Piccola aggiunta: i Depaato chiudono presto e negli ultimi dieci minuti il cibo va in vendita a prezzi ridicoli, tanto dovrebbe essere buttato. Perciò è molto conveniente precipitarsi in quel momento esatto ai piani food. Quando non avevamo voglia di mangiare fuori facevamo un passaggio, un quarto d'ora prima dellla chiusura, e tornavamo in albergo con dei bei pacchetti: sushi, norimaki, gamberoni fritti a prezzi stracciatissimi. Un paio di lattine di "biru", in Giappone la birra è molto popolare e ne esistono un'infinità di tipi, e la cena era fatta.
Mangiare in Giappone costa generalmente molto poco, purché si rimanga sul nazionale, se ci si vuole spostare sull'internazionale le cose cambiano molto. Comunque solitamente si rimane nei limiti a cui siamo abituati qui da noi. Invece si sballano i budget se ci si vuole avvicinare alla cucina storica cioè il
kaiseki ryori, stile codificato dal Cinquecento e rimasto esattamente invariato. Si sono conservati manuali dell'epoca, pieni di disegni, che consentono di ricostruire anche la forma delle preparazioni.
Ancora più ricercato il cha-kaiseki cioè la cucina tradizionale che accompagna la cerimonia del tè in forma "estesa". I ristoranti kaiseki possono essere proibitivi, come alcuni piccolissimi a Pontocho (un quartiere storico di Kyoto) e gli stranieri, anche se con disponibilità, difficilmente sono ammessi.
Una curiosità: il primo libro di
"Banana" Yoshimoto, Kitchen (キッチン Kicchin), 1988, narra appunto di una ragazza che va matta per la cucina e ha proprio come hobby il kaiseki.