| Il 2 agosto, alle 2 del mattino, vennero a svegliarci per leggere a mia madre il decreto della Convenzione che ordinava che, su richiesta del procuratore della Comune, ella fosse condotta alla Conciergerie in attesa del processo. Ascoltò la lettura del decreto senza turbarsi e senza pronunciare una sola parola. Mia zia ed io domandammo di seguire mia madre, ma non ci fu concessa questa grazia. Mentre faceva il pacco dei suoi vestiti, i municipali non l’abbandonarono mai.; fu ugualmente costretta a vestirsi davanti a loro. Le chiesero le sue borse, che consegnò; le frugarono e presero tutto quello che contenevano, benchè non vi fosse nulla di importante.. (………….) . Mia madre, dopo avermi teneramente abbracciata e avermi raccomandato di farmi coraggio, di avere cura di mia zia e di obbedirle come una seconda madre, mi ripetè gli stessi avvertimenti di mio padre; poi si gettò nelle braccia di mia zia e le raccomandò i propri figli. Io non risposi nulla , tanto ero affranta dal pensiero di vederla per l’ultima volta; mia zia le disse qualche parola sottovoce. Allora mia madre parti’ senza guardarci , per paura, senza dubbio, che la fermezza l’abbandonasse. (……………). Mia zia ed io eravamo inconsolabili e passammo giorni e notti in lacrime. Tuttavia avevano assicurato mia zia, quando mia madre era partita, che non le sarebbe successo nulla. Per me era una grande consolazione non essere separata da mia zia , che tanto amavo; ma, ahimè! Tutto cambiò ancora e persi anche lei! Il giorno dopo la partenza di mia madre , mia zia chiese insistentemente a nome suo e mio, di essere riunite a lei, ma non potè ottenerlo e neppure avere sue notizie. (………………) Alcuni giorni dopo mia madre, per avere nostre notizie , pensò di mandare a chiedere qualcosa di cui aveva bisogno, e tra l’altro il suo lavoro a maglia, perché aveva iniziato a fare un paio di calze per mio fratello. Glielo inviammo, cosi’ come tutto quello che trovammo di seta e lana perché sapevamo quanto amasse tenersi occupata ; un tempo aveva l’abitudine di lavorare senza sosta, eccetto che nelle ore di ricevimento. Cosi’ avevamo fatto una quantità enorme di oggetti, anche un tappeto e un’infinità di grandi lavori a maglia di tutti i generi. Riunimmo, dunque, tutto ciò che potemmo, ma apprendemmo in seguito che nulla le era stato consegnato, nel timore, dicevano, che si facesse male con i ferri.
Avemmo qualche volta notizie di mio fratello dai municipali, ma durò poco. Lo sentivamo tutti i giorni cantare la Carmagnole, l’aria dei Marsigliesi e mille altri orrori. Simon gli mise il berretto rosso e gli fece indossare una carmagnola; lo faceva cantare alla finestra per farlo sentire dalla guardia e gli insegnava a pronunciare bestemmie contro Dio, la sua famiglia e gli aristocratici. Mia madre , fortunatamente, non ha mai sentito tutti questi orrori! ; oh! Mio Dio, quanto male le avrebbe fatto! Prima della sua partenza erano venuti a prendere gli abiti colorati di mio fratello; ella sperava che non avrebbe lasciato il lutto, ma la prima cosa che fece Simon fu togliergli gli abiti neri.(……………….)
Il 21 settembre, all’una del mattino, arrivò Hèbert con numerosi municipali per eseguire un decreto della Comune,col quale si stabiliva che fossimo rinchiuse ancora piu’ rigorosamente, che non avessimo piu’ di una stanza, che ci dessero lo stretto necessario, che fosse fatto un foro nella porta d’ingresso, attraverso il quale ci sarebbe stato passato il cibo; e che, infine, nessuno sarebbe entrato nella nostra stanza, ad eccezione del portatore di acqua e di legna. Il foro nella porta non fu fatto, i municipali seguitarono ad entrare 3 volte al giorno per fare accuratamente l’ispezione delle sbarre alle finestre,degli armadi e dei cassettoni. Rifacevamo da sole i letti e fummo obbligate a spazzare la stanza, lavoro che durava a lungo, per la poca dimestichezza che avevamo all’inizio. Non avemmo piu’ persone di servizio. Hèbert disse a mia zia che nella Repubblica francese, l’uguaglianza era la prima fra le leggi e che, nelle prigioni, gli altri detenuti non avevano persone di servizio e che ci avrebbero tolto Tison. Per trattarci con maggiore durezza, ci tolsero ogni comodità; per esempio la poltrona di cui si serviva mia zia e mille altre cose; non potemmo piu’ avere nemmeno lo stretto necessario. Quando arrivavano i pasti, la porta veniva chiusa bruscamente perché non vedessimo chi li portava. Non potemmo piu’ avere nessuna notizia, se non da parte degli strilloni, ma in maniera indistinta, benchè ascoltassimo attentamente. Ci proibirono di salire sulla torre e ci tolsero le lenzuola grandi per timore che, malgrado le sbarre, scendessimo dalle finestre; era un pretesto. Ci diedero lenzuola sporche e zozze. Credo che in quel momento sia cominciato il processo della regina.
(………………….) Tutti i giorni eravamo visitate e perquisite dai municipali; il 4 settembre arrivarono alle 4 del mattino per fare un’ispezione completa e sequestrare l’argenteria e la porcellana, Portarono via quello che ci era rimasto; non avendo trovato l’inventario, furono tanto indegni da accusarci di averlo rubato, mentre erano stati i loro colleghi a nasconderlo. Dietro i tiretti del cassettone di mia zia avevano trovato un rotolo di luigi; se ne impadronirono immediatamente , con un’avidità straordinaria. Interrogarono accuratamente mia zia per sapere chi glieli aveva dati , da quando li aveva e perché li aveva conservati. Rispose che glieli aveva dati la principessa di Lamballe dopo il 10 agosto e che, malgrado le perquisizioni, li aveva conservati. Le chiesero ancora chi li aveva dati a Madame de Lamballe ; mia zia disse che non ne sapeva nulla. Le donne della principessa di Lamballe, in effetti, avevano trovato il modo di far entrare denaro al Tempio e lei lo aveva diviso con i miei parenti. Interrogarono anche me, mi chiesero il nome, come se non lo avessero saputo, e mi fecero firmare il processo verbale.(……………….)
Mia zia ed io ignoravamo la morte di mia madre, benchè avessimo sentito annunciarne la condanna da uno strillone; la speranza, cosi’ naturale negli sventurati, ci fece pensare che si fosse salvata. Ci rifiutavamo di credere ad un abbondo generale ; del resto non so ancora come le cose siano andate all’esterno, né se io uscirò mai da questa prigione, sebbene me ne diano la speranza. Vi furono dei momenti in cui, malgrado la nostra speranza nelle potenze straniere, eravamo molto in ansia per mia madre, vedendo la rabbia di questo sventurato popolo contro tutti noi. Sono rimasta in questo crudele dubbio per un anno e mezzo; soltanto allora appresi la sventura e la morte della mia rispettabile madre. Apprendemmo dagli strilloni la morte del Duca d’Orleans; fu la sola notizia che ci giunse durante l’inverno.
Madame Royale writing her memoirs in the garden of the Temple with Madame de Chantereine, by Edward Matthew Ward.
La famiglia reale al Tempio
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