Siamo nel 1790 un anno prima della famosa e tristissima fuga di Varennes, la famiglia reale si trova a soggiornare per l’estate a Saint-Cloud e il conte
Valentin Esterhazy scrive nelle sue memorie a proposito di un giorno di caccia col re:
“ Un giorno uscì [il Re]verso le alture di Saint-Cloud e da una porta del parco, solitamente chiusa che fece sfondare. Scendemmo verso la piana presso Rueil e dopo aver passato il ponte di Chatou, entrammo nella foresta del Vésinet. Il punto di ritrovo era a Butard e noi gli voltavamo le spalle. Quando fummo alla rotonda di Vésinet il re girò a destra e allungando il passo del cavallo prese la strada di Maisons. Ero certo quindi che fosse determinato a scappare. La Regina aveva fatto preparare dei calesse per andare a passeggio nello stesso momento di suo figlio e Madame Elisabeth. Credevo che tutto fosse pianificato, che avremmo trovato un’imbarcazione per attraversare la Senna, e che delle carrozze, dall’altro lato ci avrebbero portato sulla strada per Chantilly dove M. il principe di Condé aveva tutti i cavalli che potevano essere distribuiti sul tragitto, per portare il Re al centro del suo esercito, dove avrebbe trovato dei fedeli servitori.
La stessa idea venne anche al
duca di Brissac, e facendoci l’occhiolino, rimanemmo un po’ indietro per comunicarci i nostri sospetti. Il risultato della nostra conversazione fu quella che avremmo osservato ogni ufficiale nazionale e che al momento dell’attraversamento del fiume, se uno di loro si fosse opposto o non fosse stato disposto a seguirci, gli avremmo passato attraverso il corpo il nostro coltello da caccia; era la sola arma che avevamo; loro avevano, le loro spade e le loro pistole; ma speravamo di non poter dar loro il tempo di servirsene, quando il Re si fermò e ordinò al suo scudiere di far venire la posta di Butard al ponte di Pecq.
Quest’ordine distrusse le nostre speranze e più ci pensai in seguito ho visto come la fuga fosse stata facile. Noi rientravamo qualche volta a notte fonda e saremmo stati al di là di Chantilly, prima che si accorgessero della nostra fuga, evitando facilmente i villaggi e seguendo le strade di caccia di Chantilly, d’Hallette e di Compiègne, dove la posta di M. il principe di Condé poteva essere collocata senza provocare alcun sospetto.
Rientrando dissi alla Regina la speranza che avevamo avuto e come vedevo la decisione di una fuga come necessaria, dato che avevamo abbastanza libertà per metterla in atto. Lei mi disse che pensava la stessa cosa, che sperava di convincere il Re quando fosse giunto il momento; che quanto a lei, era decisa a non separarsi da lui e ha seguire le sorti che il destino le avrebbe preparato”