| Quello che però all'epoca non sapevano (?) né ancora oggi si mette in luce è che il re di Francia nell'alto Medioevo contava quanto il due di picche. Insomma, uno poteva anche essere re di Francia, ma altri feudatari con titoli "minori" (duchi) potevano essere non solo molto più potenti, ma anche più considerati e più illustri. Ovviamente non c'è bisogno di dirlo, ma all'epoca il re di Francia non era nessuno se paragonato all'Imperatore (che ricordiamolo, formalmente romano-germanico, ma sempre e solo romano, Cesare, Augusto per tutti). Credo si abbia la tendenza a retrodatare l'importanza e la grandezza del titolo di re di Francia dell'epoca moderna all'epoca medioevale, quando il titolo nacque e piano piano si consolidò. Al contrario, invece, il titolo imperiale ha sempre avuto enorme importanza a livello formale (dalla sua nascita alla sua morte nel 1806), mentre a livello pratico, dopo l'epoca di Carlo V, perde sempre più consistenza politica. Certo queste cose Maria Antonietta e Giupa non potevano saperle... sarebbe stato carino (?) se la "colta" figlia dei Cesari avesse risposto alla battuta di Artois con i versi del più grande poeta del Medioevo (e non solo del Medioevo):
Io fui radice de la mala pianta che la terra cristiana tutta aduggia, sì che buon frutto rado se ne schianta.
Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia potesser, tosto ne saria vendetta; e io che la cheggio a lui che tutto giuggia.
Chiamato fui di là Ugo Ciappetta, di me son nati i Filippi e i Luigi per cui novellamente è Francia retta.
Figliuol fu' io d'un beccaio di Parigi: quando li regi antichi venner meno tutti, fuor ch'un renduto in panni bigi,
trova' mi stretto ne le mani il freno del governo del regno, e tanta possa di nuovo acquisto, e sì d'amici pieno,
ch'a la corona vedova promossa la testa di mio figlio fu, dal quale cominciar di costor le sacrate ossa.
Mentre che la gran dota provenzale al sangue mio non tolse la vergogna, poco valea, ma pur non facea male.
Lì cominciò con forza e con menzogna la sua rapina; e poscia, per ammenda, Pontì e Normandia prese e Guascogna.
Carlo venne in Italia e, per ammenda, vittima fé di Curradino; e poi ripinse al ciel Tommaso, per ammenda.
Tempo vegg'io, non molto dopo ancoi, che tragge un altro Carlo fuori di Francia, per far conoscer meglio e sé e' suoi
Sanz'arme n'esce e solo con la lancia con la qual giostrò Giuda, e quella ponta sì, ch'a Fiorenza fa scoppiar la pancia.
Quindi non terra, ma peccato e onta guadagnerà, per sé tanto più grave, quanto più lieve simil danno conta.
L'altro, che già uscì preso di nave, veggio vender sua figlia e patteggiarne come fanno i corsar de l'altre schiave.
O avarizia, che puoi tu più farne, poscia c'ha il mio sangue a te sì tratto, che non si cura de la propria carne?
Perché men paia il mal futuro e 'l fatto, veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, e nel vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un'altra volta esser deriso; veggio rinovellar l'aceto e 'l fiele, e tra vivi ladroni esser anciso.
Veggio il novo Pilato sì crudele, che ciò nol sazia, ma sanza decreto portar nel Tempio le cupide vele.
O Segnor mio, quando sarò io lieto a veder la vendetta che, nascosa, da dolce l'ira tua nel tuo secreto?
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