Maria Antonietta - Regina di Francia

I salotti e l'ancien régime

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view post Posted on 19/11/2013, 22:03
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Marie-Antoinette

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Quello che sconcerta me e' l'assoluta mancanza di preoccupazioni.
Mi chiedo come facessero a vivere senza pensieri,senza dare il minimo peso alla quotidianeta'. I costumi,la vita,le necessita',la mentalita',la morale,erano diverse dalle nostre,ma e' difficile immaginare un compartamento simile.
Che Talleyrand avesse ragione? La dolcezza di vivere era quella?
 
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view post Posted on 20/11/2013, 09:51
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Arciduca /Arciduchessa

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CITAZIONE (Giacomo Girolamo Casanova @ 19/11/2013, 18:23) 
....Andrea la seguì due anni dopo e anche la sua morte fu difficile: una cancrena a una gamba se lo portò via, forse causata da diabete (allora incurabile).

Ho riflettuto a lungo prima di scrivere questo OT: giudichino gli amministratori se e’ opportuno o se deve essere cancellato. Trovo giusto che, cosi’ come interveniamo per correggere le imprecisioni storiche che ogni tanto ci scappano, cosi’ intervenga adesso per correggere un errore medico-scientifico.
Il diabete e’ ancora oggi una malattia incurabile: lo si puo’ trattare ma dal diabete non si guarisce ancora. L’insulina e’ un trattamento, piu’ o meno efficace a seconda dei casi, non la cura. Se il diabete fosse curabile, se bastasse farsi insulina e non mangiare dolci, secondo i falsi luoghi comuni che circolano su questa malattia, il diabete non sarebbe oggi tra le prime cause di morte e di invalidita’ permanenti, per infarto, ictus, cecita’, amputazioni, ecc…

Maria Clotilde, convivente con il diabete di tipo 1 (malattia autoimmune dalle cause ancora sconosciute) dall’eta’ di 20 anni
 
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Giacomo Girolamo Casanova
view post Posted on 20/11/2013, 10:12




Mi dispiace di essere stato impreciso, intendevo dire che non c'era allora la possibilità di somministrare l'insulina il che se non guarisce la malattia consente una vita normale. Un mio carissimo amico ha una patologia identica e vive normalmente, benché anche lui abbia dovuto convivere con la malattia da un età molto giovane ma non per questo si è sentito in una situazione psicologica di particolare disagio. Almeno è quello che mi ha sempre detto (ormai da quarant'anni) e devo dire che ho sempre molto ammirato il suo atteggiamento costruttivo.

Nel Settecento, almeno a quanto ne so, la situazione della medicina era catastrofica. Il ricorso al salasso per qualsiasi patologia, ivi incluse le forme anemiche gravi, la regola fissa. La situazione rimase più o meno la stessa almeno fino a metà Ottocento, prova ne sia che Cavour, malato e poi morto di malaria, fu sottoposto a salassi continui.

A mio parere non siamo OT, innanzitutto perché come diceva un antico autore: "Homo sum, humani nihil a me alienum puto" e poi perché capire un epoca, come tentiamo di fare noi, include di sicuro la comprensione (direi la "compassione" in senso etimologico) del rapporto con la malattia. Che purtroppo è uno degli elementi costanti nella vita umana.

E posso ben dirlo, spero senza andare fuori tema, conoscendo anche io molto bene e personalmente il problema.
 
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view post Posted on 20/11/2013, 12:16
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Arciduca /Arciduchessa

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CITAZIONE (MmeAnna @ 19/11/2013, 22:03) 
Quello che sconcerta me e' l'assoluta mancanza di preoccupazioni.
Mi chiedo come facessero a vivere senza pensieri,senza dare il minimo peso alla quotidianeta'. I costumi,la vita,le necessita',la mentalita',la morale,erano diverse dalle nostre,ma e' difficile immaginare un compartamento simile.
Che Talleyrand avesse ragione? La dolcezza di vivere era quella?

Gia’. Davvero interessante come riflessione in generale sulla vita.
Si scivolava con disinvoltura e leggerezza sulle inevitabili difficolta’ della vita, senza farsi toccare davvero? Certo era piu’ facile se si era aristocratici e possibilmente molto ricchi ;)
Oppure si soffocava tutto, si teneva tutto dentro e, in societa’, si indossava una maschera per adeguarsi all’etichetta e per essere accettati?
That’s the question.
Anna, tu che hai letto Taine, ti sei fatta un’opinione?
 
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view post Posted on 20/11/2013, 21:09
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Marie-Antoinette

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Se quello stile di vita,quel modo di pensare venivano insegnati fin da piccolissimi,credo che alla fine diventava naturale pensare e comportarsi con cosi' tanta leggerezza e spensieratezza.
Tutti i nobili si comportarono allo stesso modo nei loro ultimi giorni di vita,era vera noncuranza verso la vita? O il non voler rinunciare fino all'ombra della ghigliottina al loro stile di vita?
 
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Giacomo Girolamo Casanova
view post Posted on 20/11/2013, 22:27




Certo era un condizionamento che iniziava dall'infanzia. Ma continuava pure dopo se pensiamo ad esempio che la gelosia, che è un sentimento cui è difficile sottrarsi, veniva considerata volgare e non degna di persone con "uso di mondo". Nessun marito si sarebbe sognato di contrastare la frequentazione della propria consorte e fenomeni come il cicisbeismo erano considerati la norma. Quindi l'indifferenza di fronte a dolore, malattie e morte, inclusa quella recata sul patibolo, il distacco di fronte a rovesci finanziari, perdite al gioco e altri eventi catastrofici erano frutto di educazione e allenamento che durava l'intera vita.

Qualcosa di simile era alla base del codice di comportamento che vigeva nel Giappone del Cinquecento. Lì però c'era, oltre all'educazione, al condizionamento, all'allenamento, c'era la forza dello zen che riusciva a sradicare dalle menti la paura della morte anzi insegnava a convivere con l'idea che diveniva familiare. Tutti i testi sapienzali erano incentrati su questo e la "via" del samurai era la contemplazione del vuoto e il distacco supremo dal coinvolgimento dei sentimenti. E il bello è che mentre ovunque queste antiche regole sono scomparse per sempre, in Giappone ci sono ancora, appena nascoste sotto la superficie e tra gli uomini di allora e quelli di oggi la distanza mentale è lieve. Si legge il "bushido" e si capisce cosa succede ora.
 
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view post Posted on 21/11/2013, 13:15
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Marie-Antoinette

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Essere cortese con le donne non era sufficiente:bisognava essere galanti. Presso il principe de Conti,a l'Islie--Adam,ogni dama invitata"trova carrozza e cavalli ai propri ordini;e' padrona di dare tutti i giorni un proprio pranzo nella sua camera ai suoi amici personali" (M.me de Genlis Souvenires de Felicie p.77 M.me Campan,ibid,vol III p.74 M.me de Genlis Dictionnaire des etiquettes vol I,p.348)
Quando Madame de Crivac fu costretta a partire per la cura delle acque,i suoi amici cercarono di di distrarla durante il viaggio,la precedettero e,in tutti i posti dove restava a dormire,davano una piccola festa in suo onore,una piccola festa campestre,travesti da contadini,da borghesi,con bailli,notaio e altre maschere che cantavano e recitavano versi.
Una signora,la vecchia M.me de Longchamps,sapendo che il visconte de V. ha due calessi,gliene fece chiedere uno on prestito;lui lo aveva gia' prestato ma si guardo' bene dal dirlo,e su due piedi ne fece comprare uno della piu' grande eleganza,per prestarlo tre ore:era troppo felice che qualcuno volesse chiedergli in prestito qualcosa,e la sua prodigalita' venne giudicata amabile ma non stupi'.
A quei tempi le donne erano delle regine. In un salotto avevano il diritto di esserlo ecco perche' nel diciottesimo secolo,in ogni casa,esse davano la regola e il tono. Avendo fatto il codice delle usanze,era del tutto naturale che esso fosse a loro vantaggio,ed esse vigilavano affinche' ogni regola fosse eseguita scrupolasamente.
Un salotto di ottima compagnia era "un tribunale superiore" dove si giudicava in ultima istanza. La marescialla de Luxembourg era un'autorita'. Per una parola,per una mancanza di forma,per la minima apparenza di pretenziosita' o di fatuita',si incorreva nella sua disapprovazione che era senza appello. E si era perduti per sempre nel bel mondo.
"Le donne allora regnavano,la Rivoluzione le ha detronizzate.....La galanteria di cui vi parlo e' completamente scomparsa." M.me Vigee -Lebrun
 
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view post Posted on 22/11/2013, 21:24
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CITAZIONE (MmeAnna @ 21/11/2013, 13:15) 
A quei tempi le donne erano delle regine. .................
"Le donne allora regnavano,la Rivoluzione le ha detronizzate.....La galanteria di cui vi parlo e' completamente scomparsa." M.me Vigee -Lebrun

Riflessioni sparse che partono del bell’intervento di Anna sulla galanteria verso le donne nel Settecento.
Le donne regine a quei tempi erano le aristocratiche, cioe’ diciamo circa l’1% della popolazione femminile? Piu’ o meno. Che cosa accadeva al restante 99% delle donne? Anche loro erano le “regine” nella loro casa?
Le donne aristocratiche, inoltre, erano regine nei salotti, nell’intimita’ della famiglia e della casa, forse, ma di certo non nell’ambito politico ed economico. La galanteria non e' l'uguaglianza.
L’Illuminismo porto’ all’affermazione dell’ideale di uguaglianza universale ma la Rivoluzione, che doveva realizzare quell’ideale, tra gli altri, di certo si dimentico’ delle donne, ancora prima che degli uomini. In questo concordo con la Lebrun. Il processo di affermazione dei diritti del cittadino (come genere umano) e, soprattutto, delle donne non sono ancora giunti a conclusione e risentono di alti e bassi (come sempre, i processi di trasformazione della societa’ non sono lineari). Anche adesso, in teoria donne e uomini hanno pari diritti sul mondo del lavoro, ad esempio; in realta’ le statistiche parlano di stipendi per le donne inferiori in media del 26% rispetto agli uomini, di poche donne manager, di donne che vanno in maternita’ e al loro rientro non trovano piu’ la loro posizione di responsabile.
 
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view post Posted on 22/11/2013, 22:34
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Marie-Antoinette

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Giuste considerazioni,le donne del popolo erano regine in casa loro? Ne dubito. Tutto quello di cui ho scritto finora e' relativo al regno di Luigi XV e agli anni precedenti la rivoluzione.
Negli 80 del 700 le cose cambiarono,i salotti iniziarono a perdere quella patina di frivolezza che li aveva contradistinti fino a quel momento. E le dame,in qualche modo,divulgarono le idee rivoluzionarie molto piu' dei discorsi dei futuri rivoluzionari.
Nel leggere i diari e le lettere di uomini e donne aristocratici che riuscirono a sopravvivere alla rivoluzione,si percepisce tutta la nostalgia per un mondo che era sparito per sempre. Un mondo che era una illusione,galante fino all'eccesso. Oggi se chiediamo l'auto in prestito ad un amico,non gli verrebbe mai in mente di comprarne una per farci piacere.
Non credo che le dame dei salotti aspirassero all'uguaglianza,forse era un desiderio sociale cui anelavano le donne del popolo. Le aristocratiche sarebbero,forse,inorridite se fossero state trattate alla pari da qualunque uomo le avesse avvicinate. In fondo amavano essere "regine".

Edited by MmeAnna - 22/11/2013, 22:51
 
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view post Posted on 22/11/2013, 22:56
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CITAZIONE (MmeAnna @ 22/11/2013, 22:34) 
Oggi se chiediamo l'auto in prestito ad un amico,non gli verrebbe mai in mente di comprarne una per farti piacere.

E' gia' tanto se acconsente ad imprestartela ;)

CITAZIONE
Non credo che le dame dei salotti aspirassero all'uguaglianza,forse era un desiderio sociale cui anelavano le donne del popolo. Le aristocratiche sarebbero,forse,inorridite se fossero state trattate alla pari da qualunque uomo le avesse avvicinate. In fondo amavano essere "regine".

Chiarissimo. Hai reso perfettamente l'idea dello spirito del periodo. Continuo a confrontarlo con l'oggi, sbagliando, ma cosi' capisco fino in fondo, grazie anche ai tuoi interventi.
 
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view post Posted on 23/11/2013, 13:01
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Marie-Antoinette

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Il giudizio della marescialle de Luxembourg era implacabile. Per un'espressione fine,per un silenzio,per un "oh" detto a sproposito,invece di un "ah",si riceve da lei,come il signor de Talleyrand,il brevetto del perfetto "savoir vivre" ,che e' l'inizio di una reputazione e la promessa di una fortuna.
Con una tale "istitutrice",il modo di comportarsi,il gesto,il linguaggio,ogni azione o omissione della vita mondana diventa come un quadro,una poesia,una vera opera d'arte.
Una gran dama "saluta dieci persone inchinandosi una sola volta,e dando e ciascuno quel che gli spetta con la testa e con lo sguardo" (Comte de Tilly vol. I p.24).
Con la sfumatura dello sguardo appropriata a ogni diversita' di condizione,di considerazione,di nascita.
"Poiche',la dama,ha sempre a che fare con amor proprio facili ad irritarsi,il minimo difetto di misura sarebbe prontamente notato". (Necker Euvres completes,vol. XV p. 259)
Non si inganna mai,ne' mai esita in queste distinzioni sottili;con un tatto,una destrezza,una flessibilita' di tono incomparabili,riesce sempre a graduare il suo modo di accogliere una persona. "Ne ha uno per le donne di condizione,uno per le donne di qualita',uno per le donne di corte,uno per le donne titolate,uno per le di nome storico,un altro per le donne di gran nascita personale ma unite ad un marito di condiziona sociale inferiore alla loro,un altro per le donne che hanno cambiato col matrimonio un nome comune con un nome famoso,un altro ancora per le donne che hanno un buon nome nella toga,un altro,infine,per quelle il cui merito personale e' di avere una casa dispendiosa e di dare dei buoni pranzi" .

A me e' venuto il mal di testa solo a scrivere tutte queste regole e sono una piccolissima parte di cio' che imparavano le dame. Doveva essere estenuante.
 
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Madamadore
view post Posted on 23/11/2013, 17:01




Il mondo dei salotti era un luogo fittizio, dove le dame avevano un compito nobilitante. In una società, dove il ruolo femminile era drammaticamente secondario, le aristocratiche, una volta assolto il loro ruolo come mogli, facendo dei figli, erano soliti ritagliarsi uno spazio personale. Spesso, aprivano i salotti ai personaggi di cultura e, in quanto padrone di casa, erano loro a dettare le regole...in cosa? Nel gusto. Dato che la loro condizione subalterna era un fatto assodato, potevano però migliorarla, raffinando le maniere degli uomini. L'etichetta si faceva sempre più artificiosa, perché le dame, regolando tutto il meccanismo dei salotti, erano solite codificare il tutto. Il linguaggio era tra queste ma è anche vero che nemmeno la corte era prima di un artificio nel parlare. I salotti erano un fenomeno tipicamente parigino per le cose che avete detto, ma vi consiglio di leggere un autore di teatro nostrano: Goldoni. Se leggete la Trilogia della Villeggiatura e Gli Innamorati soprattutto, avendo ben presente questo modello dei salotti, vedrete le commedie da un punto di vista completamente nuovo. Per esempio, il personaggio di Enrica, protagonista degli Innamorati, appare come una donna isterica, che continua a dubitare del suo innamorato e che pretende da lui un certo atteggiamento. La risposta di questi, ricco borghese, mette bene in evidenza, come un uomo come Goldoni, fervente ammiratore della Francia, non sappia comunque cogliere la natura dei salotti, una riproduzione in piccolo di Versailles, dove il padrone di casa occupa, almeno idealmente, la posizione di un piccolo sovrano.
Perché viene da una realtà marginale come la Venezia settecentesca, in pieno degrado e perché è un borghese conservatore, estraneo ad una moda aristocratica.
 
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Giacomo Girolamo Casanova
view post Posted on 23/11/2013, 19:00




Gli Innamorati è una commedia del 1759, in cui Goldoni analizza la psicologia dei protagonisti, attenuando la vis comica dei lavori precedenti e proponendo, insieme all'approfondimento dei caratteri, il tema della gelosia e dell'insicurezza che sono tipici dello "stato nascente" dell'innamoramento. Inizia anche un'analisi sociale che, nella Venezia retta da un'oligarchia dominante completamente impermeabile alle novità, è qualcosa di veramente coraggioso. Non dimentichiamo che dedicò la sua commedia "L'uomo di mondo" ad Andrea Memmo che era il rappresentante intellettualmente più brillante dell'ala progressista destinata ad essere sconfitta. Quindi prima di definirlo conservatore ci rifletterei.

Goldoni è un grande innovatore ma sempre un uomo di teatro che scriveva per vivere, come Marivaux che iniziò a scrivere commedie perché coinvolto nella catastrofe finanziaria del sistema di Law.

Non sono dei sociologi, o dei filosofi, il che non toglie che lo spaccato sociale che ci offrono sia fondamentale per capire l'ambiente. Goldoni comunque lascia Venezia e approda a Parigi nel 1762, dove ha successo, frequenta la corte, il Re e la famiglia reale. Luigi XV gli assegna una pensione (1769) che gli sarà poi tolta dalla Rivoluzione riducendolo in miseria. Se andate a Parigi la casa di Goldoni è ancora lì in Rue Dussoubs (ai tempi del commediografo il nome era diverso) nel quartiere della gente di teatro. C'è pure una lapide a futura memoria.

I salotti letterari parigini, dalla Camera Azzurra in poi, erano palestre di cultura e quelli giustamente più famosi frequentati dai grandi dell'Illuminismo, furono il laboratorio di tutte le sconvolgenti novità di fine secolo. La frequentazione non era certo ristretta alla classe nobiliare perché la selezione avveniva in base all'ingegno (in molti casi al genio) dei singoli e non sulla base della classe. Esempio luminoso il grande D'Alembert, pilastro del grande esperimento dell'Enciclopedia, che era un illeggittimo abbandonato sulle scale di una chiesa da una madre degenere che era però una famosissima "salottiera", ma assai disinvolta moralmente, la Tencin.

Quindi sostenere che Goldoni non poteva "capire" il salotto parigino in quanto borghese è a dir poco riduttivo. Si tratta probabilmente di ben altri motivi, sempre che sia vero che Goldoni non capisse. Ed utilizzare una commedia scritta anni prima di trasferirsi a Parigi e di avere finalmente la possibilità di vedere e "capire" per dichiararlo corto di comprendonio sulla straordinaria specificità dell'istituzione, mi pare altrettanto approssimativo.

Confesso di non essere un esperto di Goldoni e quindi non sono in grado, su due piedi, di esprimere un giudizio sulle frequentazioni parigine e il conseguente livello di comprensione dell'importante rivolgimento in fieri. Sarebbe molto interessante però approfondire. Magari pescando nelle Memorie o in epistolari che forse possono riferire circostanze e fatti interessanti. Non so se esistano i "goldonisti" (come i casanovisti) e se ce n'è uno sul forum o che possa essere interpellato per sapere se Goldoni abbia frequentato salotti (penso di sì), quali giudizi abbia espresso in merito e quali abbiano espresso su di lui.

Non resta che salire sulla macchina del tempo e catapultarci a Parigi all'inizio degli anni '60, chiedere un po' in giro, leggere qualche lettera e parlare con qualcuno. Può darsi che qualcosa si trovi. Buona caccia!

Edited by Giacomo Girolamo Casanova - 23/11/2013, 19:38
 
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view post Posted on 23/11/2013, 19:07
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Marie-Antoinette

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Come ho scritto nel mio primo intervento,una delle mie fonti e' Taine.
Nel 1874 decise di iniziare a scrivere questo libro,che in realta' e' una sorta di trilogia,voleva sapere come fosse la Francia dell'ancien regime.
Il modo di vivere,la struttura sociale e soprattutto cosa porto' alla rivoluzione. Gli altri due libri sono incentrati sulla rivoluzione e sull'epoca in cui viveva Taine. L'opera completa conta piu' di 3000 pagine,ma e' un'opera stupenda,assolutamente da leggere. Uno sguardo realistico,scevro da ogni pregiudizio,su un'epoca che,nel bene e nel male,cambio' la Francia per sempre.
 
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Madamadore
view post Posted on 23/11/2013, 22:07




No, non intendevo dire che Goldoni non capiva la realtà dei salotti, altrimenti non avrebbe inserito quei passaggi nella Trilogia e negli Innamorati. Il problema è un altro. Goldoni si proponeva come innovatore teatrale e, dal momento che la Venezia del suo tempo era in declino, lui guardava alla Francia, grazie al successo della Commedia d'Arte. Fino al trasferimento in Francia, ha visto Parigi come un modello innovatore che poteva, se applicato adeguatamente anche migliorare la borghesia veneziana, l'unica, a suo parere, in grado di salvare Venezia. Le due commedie citate mostrano un'applicazione della pratica del salotto nelle figure femminili di Giacinta ed Eugenia che si comportano come delle vere e proprie regine dei salotti. Il problema è che segna il fallimento del progetto dei due personaggi e il sostanziale rapporto impossibile tra Teatro e Mondo, che segna la sconfitta delle due. Io ho fatto un esame su questo drammaturgo ma la sua percezione del salotto parigino traspare da queste commedie.
Il salotto, tuttavia, è una realtà interamente francese e in particolar modo parigina.
Goldoni non può capire la realtà francese del salotto perché in Italia mancavano le condizioni affinchè si potessero diffondere in modo adeguato. Serviva infatti una classe aristocratica o comunque abbiente che avesse interesse per le ultime correnti di pensiero, senza il timore della chiesa, pronta a bussare alla porta. Lo stesso Casanova, con scarso successo, venne ingaggiato dall'Inquisizione per occuparsi dell'Indice. Per quello che ho capito di Goldoni, è che, da grande amante della Francia, non gli sfuggivano affatto l salotti e non è un caso che alcune sue commedie furono tradotte per l'estero, soprattutto per Parigi. Il problema è che non ne aveva esperienza diretta, anche perché nel periodo veneziano, lavorò soprattutto per i teatri più che per dei mecenati disposti a pagare per l'allestimento di uno spettacolo.
Quello che si evince da Goldoni e dal fallimento dell'applicazione della civiltà dei salotti in ambito borghese è che il fenomeno dei salotti, per quanto nobile e alto potesse essere, era materia esclusiva dell'aristocrazia, la sola capace di applicare questo particolare schema comportamentale, perché in essa Teatro e Mondo quasi coincidono.
 
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