| Sempre dalle memorie della Contessa de Boigne:
“…Madame Adélaïde, che mi viziava con tutto il suo cuore, mi fece raccontare, un giorno, un racconto di fate di mia invenzione. La fata aveva fatto dono alla principessa di un palazzo di diamanti, con tutta la magnificenza che ne consegue, e per finire, l’eroina aveva trovato in un secretaire di granato un tesoro di cento pezzi da sei franchi. Mme Adélaïde fece tesoro di questa storia, e con tutta la grazia possibile ottenne da mia madre il permesso di farmi trovare nel mio piccolo secretaire, che non era di granato, cento pezzi da sei franchi, con un biglietto con scritto “cento pezzi da sei franchi per Adéle”, proprio come si era fatto per la principessa del racconto. Non sono sicura che all’epoca potessi contare fino a cento, ma mi ricordo il sussulto a quella vista. Alla fine i miei genitori passarono tutta l’estate a Bellevue; la mia camera era al piano terra, e dava sulla corte. Mme Adélaïde faceva quotidianamente delle grandi passeggiate per controllare i suoi operai. Mi chiamava passando; mi mettevo il cappello, saltavo dalla finestra e partivo con lei, senza serva. Lei era seguita da un numero abbastanza ragguardevole di valletti e da una piccola vettura trainata da un cavallo e portata a mano, nella quale lei non entrava mai e che io occupavo spesso. Durante il tragitto mi piaceva correrle a presso e fare con lei quella che io chiamavo conversazione. Per rivale e per amico avevo un grosso Barbet bianco, molto intelligente, che partecipava alle nostre passeggiate. Quando si incontrava un po’ di fango sul cammino, lo si metteva in un grande sacco di tela e due uomini addetti al suo servizio lo portavano. Per quanto mi riguarda io ero molto fiera di saper scegliere il mio cammino senza inzaccherarmi come lui. Rientrati al castello, disputavo a Vizir la sua cuccia di velluto rosso, che mi lasciava usurpare più volentieri per non lasciarmi le cialde che sbriciolavano per noi sul parquet. Sovente la buona principessa (Mme Adélaïde) si metteva a quattro zampe e correva con noi per ristabilire la pace e per ottenere il premio della corsa. La vedo ancora con la sua figura secca, il suo vestito violetto a pieghe (era la divisa di Bellevue), il suo bonnet a farfalla, e due grandi denti, i soli che le restavano. Era stata molto bella ma a quell’epoca, era abbastanza brutta e tale mi sembrava…”
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