Élisabeth-Charlotte von der Pfalz Simmern (Heidelberg, 27 maggio 1652 -Saint-Cloud, 8 dicembre 1722), Duchessa d'Orléans, era figlia dell’Elettore Palatino Karl Ludwig (1617-1680) e Charlotte di Hessen-Cassel (1627-1686).
Il suo nome è molto frequentemente riportato erroneamente, per lo più come Élisabeth-Charlotte di Baviera, altrettanto errato è l’appellativo comune di Principessa Palatina, che invece era il modo in cui in Francia era chiamata sua zia, Anna di Gonzaga di Clèves, moglie di suo zio Edoardo e figura estremamente intrigante durante la Fronda. Sul contratto di nozze figura il titolo di “Elisabeth-Charlotte, Princesse Electorale Palatine du Rhin”, e la confusione sul cognome deriva dalla sua appartenenza al ramo principale della famiglia dei Wittelsbach, che regnava sulla Baviera. A Corte le spettava il titolo di Madame, come moglie del primo Figlio di Francia, ma per tutto il suo parentado tedesco ha sempre portato il nomignolo di Liselotte.
Nella piccola ma colta corte di Heidelberg Liselotte fu allevata nella fede protestante, e in seguito al divorzio dei genitori si trasferì all’età di sei anni presso la zia Sofia, Duchessa di Hannover, con la quale avrà un rapporto molto intimo per tutta la vita. La zia le fece impartire una buona educazione, eminentemente umanista: Liselotte conosceva Montaigne e Rabelais, amava la libertà e la natura; del resto, non si sentì mai completamente a suo agio a Versailles, dove regnava un’etichetta rigida, tanto che Saint-Simon ci dice che con un orologio ed un almanacco si poteva sapere sempre dove fosse e che cosa stesse facendo il Re anche stando a cento miglia di distanza dalla Corte.
Fu la seconda moglie di Philippe de France, Duca d'Orléans, detto Monsieur, fratello minore di Luigi XIV, e vedovo di Henriette Anne Stuart da cui aveva avuto tre figli; le nozze furono celebrate il 21 novembre 1671. Da questo matrimonio nacquero tre figli, tra cui Philippe II d'Orléans (1674-1723), che ebbe la reggenza del regno di Francia durante la minore età di Luigi XV, ed Élisabeth-Charlotte (1676-1744), che sposò Leopoldo I duca di Lorena e fu all’origine del ramo degli Asburgo-Lorena nonché nonna materna di Maria Antonietta.
In via tra Heidelberg e Versailles si convertì al cattolicesimo, in una chiesa di Metz: è infatti impensabile che della famiglia di Sua Maestà Cristianissima, Luogotenente di Dio sulla Terra, possa far parte un protestante: la conversione di Madame fu un pro forma, lei continuò a leggere la sua bibbia in tedesco, e condivise nella corrispondenza diversi dubbi sulla religione; col tempo mal si abituò all’aria bigotta che la marchesa de Maintenon fece prendere alla Corte; per tutta la vita non si capaciterà mai di come le persone possano arrivare a distruggersi per dei punti che lei reputa minori. Il temperamento spontaneo e franco di Madame poco si adattava alla vita del cortigiano, intessuta di intrighi e di relazioni di puro interesse: questo la portò ad essere abbastanza schiva, e spesso derisa dalla nobiltà o vittima di soprusi ed incidenti anche da parte del suo stesso marito o del Re.
La vita matrimoniale di Madame è per così dire blanda: Monsieur è gay, la sua relazione con il Cavaliere di Lorena è notoria, e si sposa soltanto per dovere verso la Corona, al fine d’assicurare altri eredi al trono, in caso la malconcia discendenza di Luigi XIV dovesse estinguersi prima del Re, cosa che fu quasi sul punto di accadere quando ne morirono il figlio Luigi il Gran Delfino ed il nipote Luigi Duca di Borgogna, mentre il bisnipote -il futuro Luigi XV- si salvò miracolosamente dal vaiolo. Una volta esaurito il suo dovere dinastico, Monsieur decise di lasciare in pace Madame, cosa che rese felici entrambi, e di tornare ai suoi favoriti, cosa che preoccupò molto Madame, visto che il Cavaliere di Lorena aveva quasi certamente avvelenato la precedente Madame, e che un altro, il marchese d’Effiat, rischiava di diventare il precettore di suo figlio.
Il 26 maggio 1685 muore senza lasciare eredi il fratello di Liselotte, Karl II Ludwig del Palatinato. Luigi XIV fece appello ad una clausola del contratto di matrimonio della cognata, e reclamò a suo nome il Palatinato renano e le città di Oppenheim, Simmern, Kaiserslauten, Sponheim, dando così inizio alla Guerra della Grande Alleanza: in realtà l’obiettivo era già stato in passato di instaurare una sovranità francese nella zona, lasciando al defunto Karl Ludwig l’usufrutto delle sue terre. Questa faccenda influì notevolmente sull’umore di Madame e sui suoi rapporti con il Re; una buona parte dei territori palatini fu rasa al suolo, e per colmo dello smacco i francesi raccolsero i tributi a nome di Liselotte. Liselotte considerò sempre il maresciallo Vauban come il responsabile della morte di suo padre e di suo fratello.
Madame ha uno spirito vivo, indipendente e un senso della famiglia molto forte. Una volta libera dai doveri coniugali -scriverà in una delle sue lettere “Chissà se dopo diciannove anni si ritorna vergini?”- inizia una fitta e copiosa corrispondenza, in prevalenza coi suoi familiari palatini ma non solo: colta, intelligente e curiosa, segue lo svilupparsi delle idee de l suo tempo, e tra i suoi corrispondenti annovera Leibnitz.
Si stima abbia scritto circa 60000 lettere, delle quali circa metà in francese, il resto in tedesco; purtroppo non tutte sono state conservate, ad esempio ne restano circa 4000 in tedesco a Sofia di Hannover, circa 1400 in tedesco ai fratellastri e così via, e 849 in francese. Non è bella, e lo sa bene, ma è tuttavia di aspetto gradevole all’epoca del matrimonio, che però cambierà abbastanza in fretta, tanto che nel 1698 scriverà ai suoi fratellastri:
“Essere belli non ha alcun valore, ed un bel viso fa in fretta a cambiare. Solo una buona indole va bene per ogni età, e Voi dovete proprio avermi dimenticata se non mi includete tra i brutti; brutta lo sono sempre stata, ogni giorno della mia vita ed ancor più adesso per via del vaiolo. La mia taglia, inoltre, è mostruosa, grassa al punto da essere quadrata come un cubo; la mia pelle è rossiccia e macchiata di giallo, i miei capelli cominciano già ad essere tutti grigi, occhi e fronte sono molto rotondi ed il naso è curvo come è sempre stato, ma tutto contornato da pustole così come le guance che sono anche pallide. Ho le gote grosse, i denti accavallati e la bocca anche è un po’ cambiata, essendo diventata più grande e grinzosa. Così è fatta la mia bella faccia”
Liselotte rimane tedesca dentro, rimpiange la sua infanzia ad Heidelberg ed i crauti del suo paese, detesta la corte e l’etichetta, che per esempio le impedirà di andare a trovare la figlia partoriente data l’impossibilità di accordarsi sul tipo di trattamento che avrebbe dovuto ricevere; è una testimone attenta ed implacabile di vizi e virtù, denuncia a tutta l’Europa la depravazione dei costumi e l’imperio del bigottismo e della bigotta Maintenon, che nelle sue lettere tratta tranquillamente di “vecchia troia”, “pantocrate”, “vecchia rinsecchita del grand’uomo”, “porcheria”, “vecchia mona”. Madame non ha falsi pudori, non si fa problemi ad usare parole volgari, e ogni tanto troviamo qualche aneddoto pecoreccio sotto la sua penna, il cui culmine è la cosiddetta “Lettera delle porcherie”, citata anche dai Goncourt, che scrisse alla zia Sofia per spiegarle i disagi della vita a Fontainebleau (“Voi siete fortunata di poter andare a c... quando volete...”), cui la tanto aulica Sofia di Hannover rispose sullo stesso tono: “È un piacevole ragionamento di merda quello che fate...”; troviamo anche descrizioni e similitudini poco simpatiche per i bastardi di Luigi XIV e della marchesa di Montespan: il duca du Maine è “il monco”, il conte di Tolosa “il rospo” o “la cacca di topo”; la sorella di lui, che a gran detrimento Madame si ritrova per nuora, è “uguale a un culo come due gocce d’acqua”.
Saint-Simon ci lascia un racconto memorabile di uno schiaffo che Madame diede al figlio Phlippe quando Luigi XIV ne annunciò il matrimonio, tanto forte da far rimbombare tutto l’appartamento di madame de Maintenon, dove avvenne la scena: Liselotte era troppo cosciente del suo rango e di quello del figlio per essere felice di vederlo abbassarsi a sposare la figlia di un duplice adulterio; madre attenta e sagace, rimprovera sempre al futuro reggente le frequentazioni equivoche e i comportamenti dissoluti, a maggior ragione perché conosce bene la sua intelligenza (“le Fate hanno fatto tutti i doni a mio figlio quand’è nato, tranne quello di saperne far buon uso”); le lettere -quasi tutte distrutte, purtroppo- a sua figlia in Lorena sono piene di consigli materni.
Madame morì nel 1722, avendo avuto la felicità di vedere il figlio divenire Reggente di Francia nonostante le macchinazioni della Maintenon per assegnare il ruolo dl duca du Maine.
Il giorno prima di morire disse a suo figlio Phlippe: “Piangete, figlio mio? Credevate fossi immortale? Non sapete che per i cristiani non ci si deve augurare di vivere che per imparare a morire?”. Si spense alle 3:30 dell’8 dicembre 1722. Riferiscono che “lo stesso giorno della morte di Madame vi fu un’eclissi di sole, dalle due fino alle quattro”
Bibliografia:
· Daniel des Brosses, La Palatine: l'incorrigible épistolière aux 60 000 lettres. AkR, 2004, 156 pagine, ISBN 2913451209.
· Dirk Van der Cruysse, Madame Palatine, princesse européenne, Ed. Fayard, 1988, 748 pagine, ISBN 2213022003
· Dirk Van der Cruysse, Lettres françaises, Fayard, 825 pagine, 1989, ISBN 2213023654
· Simone Bertière, Les Femmes du Roi-Soleil, Éditions de Fallois, 1998, ISBN 2253147125
· Françoise Hamel, "Fille de France", Plon, 302 pagine, 2004, ISBN 2259199291
· Françoise Hamel, "Madame écrit", Plon, 309 pagine, 2005, ISBN 2259202268
· Principessa Palatina, Lettere, Sellerio, 200 pagine, 1988, ISBN 8838904715
Edited by Nefer Snefru - 6/9/2010, 19:09