Gli Innamorati è una commedia del 1759, in cui Goldoni analizza la psicologia dei protagonisti, attenuando la vis comica dei lavori precedenti e proponendo, insieme all'approfondimento dei caratteri, il tema della gelosia e dell'insicurezza che sono tipici dello "stato nascente" dell'innamoramento. Inizia anche un'analisi sociale che, nella Venezia retta da un'oligarchia dominante completamente impermeabile alle novità, è qualcosa di veramente coraggioso. Non dimentichiamo che dedicò la sua commedia "L'uomo di mondo" ad Andrea Memmo che era il rappresentante intellettualmente più brillante dell'ala progressista destinata ad essere sconfitta. Quindi prima di definirlo conservatore ci rifletterei.
Goldoni è un grande innovatore ma sempre un uomo di teatro che scriveva per vivere, come Marivaux che iniziò a scrivere commedie perché coinvolto nella catastrofe finanziaria del
sistema di Law.
Non sono dei sociologi, o dei filosofi, il che non toglie che lo spaccato sociale che ci offrono sia fondamentale per capire l'ambiente. Goldoni comunque lascia Venezia e approda a Parigi nel 1762, dove ha successo, frequenta la corte, il Re e la famiglia reale. Luigi XV gli assegna una pensione (1769) che gli sarà poi tolta dalla Rivoluzione riducendolo in miseria. Se andate a Parigi la casa di Goldoni è ancora lì in Rue Dussoubs (ai tempi del commediografo il nome era diverso) nel quartiere della gente di teatro. C'è pure una
lapide a futura memoria.
I salotti letterari parigini, dalla Camera Azzurra in poi, erano palestre di cultura e quelli giustamente più famosi frequentati dai grandi dell'Illuminismo, furono il laboratorio di tutte le sconvolgenti novità di fine secolo. La frequentazione non era certo ristretta alla classe nobiliare perché la selezione avveniva in base all'ingegno (in molti casi al genio) dei singoli e non sulla base della classe. Esempio luminoso il grande D'Alembert, pilastro del grande esperimento dell'Enciclopedia, che era un illeggittimo abbandonato sulle scale di una chiesa da una madre degenere che era però una famosissima "salottiera", ma assai disinvolta moralmente, la Tencin.
Quindi sostenere che Goldoni non poteva "capire" il salotto parigino in quanto borghese è a dir poco riduttivo. Si tratta probabilmente di ben altri motivi, sempre che sia vero che Goldoni non capisse. Ed utilizzare una commedia scritta anni prima di trasferirsi a Parigi e di avere finalmente la possibilità di vedere e "capire" per dichiararlo corto di comprendonio sulla straordinaria specificità dell'istituzione, mi pare altrettanto approssimativo.
Confesso di non essere un esperto di Goldoni e quindi non sono in grado, su due piedi, di esprimere un giudizio sulle frequentazioni parigine e il conseguente livello di comprensione dell'importante rivolgimento in fieri. Sarebbe molto interessante però approfondire. Magari pescando nelle Memorie o in epistolari che forse possono riferire circostanze e fatti interessanti. Non so se esistano i "goldonisti" (come i casanovisti) e se ce n'è uno sul forum o che possa essere interpellato per sapere se Goldoni abbia frequentato salotti (penso di sì), quali giudizi abbia espresso in merito e quali abbiano espresso su di lui.
Non resta che salire sulla macchina del tempo e catapultarci a Parigi all'inizio degli anni '60, chiedere un po' in giro, leggere qualche lettera e parlare con qualcuno. Può darsi che qualcosa si trovi. Buona caccia!
Edited by Giacomo Girolamo Casanova - 23/11/2013, 19:38