| Dalle memorie della Contessa de Boigne:
“…Il Re andava al coucher. Quello che chiamavano coucher aveva luogo tutte le sere alle nove e mezza, gli uomini della corte si riunivano nella camera di Luigi XIV (che non era quella dove dormiva Luigi XVI) credo che tutte le persone presentate vi avevano accesso, il Re vi arrivava da uno stanzino interno seguito dal suo servizio, aveva i capelli “pettinati” e aveva tolto le decorazioni degli ordini, senza fare attenzione a nessuno, entrava nella balaustrata del letto; l’elemosiniere di giornata riceveva dalle mani di un valletto di camera un libro di preghiere ed un grande candelabro a due candele; seguiva il Re all’interno della balaustrata, gli dava il libro e teneva il candelabro durante la preghiera che era corta. Il Re rientrava nella parte della camera occupata dai cortigiani; l’elemosiniere rendeva il candelabro al primo valletto di camera; questi lo portava alla persona designata dal Re che lo teneva per tutta la durata del coucher. Era una distinzione molto ricercata; così nei salotti della Corte, la prima domanda fatta alle persone al ritorno dal coucher era: “ chi ha avuto il candelabro?” e la scelta, come capita ovunque in ogni tempo, si trovava raramente approvata. Veniva tolto l’abito al Re, poi la veste ed infine la camicia; rimaneva nudo fino la cintura grattandosi e sfregandosi come se fosse stato solo, in presenza di tutta la corte e spesso di molti stranieri di distinzione. Il primo valletto di camera dava la camicia alla prima persona qualificata, ai principi del sangue se ce n’erano di presenti, questo è un diritto e non un favore. Se aveva familiarità con la persona il Re faceva spesso delle finte per metterla, la evitava, passava vicino, si faceva inseguire e accompagnava questi bei divertimenti con delle grandi risate che facevano soffrire le persone che gli erano sinceramente attaccate. Una volta messa la camicia, metteva la vestaglia di camera; tre valletti di camera slacciavano contemporaneamente la cintura e il cinturino alle ginocchia della culotte, che ricadeva fin sui piedi; ed è così combinato, non potendo camminare con degli ostacoli così ridicoli, che cominciava, trascinando i piedi, il giro dei cortigiani, la cui durate era tutt’altro che fissa; a volte si trattava di qualche minuto, altre volte anche un’ora, dipendeva dalle persone che vi si trovavano. Quando non c’erano dei releveurs, così chiamavano i cortigiani quelle persone che sapevano far parlare il Re, il tutto non durava più di dieci minuti. Tra i releveurs il più abile era il conte di Coigny: aveva sempre cura di scoprire la lettura attuale del Re e sapeva molto abilmente portare la conversazione su quello che prevedeva lo avrebbe messo in risalto. Così il candelabro gli arrivava frequentemente, e la sua presenza offuscava le persone che desideravano che il Coucher fosse corto. Quando il Re ne aveva abbastanza si trascinava indietreggiando verso una poltrona che gli avevano portato al centro della camera, ci si lasciava cadere pesantemente alzando le gambe; due paggi in ginocchio se ne impadronivano simultaneamente, toglievano le scarpe al Re e le lasciavano cadere con un rumore che era di etichetta, nel momento in cui lo sentiva, l’usciere apriva la porta dicendo: “Andate Signori”. Tutti se ne andavano e la cerimonia era finita. Tuttavia la persona che teneva il candelabro poteva rimanere se aveva qualcosa di particolare da dire al Re e questo spiega il valore che si dava a questo strano favore…”
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