in un magma di confusione e sporcizia.
No, non è la monnezza, quella prima o poi va via: è il degrado culturale, le tracce della miseria stratificata nei secoli, l'incuria, l'ignoranza, l'indifferenza e l'incompetenza della classe dirigente, queste sono le cose che soffocano la mia città.

A proposito del crudele assassinio consumato nel '500, c'è anche la leggenda del fantasma di Maria che vaga nelle notti di luna nella vicina piazza del Gesù.

Edited by elena45 - 9/7/2008, 15:29
 
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LesCavesDuRoy
view post Posted on 9/7/2008, 14:20




CITAZIONE (elena45 @ 9/7/2008, 15:05)
Sono di Napoli, e la Cappella Sansevero è nella zona dell'Università dove ho studiato.
Devo dirti, però, che, la Cappella San Severo fu per me una delusione.
Innanzitutto è veramente piccola, poi e immersa in una luce tetra che mortifica gli affreschi del soffitto e non mette in risalto le sculture alle pareti.
Anche il famoso Cristo velato, che senza dubbio è un opera di scultura pregevole, non ha il necessario risalto, quasi schiacciato sul pavimento.

Le cappellette poi, con i cadaveri scarnificati per mettere in evidenza il sistema nervoso e il sistema vascolare, sono terrificanti: non danno l'idea della curiosità scientifica, ma solo un senso di morte e di squallore.

Il palazzo Sansevero è oggi un condominio abbastanza trascurato, pieno di superfetazioni. L'unica cosa veramente bella è il portale del '600.

A proposito del crudele assassinio consumato nel '500, c'è anche la leggenda del fantasma di Bianca che vaga nelle notti di luna nella vicina piazza del Gesù.

Davvero è ridotta così? Beh, io però sono molto curioso di vederla, anche perchè sembra che sia un vero e proprio elogio in pietra alla massoneria e all' esoterismo, un po' come quella famosa cattedrale di Rennes-le-Chateau di cui si parla ogni tanto.

Comunque della storia del fantasma di Maria d' Avalos abbiamo parlato nel topic sui fantasmi di Versailles.


 
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view post Posted on 9/7/2008, 14:32
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Marie-Antoinette

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Non ho detto che è ridotta così, ma soltanto che non è sufficientemente valorizzata, o, volutamente è tenuta così.
“Non è una chiesa – scriveva la scrittrice Matilde Serao a fine ‘800 – è una tomba. La cappella è glaciale: pavimento di marmo, marmo alle pareti, tombe di marmo,tatue di marmo……..tutto è gelido, tranquillo, serenamente sepolcrale.”
La scarsa illuminazione contribuisce a dare al visitatore una sensazione di freddezza e di mistero, per non parlare dei due cadaveri conservati in teche di vetro nel sotterraneo.
Guardare le foto, rischiarate dai flash, offre sensazioni diverse.
Comunque vale la pena vederla per i significati simbolici e i riferimenti storici.


La cappella nel suo insieme


Gli affreschi della volta.


Vincenzo di Sangro (1743-1790), il maggiore dei 5 figli di Raimondo e Carlotta Caetani dell'Aquila d'Aragona. Il ritratto, posto nella terza cappella a sinistra del tempio, è stato a lungo ritenuto un’immagine del principe Raimondo. Fonti e documenti non lasciano dubbi sul fatto che il dipinto, eseguito dal sorrentino Carlo Amalfi, ritragga invece il figlio primogenito di Raimondo. Il ritratto di Raimondo, dello stesso autore, sovrasta la tomba del principe, ma è molto rovinato.

E poi ci sono le famose sculture: alcune ricordano o raffigurano gli antenati (a partire dal I principe di Sansevero), altre hanno significato religioso. Ne cito due:


Giuseppe Sanmartino - Il Cristo velato.

Pudicizia-Cappella-Sansevero
Antonio Corradini - La Pudicizia velata: monumento funebre a Cecilia Gaetani dell'Aquila d'Aragona (+1710), la madre del principe, morta che lui aveva nove mesi.
Il monumento funebre dedicato al padre, Antonio di Sangro, è chiamato Il Disinganno. Rappresenta un uomo che lotta per liberarsi da una rete, così come fece Antonio che si ‘liberò’ di una vita dissoluta per dedicarsi a Dio.

Quest'ultima e le altre sculture le trovi qui: www.museosansevero.it/cappellasanse...rodisangro.html

Edited by elena45 - 19/7/2019, 08:07
 
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MadameDePompadour
view post Posted on 9/7/2008, 14:53




Elena mi ha citato Benedetto Croce, che per me è un mito.
Aperto e chiuso OT.
 
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LesCavesDuRoy
view post Posted on 9/7/2008, 15:12




Hai ragione Elena, è una tristezza vedere come una città come Napoli vada incontro giorno dopo giorno ad un degrado sempre maggiore: sfortunatamente i Napoletani, ma anche le autorità, non si rendono conto del grande patrimonio di questa metropoli, ma sono solo capaci a vagheggiare i bei tempi andati in cui Napoli era la città più bella del mondo, e non sono in grado di fare nulla per renderla migliore.

Elena, scusa se m' impiccio degli affari tuoi, ma per caso hai frequentato l' orientale?
 
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view post Posted on 9/7/2008, 16:28
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Marie-Antoinette

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No, sono biologa nutrizionista, con l'hobby per l'arte e per la storia, che con la biologia non c'entrano niente.

A Napoli c'è una borghesia intellettuale molto colta e molto sensibile, ma che non ha o non vuole avere voce in capitolo.
Poi c'è la borghesia commerciale, che pensa solo a far soldi, e non ha sensibilità per la cultura.
Infine il popolo bue, molto ignorante e pericoloso, che sceglie la classe politica o il personaggio di volta in volta più populista (per non dire di peggio).
Perdonatemi questa analisi sociologica molto approssimativa, ma io la vedo così.

Il Sovrintendente di Napoli, Nicola Spinosa, è una persona di grande levatura; ha organizzato delle mostre bellissime nella reggia di Capodimonte, che non è poi così degradata come si racconta. Al solito è il contesto urbano che è raccapricciante.
Ovviamente lui non può provvedere a tutto e c'è un gruppo di esperti responsabili dei vari monumenti.

Un piccolo, ma significativo aneddoto.
Nella solita Piazza San Domenico Maggiore (dove si affaccia con l'abside la basilica che dà il nome al sito) c'è una pertinenza della stessa basilica (una costruzione che risale alla fine del '200), ovvero un piccolo corpo di fabbrica a forma di parallelepipedo ornato da una cinta di merli. Orbene, è adibito a bar. E fin qui niente di male, o quasi.
Ma, raffinatezza tipica napoletana, per dire dove arriva il cattivo gusto, una ghirlanda di fiori di plastica adorna i merli medievali!
Ho scritto alla Sovrintendenza, mi hanno segnalato l'architetto responsabile del monumento, ho scritto a lui, non ho avuto risposta.
Lo so che i mali di Napoli sono ben altri, ma si comincia da qui, per costruire un'immagine dignitosa.



Questa è l'abside della Basilica di San Domenico Maggiore, L'ingresso principale ormai è desueto, e si apre più avanti in un vicoletto (chissà perche, ma è un fatto antico).

Il locale in questione è sulla sinistra in basso. Non si vede bene, ma pare che nella foto ci sia una cinta di vasi ad ornare il bordo superiore. Molto meglio, a meno che non siano anche questi in plastica.

Vogliamo parlare poi degli scempi stratificati, quelli perpetrati nel tempo, per l'ignoranza di chissà quale prelato? Guarda i balconi con i gerani e le persiane alla romana in un edificio del Trecento! Quei vasi sono sicuramente in plastica e c'è sicuramente qualche suorina che annaffia diligentemente i gerani, credendo di fare opera santa.

Edited by elena45 - 26/2/2009, 16:12
 
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celeborn36
view post Posted on 9/7/2008, 19:06




Avevo già sentito parlare di questo signore e le sue mummie...Grazie per aver postato un topic su di lui...almeno adesso ne so di più.
 
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view post Posted on 9/7/2008, 19:34
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Marie-Antoinette

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Scusate il depliant turistico, ma conoscere i luoghi dove hanno vissuto certi personaggi è per me, come ho detto altre volte, affascinante.
Ecco il Palazzo Sansevero e lo stemma dei di Sangro sul portale d'ingresso:





Salendo lungo la facciata, girando subito a destra, c’è la famosa cappella.

Il palazzo sorge sul lato Est di Largo San Domenico Maggiore: costruito agli inizi del ‘500 da un antenato del principe nero, Don Paolo di Sangro, su progetto dell’architetto Giovanni Merliano da Nola, fu rimaneggiato più volte, anche dallo stesso Raimondo. Conserva intatto il grandioso portale di marmo e piperno del ‘600.
Verso la fine dell’ottocento, un’ala dell’edificio crollò, distruggendo il cavalcavia che collegava gli appartamenti alla cappella.
Secondo la leggenda in questo palazzo il principe Carlo Gesualdo ammazzò la moglie, la bellissima Maria d'Avalos (1560-k1590) e il suo amante Fabrizio Carafa, lasciando i cadaveri sulle scale esposti al pubblico ludibrio.
P.S. Quello che le cronache non dicono è che il crudele Gesualdo creò una frotta di piccoli orfani: Emanuele, 2 anni, il figlioletto di lui e Maria; ben 6 fanciulli, il più grande di 7 anni, l'ultimo nato postumo, i figli di Fabrizio Carafa.
Altre notizie le trovi in www.napoliontheroad.com/barlettamisteri1giugno.htm

Edited by elena45 - 30/12/2016, 21:14
 
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Silenski
view post Posted on 9/7/2008, 20:11




Ho aggiornato la pagina del sito: www.baroque.it/barocco-luoghi/san-severo-barocco.php

con le parole di Croce, filosofo che però non amo affatto.

Di Sangro chiese a Nollet (vedi intervista in prima pagina di baroque) di diventare corrispondente all'accademia di Francia ma fu rifiutato, forse le sue opere non erano scientificamente interessanti.




CITAZIONE (elena45 @ 9/7/2008, 15:05)
Sono di Napoli, e la Cappella Sansevero è nella zona dell'Università dove ho studiato.
Devo dirti, purtroppo, che la "Pietatella" fu per me una delusione.
Innanzitutto è veramente piccola, poi è immersa in una luce tetra, che mortifica gli affreschi del soffitto e non mette in risalto le sculture alle pareti.
Anche il famoso Cristo velato, che senza dubbio è un opera di scultura pregevole, non ha il necessario risalto, quasi schiacciato sul pavimento.

Le cappellette poi, con i cadaveri scarnificati per mettere in evidenza il sistema nervoso e il sistema vascolare, sono terrificanti: non danno l'idea della curiosità scientifica, ma solo un senso di morte e di squallore.

Di lui Benedetto Croce, in “Storie e leggende napoletane” scrive:
"Solo che per essere un gran signore, un principe, egli riuniva alle arti diaboliche capricci da tiranno, opere di sangue e atti di raffinata crudeltà. Per lieve fallo fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene, e li serbò in un armadio, e ancora si mostravano dal sagrestano in un angolo della chiesa; ammazzò altra volta nientemeno che sette cardinali, e dalle loro ossa costruì sette seggiole, ricoprendone il fondo con la loro pelle; all'artista che gli scolpì per la sua cappella il Cristo morto, trasparente sotto un velo di marmo, e che vi lavorò la vita intera, fece cavare gli occhi affinchè non eseguisse mai per altri così straordinaria scultura...". Il grande filiosofo continua ancora, ma dobbiamo credergli alla lettera?

Il palazzo Sansevero è oggi un condominio abbastanza trascurato, pieno di superfetazioni. L'unica cosa veramente bella è il portale del '600.

Per fortuna che hanno restaurato la guglia al centro della piazza, ed è bellissima.

Piazza San Domenico Maggiore, ma tutti i Decumani, sono la sintesi delle bellezze e degli scempi di Napoli: opere d'arte di straordinario valore spesso trascurate o abbandonate, immerse in un magma di confusione e sporcizia.
No, non è la monnezza, quella prima o poi va via: è il degrado culturale, le tracce della miseria stratificata nei secoli, l'incuria, l'ignoranza, l'indifferenza e l'incompetenza della classe dirigente, queste sono le cose che soffocano la mia città.

A proposito del crudele assassinio consumato nel '500, c'è anche la leggenda del fantasma di Maria che vaga nelle notti di luna nella vicina piazza del Gesù.



Edited by Silenski - 24/1/2011, 09:35
 
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view post Posted on 12/3/2013, 21:29
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Marie-Antoinette

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I Di Sangro o Sangro sono una famiglia nobile di origine francese con diramazioni a Napoli, in Abruzzo e in Puglia, che ha posseduto molti feudi nel regno di Napoli.
Hanno come capostipite Odorisio primo conte di Castel di Sangro, in provincia dell'Aquila, feudo dal quale i discendenti trassero il cognome.


Castello di Bugnara, in provincia dell'Aquila, dopo il terremoto del 2009, una delle antiche residenze dei di Sangro; nel'300 Matteo di Sangro (+1346) risulta Signore di Bugnara, che rimane a questa famiglia fino all'estinzione del ramo dei Baroni di Bugnara nel 1759 con Vittoria Mariconda di Sangro.
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Poco conosciuto, ma affascinante il castello medievale di Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, appartenuto ad un antenato diretto del principe Raimondo, di cui non andava certo fiero: Paolo di Sangro (+<1455), capitano di ventura, al servizio degli Angioini, passò dalla parte degli Aragonesi nella storica battaglia di Sassano che vide vittorioso Alfonso d'Aragona.





La cosa interessante è che sul lato orientale del castello ci sono due stemmi:


Il primo è lo stemma dei di Sangro (tre bande oblique), sormontate però da un drago alato che regge due gigli angioini capovolti, simbolo del tradimento; il secondo è lo stemma dei Carafa della Spina, ai quali il 1° principe di Sansevero, Gianfrancesco di Sangro (1523-1604), alienò il castello nella seconda metà del '500. Vescovo della diocesi cui apparteneva il castello in quel periodo era Carlo Carafa della Stadera, dei conti di Montecalvo (1535-1608), ma non è dato sapere chi fosse il nuovo proprietario del castello (che fu presto rivenduto).

Tratto da https://castlesintheworld.wordpress.com/20...itacampomarano/
www.francovalente.it/2008/03/10/il-...itacampomarano/

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Molto antico è pure l'insediamento della famiglia in Puglia, risalente alla seconda metà del '300, con Nicola I di Sangro, signore di Bugnara e anche di Torremaggiore, in provincia di Foggia. Severo ed essenziale il castello avito conserva le antiche torri medievali: qui nacque il principe Raimondo nel 1710 e a soli nove mesi fu affidato ai nonni paterni, Paolo e Gerolama: la madre morta, il padre omicida era in fuga, le sei zie erano tutte monache (!).

Il castello si trova a pochi chilometri da Fiorentino, dove morì Federico II.



Il castello di Torremaggiore prima ancora dei di Sangro fu dimora dei Cavalieri templari. La famiglia del principe mantiene il feudo con alterne fortune legate al succedersi delle dinastie angioina e aragonese nel regno di Napoli. Con l'avvento di Carlo V, un novello Paolo di Sangro (+1533), pronipote del suddetto, diventa marchese di Torremaggiore, titolo che rimarrà fino all'ultimo discendente diretto.
Eccolo, l'ultimo principe di Sansevero:

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Il principe Michele di Sangro (1824-1890) / Elisa Croghan (1845-1912), la sua fedele compagna.

Per quanto sofisticato e luciferino era il suo trisavolo, così romantico e magnanimo era Michele. Si innamorò follemente di una nobildonna napoletana, ma l'amore fu osteggiato dalle famiglie, per cui, alla fine, la fanciulla sposò un altro. Qualche tempo dopo, la fiamma si riaccese e i due amanti fuggirono proprio a Torremaggiore, dove nacquero due bambini. Lo scandalo indusse il re Ferdinando II ad esiliare il principe che si rifugiò a Parigi. Ma non bastò, perchè l'amata e i due bambini lo seguirono e si imbarcarono per la Francia: purtroppo, durante il viaggio, la nave fece naufragio e i tre affogarono.
A Parigi Michele conobbe il botanico Ugo Croghan e sua figlia Elisa, che si innamorò di lui. Quando con la caduta dei Borboni, il principe decise di tornare in Italia, Elisa lo seguì. Si stabilirono a Torremaggiore, dove fondarono un'azienda agricola all'avanguardia.
Alla sua morte Michele di Sangro destinò tutto il suo enorme patrimonio ad opere di pubblica utilità, per lo sviluppo dell'economia agricola nella regione della Capitanata. Ancora oggi l'Istituto Agrario è intitolato a suo nome.
I titoli passarono al nipote Michele d'Aquino di Caramanico, figlio della sorella Teresa; i suoi discendenti sono ancora viventi.

P.S. La storia del naufragio è riportata da alcun i siti, ma non c'è precisione nell'indicare il nome della sventurata. Alcuni dicono che si chiamasse Elisabetta e fosse figlia del principe Ruffo d'Espinosa (?). I bambini erano due maschietti e si chiamavano Gerardo e Raimondo.
Altri ritengono che si trattasse della nobildonna Elena Filomarino della Rocca (1820-1854), moglie del duca Girolamo Ruffo di Bagnara. Effettivamente la poverina, madre di 6 figli, annegò nel naufragio della nave Ercolano, che entrò in collisione con il piroscafo Sicilia, al largo di Antibes e Villefranche, nell'aprile del 1854: la principessa morì con uno dei suoi figlioletti, Giulio Raimondo, di sei anni.
Se qualcuno ha notizie più precise, gliene sarei grata.

Edited by elena45 - 30/7/2018, 13:31
 
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view post Posted on 13/3/2013, 13:07
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Arciduca /Arciduchessa

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Dopo aver letto l'ultimo post di Elena, ho rivisto tutto il topic.
Volevo riallacciarmi a quello che ha detto Elena su Napoli. Scrivo un pensiero di Hermann Hesse che condivido totalmente: "Penso spesso che se tutte le case e le strade avessero un aspetto gradevole e ordinato e nobile, la gente sarebbe necessariamente gentile e amabile".
Io questa frase la intendo così: che se quello che ci circonda è tenuto bene, è armonioso, non puoi non averne cura, rispetto.
I napoletani sono forse tra i più gentili e amabili degli italiani ma, come dice Elena non si curano affatto della bellezza che li circonda, anzi la degradano.
Mi sembrava di aver letto in qualche altra discussione che tu sei di Salerno. Da quello che leggo, Salerno, ad es., è un'isola felice tra tante altre città della Campania. Sono state fatte tante cose per migliorarla, con grande successo.Quindi si potrebbe dedurre che a volerle le cose, si possono ottenere! Anche in un contesto difficile e forse un pò restio a cambiare.
Il mio è probabilmente un parere un pò superficiale, ma penso che quando uno ama la propria città e la vede non amata, non rispettata, trattata male, soffre enormemente.
 
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view post Posted on 13/3/2013, 14:34
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Marie-Antoinette

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A dire il vero, mi divido tra Napoli e Salerno, perchè abito a metà strada. Napoli è la città che mi è più cara, perchè lì ho studiato, ho frequentato persone e luoghi. Salerno, fino a qualche tempo fa, era una cittadina molto provinciale, brutta e trascurata. Poi, per fortuna, è emersa una classe dirigente, che, nonostante gli errori e le critiche, ha cambiato il volto della città: ora è molto più gradevole, dinamica, e, cosa non da poco, molto pulita.
Purtroppo, devo dirlo, a Napoli soprattutto, non è molto sviluppato il senso di appartenenza alla comunità, il rispetto della cosa pubblica e dell'interesse generale, mentre sono ancora diffusi egoismo e familismo.
Non è facile vivere qui: alla fine si è portati a isolarsi e rassegnarsi.
 
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farouche64
view post Posted on 14/11/2013, 11:00




..…degli antichi duchi di Borgogna


si narra che il giovin Michele De Sangro, degli antichi duchi di Borgogna, Conte dei Marsi, ultimo principe di San Severo e di Castelfranco, duca di Torremaggiore, marchese di Castelnuovo e di Casalvecchio, Barone di Fiorentino e di Dragonara, utile di Cantigliano, di Torre e Porto di Fortore e di Sant’Andrea, Grande di Spagna di prima classe, durante uno dei suoi soggiorni nella capitale partenopea si fosse innamorato, contraccambiato, della figlia del principe Ruffo-d’Espinosa, Elisabetta.

Il loro rapporto era appassionato ed ostacolato e col tempo si raffreddò sicché, ella, trascorso del tempo, convolò a nozze non desiderate con altro nobile di pari rango…
Il De Sangro continuò a corteggiare la bella del cuore la quale, riaccesasi la fiamma della passione, abbandonò il marito per seguire il Principe. I due amanti si nascosero e rifugiarono presso la masseria Camerata di Torremaggiore che divenne la loro alcova.


Nacquero due bambini - Raimondo e Gerardo - e questo per l’epoca fu di grandissimo scandalo, ma a causa dell’intervento del Re Ferdinando II, a cui erano ricorsi il marito ed il padre di Lei, Michele, esiliato, dovette rifugiarsi a Parigi dove provvide a far costruire una splendida villa sulla Senna in cui avrebbe ospitato la sua ostacolata famiglia.


Approntato che fu il nido d’amore chiamò a raggiungerlo Elisa con i figli. Durante il viaggio che la Contessa Ruffo affrontò per raggiungere l’amato, durante un violento fortunale, i suoi bambini vennero scagliati in mare; ella si tuffò nel tentativo di salvarli, ma nella furia delle onde perirono tutti.





Il Duca di Torremaggiore cadde nello sconforto per la disgrazia occorsagli e si fermò stabilmente a Parigi per non incorrere nelle rappresaglie e per fuggire il ricordo della felicità trascorsa.
Quivi strinse amicizia con Ugo Croghan, eccellente botanico inglese, il quale gli aprì i misteri della propria scienza, che tanto gli sarebbero tornati di giovamento nella coltivazione dei suoi latifondi.
L’avvenente figlia di questi Elisa, che frequentava il magnifico palazzo De Sangro di Parigi, attratta dal bel principe partenopeo, se ne invaghì. Egli cedette alle lusinghe della ragazza, che era di vent’anni più giovane di lui, facendone la compagna inseparabile dei suoi giorni, anche se non dimentico dell’amore e del ricordo della contessa Ruffo…


Negli anni trascorsi a Parigi Michele De Sangro si dedicò allo studio alacre dell’agricoltura, visitò i più celebri istituti agrari della Francia dalla scuola di Grignon ai metodi agrari della Gran Bretagna.
Intorno al 1870, allorché si istallò la Repubblica in Francia e decaddero i Borboni in Italia, il Duca, accompagnato dalla Elisa Croghan, ritornò in patria, a Torremaggiore.


Qui, avvalendosi degli studi fatti e dei consigli dell’illustre botanico Croghan padre di Elisa, si prese cura dei suoi estesi fondi, migliorando i metodi di coltivazione, sostituendo alla forza dei cavalli e degli uomini, quella del vapore, facendo giungere dall’Inghilterra e dall'America nuove macchine agrarie. Avviò così un complesso percorso di trasformazione del territorio sempre più ricoperto da vigneti ed oliveti.




In questo contesto furono impiantati nuovi oliveti ed innestati quelli esistenti con la varietà importata da quella soave terra francese, la Provenza, di cui Egli stesso era originario (la Borgogna era un tempo l’alta Provenza) e che ben sposò l’ambiente adottivo dando come prodotto quel nettare dorato dall’inconfondibile gusto e profumo.



Il Duca fu il primo ad introdurre in Puglia e ad impiantare per proprio uso a Torremaggiore, nel Trappeto posto in tre vasti ambienti suddivisi da due archi nel fossato dell’ala sud del Castello, il Mulino a Fuoco e i torchi per trarne l’olio, nel numero di quattro muniti ciascuno della relativa fossa di raccolta e di un frantoio con macina, tutti di felicissima invenzione che venivano curiosati da non pochi abitanti dei paesi circonvicini”

... mi risulta esservi un giornale dell'epoca che racconta la cronaca del naufragio, inoltre a Torremaggiore, dove è conservato un busto della madre dei figli di Michele De Sangro, non si ha notizia che questa non potesse essere la contessa Elisabetta Ruffo d'Espinosa... Da tempo anch'io cerco altre notizie in merito ed immagini di questa donna di cui si vorrebbe meglio raffigurare la storia e il contesto in cui è vissuta. Certo Ella sarà stata un' onta per la propria stirpe e questa potrebbe essere la ragione per la quale non vi è traccia della sua seppur breve vita !

Prego contattarmi in privato per ogn'altra informazione.
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view post Posted on 18/11/2013, 14:16
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (farouche64 @ 14/11/2013, 11:00) 
Nacquero due bambini - Raimondo e Gerardo - e questo per l’epoca fu di grandissimo scandalo, ma a causa dell’intervento del Re Ferdinando II, a cui erano ricorsi il marito ed il padre di Lei, Michele, esiliato, dovette rifugiarsi a Parigi dove provvide a far costruire una splendida villa sulla Senna in cui avrebbe ospitato la sua ostacolata famiglia.

Approntato che fu il nido d’amore chiamò a raggiungerlo Elisa con i figli. Durante il viaggio che la Contessa Ruffo affrontò per raggiungere l’amato, durante un violento fortunale, i suoi bambini vennero scagliati in mare; ella si tuffò nel tentativo di salvarli, ma nella furia delle onde perirono tutti.

Questo è il sito genealogico a cui mi riferisco: www.genmarenostrum.com/pagine-lette...i%20bagnara.htm
Parla della moglie di Girolamo Ruffo (1814-1888), principe di Spinoso, sposato in prime nozze, nel 1838, con Elena Filomarino (1820-1854), morta in un naufragio.
Cita ben 8 figli, di cui sei viventi all'epoca del naufragio e l'ultimo, Raimondo Giulio, (1848-1854) perito lo stesso anno del naufragio, senza specificare come.
Può essere solo una coincidenza, quindi Elena Filomarinio non c'entra niente con la storia d'amore del principe San Severo.
Tanto più che le date non coincidono:

Il re Ferdinando II muore nel 1859, quindi i bimbi della coppia nascono, e lo scandalo scoppia, prima di quell'anno.
Elisa Croghan nasce in Inghilterra nel 1845 e si trasferisce a Parigi a 16 anni, nel 1861, con suo padre Ugo, botanico di grande fama.
Nel 1862 il principe Michele lo interpella durante i lavori di edificazione di Villa San Severo, una grande casa ai margini della Senna, perché ne curi i giardini.
Poco dopo apprende la notizia del naufragio e solo più tardi, quando Elisa è diciannovenne, si innamora di lei.
Quindi il naufragio si colloca tra il 1862 e il 1864.

Edited by elena45 - 19/7/2019, 08:09
 
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