Maria Antonietta - Regina di Francia

Rodin. Il marmo, la vita.

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view post Posted on 5/1/2014, 19:03
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Arciduca /Arciduchessa

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CITAZIONE (*§Yue§* @ 4/1/2014, 17:03) 
Non vorrei rovinare i sogni di nessuno, ma Rodin su quei marmi non ci ha mai posato lo scalpello. Quella del nuovo Michelangelo fu una pubblicità: Rodin faceva "soltanto" i gessi e aveva al suo servizio plasticatori, marmisti, bronzisti... C'è una famosa foto che fece per un libro commemorativo sulla sua carriera dove è ritratto con lo scalpello in mano: per come lo ha posizionato, se avesse tirato un colpo, avrebbe spaccato il blocco in due.

:D Nessun sogno rovinato, tranquillo :)
In effetti, mi sono fatta prendere la mano. Avrei dovuto scrivere “allora Rodin faceva smettere di scalpellare, di scavare, senza preoccuparsi del punto in cui il lavoro e' arrivato”.
In effetti la mostra a Palazzo Reale e’ apprezzabile anche perche’ le didascalie delle opere riportano quasi sempre il nome dello sbozzatore che aveva lavorato sul marmo, oppure la dicitura “sbozzatore sconosciuto”, proprio per evidenziare la separazione tra l’idea, l’intuizione, il progetto, di cui Rodin si assume tutta la responsabilita’, e il lavoro manuale, che delega agli sbozzatori, ai suoi allievi, pur mantenendo sempre la stretta supervisione dell’avanzamento lavoro. Per quanto ricordo, Rodin lavorava soprattutto con il bronzo, faceva i bozzetti in creta e gesso ma non amava lavorare il marmo, considerandolo un lavoro faticoso e in un certo senso accademico.
Spero di non ricordarmi male la spiegazione sulle tecniche di scultura che avevo ascoltato a Forli’, in occasione della mostra sul Canova, ma era una prassi abbastanza comune che l’artista realizzasse il modello in gesso e poi lasciasse il compito di estrarre la figura dal marmo ai collaboratori, con la tecnica del riporto dei punti di riferimento. L’artista poi dava l’ultima mano. Certo Rodin ha portato alle estreme conseguenze questo comportamento.
Rodin inizio’ a lavorare come decoratore e sbozzatore: credo che almeno all’inizio della sua carriera, tagliasse lui i suoi marmi ma su questo non sono cosi’ sicura.
Il paragone con Michelangelo fu fatto gia’ dai contemporanei dello scultore. Forse con “pubblicita’” intendi che gia’ Rodin stesso in un certo modo sfrutto’ questa nomea a suo favore per farsi pubblicita’ e aumentare le quotazioni delle sue opere?
In ogni caso Rodin era stato a Firenze e aveva studiato le opere di Michelangelo e aveva detto ad un suo allievo di aver trovato il modo di superare l’accademismo proprio attraverso l’arte di Michelangelo. Credo che il paragone sia corretto non sul piano dell’abilita’ nel lavorare il marmo ma nella ricerca del movimento e della vita nella pietra, nell’emergere delle figure dalla pietra (o nel tuffarsi in essa), nel non-finito. Anche se ne Il bacio ho sentito anche qualcosa di quello che mi trasmettono le sculture del Bernini.
 
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view post Posted on 6/1/2014, 01:51
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Arciduca /Arciduchessa

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Ecco alcune delle opere che mi sono piaciute maggiormente. Di alcune posto piu’ immagini per dare l’idea della tridimensionalita’.

La Danaide o La Sorgente






La piccola fata delle acque o Ninfa della coppa: in secondo piano il bozzetto.


Le benedizioni o Il volo o Le vittorie


La morte di Adone o le Oceanidi




Un’inquadratura che dovrebbe dare l’idea dell’allestimento. Dal primo piano: Madame Roll, Giochi di bambini, Diana, La piccola alsaziana, L’uomo dal naso rotto.


Diana


La piccola alsaziana


L’uomo dal naso rotto. Siamo nella sezione delle prime opere. Questo busto fu presentato senza successo ad un Salon di Parigi: motivo dell’insuccesso, l’eccessivo realismo.


Giochi di bambini




Paolo e Francesca


Paolo e Francesca tra le nuvole: secondo il racconto dantesco, Paolo non mostra il volto al richiamo del poeta ma gira la testa e piange. Solo Francesca si rivolge a Dante per raccontare la loro storia.


Il bacio del fantasma alla ragazza


La tempesta: e’ la statua in secondo piano, purtroppo in penombra


Il bacio











Trovo questa mano molto molto sensuale


Si vede che mi piace molto Il bacio? :lol:

(continua domani, cioe’ oggi ormai …. )
 
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view post Posted on 6/1/2014, 15:32
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Arciduca /Arciduchessa

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Mani di amanti


La mano di Dio




Aurora e Titone


La convalescente


La donna slava




Il segreto


Psiche e Amore




Il bozzetto di Psiche e Amore


Fugit Amor




Lady Sackville. E qui incontriamo Vita Sackville- West (se n’e’ parlato brevemente nel topic di Capability-Brown) che volle essere ritratta da Rodin. Gia’ cinquantenne, non volle che fossero evidenziati i segni del tempo sulla sua bellezza. Per nascondere i segni sul collo, ricorse all’espediente della sciarpa che la avvolge e che da’ movimento al ritratto, insieme alla posizione della testa. Lady Sackville non fu contenta di questo busto e lo rifiuto’. Rodin ne esegui’ un altro che fu questa volta accettato dalla committente.


 
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view post Posted on 6/1/2014, 17:05
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Arciduca /Arciduchessa

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Silvia, le tue foto sono molto belle, come sempre, e le diverse angolazioni delle opere ci danno davvero l'idea di poter vedere le sculture quasi dal vivo!
Vedendo le tue immagini della mostra, mi devo ricredere: c'è della poesia in molti volti (bellissimo quello di Diana e anche quello di Vita Sackville West) e "Il bacio" è veramente un'opera affascinante: hai ragione, quella mano maschile che si appoggia lieve sul corpo dell'amata è davvero molto sensuale.
Tutta la serie delle "Mani" è molto bella e particolarmente intensa!
 
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view post Posted on 17/1/2014, 01:04
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Marie-Antoinette

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CITAZIONE (Maria Clotilde @ 5/1/2014, 19:03) 
:D Nessun sogno rovinato, tranquillo :)
In effetti, mi sono fatta prendere la mano. Avrei dovuto scrivere “allora Rodin faceva smettere di scalpellare, di scavare, senza preoccuparsi del punto in cui il lavoro e' arrivato”.
In effetti la mostra a Palazzo Reale e’ apprezzabile anche perche’ le didascalie delle opere riportano quasi sempre il nome dello sbozzatore che aveva lavorato sul marmo, oppure la dicitura “sbozzatore sconosciuto”, proprio per evidenziare la separazione tra l’idea, l’intuizione, il progetto, di cui Rodin si assume tutta la responsabilita’, e il lavoro manuale, che delega agli sbozzatori, ai suoi allievi, pur mantenendo sempre la stretta supervisione dell’avanzamento lavoro. Per quanto ricordo, Rodin lavorava soprattutto con il bronzo, faceva i bozzetti in creta e gesso ma non amava lavorare il marmo, considerandolo un lavoro faticoso e in un certo senso accademico.
Spero di non ricordarmi male la spiegazione sulle tecniche di scultura che avevo ascoltato a Forli’, in occasione della mostra sul Canova, ma era una prassi abbastanza comune che l’artista realizzasse il modello in gesso e poi lasciasse il compito di estrarre la figura dal marmo ai collaboratori, con la tecnica del riporto dei punti di riferimento. L’artista poi dava l’ultima mano. Certo Rodin ha portato alle estreme conseguenze questo comportamento.
Rodin inizio’ a lavorare come decoratore e sbozzatore: credo che almeno all’inizio della sua carriera, tagliasse lui i suoi marmi ma su questo non sono cosi’ sicura.
Il paragone con Michelangelo fu fatto gia’ dai contemporanei dello scultore. Forse con “pubblicita’” intendi che gia’ Rodin stesso in un certo modo sfrutto’ questa nomea a suo favore per farsi pubblicita’ e aumentare le quotazioni delle sue opere?
In ogni caso Rodin era stato a Firenze e aveva studiato le opere di Michelangelo e aveva detto ad un suo allievo di aver trovato il modo di superare l’accademismo proprio attraverso l’arte di Michelangelo. Credo che il paragone sia corretto non sul piano dell’abilita’ nel lavorare il marmo ma nella ricerca del movimento e della vita nella pietra, nell’emergere delle figure dalla pietra (o nel tuffarsi in essa), nel non-finito. Anche se ne Il bacio ho sentito anche qualcosa di quello che mi trasmettono le sculture del Bernini.

Meno male, quello che avevi scritto era così sentimentalmente poetico, che temevo di rovinarti l'immagine dell'artista!
È vero che diventa una prassi accademica nell'Ottocento, quella di delegare agli assistenti le sbozzature dei marmi, ma questo procedimento era inteso ed utilizzato anche e soprattutto come una forma di istruzione (per non parlare ovviamente delle questioni puramente economiche: più l'artista era importante, maggiori erano le commissioni e minori i tempi). Canova, comunque, era uno scultore in piena regola e ovviamente sapeva usare lo scalpello alla perfezione (anche se forse si può dare la "colpa" a lui per la diffusione a macchia d'olio di questa pratica... argilla>gesso>marmo).

Anch'io non so se Rodin abbia mai tagliato i suoi marmi, almeno all'inizio della carriera. Ricordo perfettamente la sua prima opera importante, l'Âge d'airain, ma anche quella era di gesso (le numerose tirature in bronzo non erano di sua mano). Fu accusato di aver fatto un moulage sur vif del modello, ma riuscì a dimostrare che non era vero (ci sono ancora le foto del modello, un gran bel ragazzo :P ). La stessa cosa era successa molti anni prima a Giovanni Duprè col suo Abele (frecciatina: di marmo e di mano sua). Per evitare di incappare di nuovo nell'accusa, la seconda opera importante di Rodin, il San Giovanni Battista, fu modellata più grande del naturale. È un'opera interessante, perché sul lungo periodo darà origine alla dissoluzione della forma umana coerente e completa (l'esito sarà la mostra personale di Rodin del 1900 al padiglione dell'Alma, con quegli angoscianti moulages di pezzi delle sue opere precedenti): infatti, per il San Giovanni, Rodin modellò le parti separatamente e poi le assemblò. La statua è quindi antinaturalistica e incoerente e trova la sua potenza espressiva proprio in questi "errori".

Sì, hai capito esattamente quello che volevo dire con pubblicità. Fu definito il nuovo Michelangelo e lui stesso sfruttò questa nomea, costruendo una sua identità michelangiolesca (attraverso le interviste e le monografie autorizzate). Quel che dici tu («Credo che il paragone sia corretto non sul piano dell’abilita’ nel lavorare il marmo ma nella ricerca del movimento e della vita nella pietra, nell’emergere delle figure dalla pietra (o nel tuffarsi in essa), nel non-finito») è assolutamente corretto, ma... dal punto di vista di Rodin! La cosa ha funzionato e in parte credo funzioni ancora, ma la questione della tecnica al momento opportuno fu tirata in ballo e con grande intelligenza, perché Rodin, in fondo, è il più grande "traditore" di Michelangelo.

Posto che una scultura viene progettata, studiata, disegnata, in Michelangelo idea e lavorazione sono una cosa sola, in Rodin, invece, non solo sono chiaramente distinte, ma sono anche diseguali. Il successo ottenuto da Rodin "scultore" (perché scultore in realtà non era, era un plasticatore), che diventa modello e maestro degli scultori, apre la scissione, fondamentale per l'arte contemporanea, tra la mente e la mano dell'artista. Inizia il primato dell'idea sulla lavorazione. Certo, con Rodin siamo agli albori, visto che il gesso e la cera sono da lui modellati personalmente e poi tradotti in marmo da altri, ma il problema inizia già a porsi, perché prima della riscoperta del vero Rodin (oggi per comprenderlo si studiano i gessi, non i marmi e i bronzi), erano questi ultimi che venivano considerati le "sue" opere. È un problema rilevante, perché l'artista raggiunge la fama e il successo della critica con qualcosa che ha creato "solo" idealmente, e da rilevante diventa "grave", se si considera che ad un certo punto si iniziò a parlare di Rodin come de la main de Dieu. Il problema era sorto subito dopo la sua morte: i marmi tradotti fedelmente da uno dei suoi intagliatori, Charles Jonchery, erano "dei Rodin"? Che differenza c'è tra bronzi gettati in serie in vita e quelli post mortem?

Il contraltare di Rodin ed elemento chiave in questa questione è uno scultore che, a giudicare dagli esiti finali delle sue opere, non verrebbe mai in mente di inserire in un discorso su Rodin: Adolf von Hildebrand. Quest'ultimo, come Rodin, passerà la sua vita a cercare di comprendere Michelangelo e se apparentemente può sembrare che non ce l'abbia fatta da un punto di vista estetico (le sue opere sono "glacialmente" classiche), in verità è quello che maggiormente ha colto i valori plastici dell'occhio, della mente e della mano del genio rinascimentale. La sua opera chiave è il trattato Das Problem der Form in der Bildenden Kunst, pubblicato nel 1893. Non so il tedesco, quindi non l'ho letta, ma ho assistito ad interessanti lezioni su questo volume. Nella scultura di Hildebrand piano ideale e piano lavorativo, come nella migliore tradizione fiorentina, convivono e si legittimano insieme. L'opera nasce effettivamente dal blocco di marmo, via via privato delle sue parti superfluee, affinché, attraverso il lavoro di scalpello e lo sguardo vigile dello scultore-modellatore, essa possa venire alla luce in dei determinati piani visivi (da quello singolo del bassorilievo, a quelli teoricamente infiniti della statua a tutto tondo).
Siamo agli antipodi della ricerca rodiniana, che ottiene il suo michelangiolismo, come dicevo prima, con un "tradimento". In un'ideale estetica artistica del genio, mano e opera non dovrebbero scindersi, ma in Rodin questo avviene, benché egli prenda a modello il primo grande scultore dove il connubio mente-mano ha raggiunto esiti prima mai visti (l'altro grande è Bernini). Il "non finito" rodiniano è dunque cosa completamente diversa da quello michelangiolesco: Rodin non ferma il suo marmista mentre incide il marmo, ma crea il "non finito" direttamente sul gesso o sull'argilla e successivamente lo fa tradurre sul blocco. Ma quello che viene tradotto non è un "non finito" che nasce dall'incisione del marmo, ma è appunto una traduzione di una tecnica plastica! (Rodin arriverà addirittura ad avere marmisti esperti nella resa di diverse superfici). La questione raggiunge livelli idealmente conturbanti con i Borghesi di Calais e il Balzac, dove i panneggi diventano addirittura dei veri pezzi di stoffa intrisi nel gesso. Tutto questo cozza terribilmente con l'immagine che alla fine del XIX secolo si proponeva dell'artista francese, come una sorta di ipersimbolista michelangiolesco, con le sue opere che "nascono" dal blocco, indeterminate e non coglibili. La questione dei piani di visione è inoltre quella maggiormente da mettere in discussione per spiegare il "tradimento" di Rodin: la lavorazione della materia morbida, che prende forma dal disegno e dell'idea e si sviluppa ben prima e autonomamente dalla scultura marmorea, avviene con i mezzi e le forme espressive di un medium assai differente da quello finale. L'opera definitiva è dunque il risultato dell'abilità dei marmisti di Rodin, che traducono in pietra qualcosa che sarebbe altrimenti impossibile realizzare direttamente nel marmo, se prima non si avesse l'opera penultima di gesso, che viene puntualmente misurata e riportata su pietra (nel XIX secolo si erano raggiunti questi vertici del virtuosismo tecnico, che permettevano la copia al millimetro, anche in scale diverse).
La questione mi fa venire in mente il povero Ammannati, che ancora canzoniamo a Firenze: «Ammannato, Ammannato! Che bel marmo tu hai sciupato!». In effetti, il bozzetto originale, con cui aveva vinto il concorso per il Nettuno, era molto più elegante e riuscito dell'esito finale in marmo, dove, a causa di impedimenti tecnici, dovette ripiegare in quella goffa compattezza, che tanto fu presa in giro.

La questione è lunga e spinosissima e ci sarebbero tantissime cose da mettere in ballo, ma al momento mi manca la lucidità per continuare in questo affascinante e complesso discorso (anche perché sono ricordi sparpagliati di un bellissimo corso su Rodin tenuto da Flavio Fergonzi esattamente due anni fa). Buttando sul piatto qualche altro spunto: a Monaco, Londra e Venezia i gessi non erano accettati, mentre a Parigi sì (visto che le esposizioni erano legate alla promozione degli insegnamenti dell'Accademia). Il primato della capacità tecnica italiana su quella francese, per quanto scocciasse ai nostri cugini, era indiscusso: quando Medardo Rosso si trasferì a Parigi, le sue fusioni divennero un vero e proprio spettacolo. Rodin arrivò a dire che non era un vero scultore, ma un banale fonditore (da un'intervista a cura di Camille Mauclair sul Mercure de France). Francamente ci leggo una punta non troppo velata di invidia: Medardo Rosso, altro grande plasticatore chiave delle fine del secolo, viveva la sua opera matericamente fino alla fine. I bronzi di Rodin, invece, ovviamente erano tirati da altri: splendido il risultato finale e indubbio il valore artistico, rapportato ai tempi e all'arte contemporanea. Confesso, però, che non riesco a uscire dall'impasse dell'artista che "non realizza" l'opera: cosa mi diventa un'opera tutto-pensiero come La porta dell'inferno, tutte le volte che mi ritrovo davanti al miracoloso Perseo di Benvenuto, nato con tanta fatica, dramma e passione dell'artista? Talmente miracoloso che fino ai tecnologici studi dell'ultimo restauro, che hanno rivelato le enormi difficoltà della fusione (sapientemente risolte dall'artista in un secondo e lungo, lungo momento), abbiamo potuto credere al miracolo di fusione raccontatoci dal Cellini nella sua vita, che confessò – mentitore a cui crediamo! – d'aver dovuto fare solo una rinettatura delle dita di un piede.
È questo uno dei miei scogli con l'arte contemporanea... certo, con Rodin il livello è comunque diverso da certi e anche attuali esiti novecenteschi e, benché mi piaccia, confesso di trovarmi a disagio con le sue opere.

Finisco questo papiro e rientro in discussione con una bellissima frase pronunciata da Fergonzi. Gli esiti del presunto michelangiolismo rodiniano, ottenuti con un'idea e una tecnica che di michelangiolesco non hanno niente, portano Rodin a una dimensione in cui, come già detto, è l'idea che prende il sopravvento sulla lavorazione. Nel caso di Rodin, e le belle foto postate lo dimostrano pienamente, l'idea è strettamente legata a un piano emotivo, quello dello scultore e quello del fruitore. Nella sua opera «l'emozione abolisce la tridimensionalità».

Edited by *§Yue§* - 17/1/2014, 15:29
 
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view post Posted on 17/1/2014, 16:16
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Marie-Antoinette

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Per chi fosse interessato, in questo sito mi sembra che venga spiegato in maniera abbastanza chiara il procedimento ottocentesco della traduzione dal modello in gesso al blocco di marmo. www.antoniocanova.it/index.php?acti...ie&idnotizia=11

È bene chiarire che niente nasce dal nulla e che la tecnica descritta nella scheda è l'ultima e più raffinata (da un punto di vista pratico) evoluzione di un modo di scolpire, già conosciuto dal tempo dei Romani e perfezionato nel Rinascimento, che faceva uso di misurazioni al compasso e fili di piombo per liberare il blocco dal "grosso" e adeguarlo alla statua progettata. In un certo senso la parte facile e meccanica dell'operazione (per l'appunto la sbozzatura, che verrà sempre più delegata agli apprendisti). I vari Michelangelo e Bernini, per citare i due più grandi, poi si lasciavano andare alla loro “lotta” con la materia (anche con i dovuti rischi: mi viene in mente il busto di Scipione Borghese, che Bernini fece due volte, avendo la prima volta scalfito troppo il marmo in un punto). E i risultati ovviamente variano da artista ad artista: Michelangelo era bello dall'inizio alla fine (quella linea mente-mano di cui si è parlato), tanti altri superavano con difficoltà la rifinitura (si vedano i vari Ammannati e Bandinelli, i cui bozzetti sono sempre migliori delle statue finali).

Forse queste precisazioni aiutano ulteriormente a comprendere la differenza tra il "non finito" di Michelangelo (in fieri e di taglio) e quello di Rodin (se volete "cerebrale" e plastico), e l'idea dei piani di visione di Hildebrand.
 
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view post Posted on 18/1/2014, 17:36
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Arciduca /Arciduchessa

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Grazie per il tuo intervento, Johnatan, perchè mi hai dato degli elementi in più per comprendere meglio l'artista Rodin.

L'opera d'arte ideale è un dialogo tra chi la guarda e l'artista che l'ha pensata e...creata.
In questo senso l'artista Rodin mi sembra quasi un bluff...
L'artista, secondo il mio modo di intenderlo, deve saper realizzare fino alla fine l'opera che ha ideato: la sua bravura (e la sua essenza) consiste anche in questo, nel saper eseguire il suo progetto.

Mi piace molto, nella scheda sul metodo di lavoro del Canova, la parte finale in cui si parla del tocco dell'"ultima mano", decisiva per l'artista, che dava all'opera una vita propria fissata in un istante.
Ecco, forse in Rodin si sente che manca proprio questo tocco, personale.
Il bozzetto di Psiche e Amore fotografato da Silvia alla mostra di Milano, mi sembra bello già di per sè, ma sapere che l'opera finale in marmo (molto più difficile e complesso da lavorare) sia opera completamente degli artigiani mi lascia delusa...

L'opera parla anche attraverso la manualità dell'artista (mi vengono in mente le pennellate nervose, dense, intense che definivano lo stato d'animo di certi pittori, ad es, che amplificavano in questo modo quello che intendevano trasmettere).
 
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