Maria Antonietta - Regina di Francia

L'eroe dei tre mondi dimenticato

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view post Posted on 13/3/2016, 10:46
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Marie-Antoinette

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E' incredibile! Tutti sanno chi è Garibaldi e nessuno ricorda il nobile siciliano che combattè per l'indipendenza italiana: Enrico Fardella.
Riporto per intero un articolo di Repubblica:

Fardella il siciliano eroe dei tre mondi
Enrico Fardella occupa un posto d' onore fra quei siciliani dimenticati nella loro terra e ricordati altrove: un suo busto in bronzo si trova al Museo civico di New York, donato nel 1952 dalla Associazione italo-americana di Sicilia al popolo d' America, bandiere a lui dedicate sfidano dignitose l' oblio. Com' è che un siciliano di Trapani, il più giovane di tre fratelli che sono il contrario dello stereotipo gattopardesco dell' aristocratico troppo furbo per credere in qualcosa, sia finito in un museo di New York è una storia che vale la pena raccontare. Enrico Fardella nasce nella nobile famiglia dei Torrearsa nel 1821, fa studi irregolari. Ma quando mai s' è visto un vero eroe romantico che pensa a diventare ingegnere o avvocato prima di lottare per la libertà? Lui legge autori proibiti come Foscolo e Alfieri, si infiamma sugli scritti politici di Mazzini, vuole combattere. Nel 1848 è volontario per la prima volta, il 12 gennaio è a Palermo contro le truppe borboniche. I tre fratelli Torrearsa - a cui nel lontano 1934 ha dedicato uno studio Francesco De Stefano - sono fra i più importanti protagonisti di quella rivoluzione, Enrico fa parte del Comitato di guerra e marina. Decide di marciare sulla sua città ancora titubante, di andare a Trapani. Gli bastano poche ore per organizzare un vittorioso assalto al presidio regio.
Molto più impegnativo è far funzionare un comitato cittadino, reclutare i volontari, tenere a bada quanti vedono nella rivoluzione l' occasione giusta per rapide carriere. Lui è un uomo d' azione, ma non è avventato. Esige correttezza e disciplina, i suoi battaglioni saranno sempre un modello di efficienza. Ed è un idealista, sfortunato quanto basta. Viene catturato nelle acque di Corfù nel luglio di quell' anno, assieme ad altri siciliani sopravvissuti alla sconfitta subita in Calabria, dove su mandato del Parlamento di Palermo si erano recati per aiutare la rivoluzione che si diceva fosse anche lì scoppiata. è subito rinchiuso nel carcere napoletano di Sant' Elmo. Nel dicembre del '49 Ferdinando II gli concede la grazia, a condizione che non viva nel Regno. Arriva a Genova il giorno di Natale, entra a far parte della colonia di circa 1.500 esuli che da ogni parte d' Italia si sono rifugiati in quella città. Divide un piccolo appartamento col fratello Vincenzo, frequenta corsi di tattica e artiglieria. Scarta la Toscana che giudica arretrata e reazionaria al pari della Sicilia, si trasferisce a Nizza e poi a Torino. Non ha più fiducia nella rivoluzione, il futuro di quella che chiama la sua "patria" non smette mai di preoccuparlo. Enrico Fardella è un autonomista atipico, non si appella a particolarità e privilegi. Solo, giudicando la Sicilia meno evoluta delle altre regioni, vorrebbe che si andasse cauti. Ma il mondo non si ferma alla Sicilia. La guerra dichiarata da Francia e Inghilterra contro l' espansionismo russo ai danni della Turchia è una guerra contro il dispotismo: anche se non fa parte di alcun esercito, un soldato come Enrico Fardella non può restare a guardare. Con lunghe trattative ottiene il riconoscimento del suo grado di colonnello dal governo inglese, fa debiti per procurarsi il denaro necessario per il viaggio e si imbarca per l' Oriente. L' 8 giugno del 1855 la polizia borbonica lo segnala a Malta, il 6 luglio lui stesso scrive da Costantinopoli. Gli viene affidato il comando di un reggimento della cavalleria ottomana, in ottobre lo troviamo in Crimea che partecipa alla leggendaria battaglia di Balaclava. Accumula imprese ma non prova mai a ricavarne un qualche vantaggio personale, spesso è alle prese con pressanti problemi economici. La notizia dell' impresa di Garibaldi lo sorprende a Londra, dove ha avviato un' attività commerciale. Ritorna precipitosamente in Italia, si imbarca a Genova coi 60 volontari guidati da un altro siciliano, Carmelo Agnetta, che corrono a dare man forte. Si dirigono a Ustica, dove però non trovano ad attenderli il battello che doveva trasmettere gli ordini del generale. Vanno allora verso Trapani, ma la città è ancora presidiata dalle truppe borboniche. Decidono di sbarcare a Marsala, di rifare il cammino dei Mille verso Palermo. Una volta sbarcati, per la seconda volta nella vita Enrico Fardella marcia su Trapani per liberarla. Stavolta la occupa senza incontrare alcuna resistenza, senza combattere: a dissolvere ogni resistenza è bastata la notizia che a Palermo le truppe regie si sono arrese. Lui, invece, i borbonici continua a inseguirli. Lo troviamo sul Volturno, col suo reggimento ordinato e perfettamente armato che tiene una postazione importante come la ferrovia. Respinge numerosi assalti, viene promosso sul campo comandante di brigata. Ma una volta finite le battaglie è ancora più difficile continuare a vincere. è subito deluso dai modi in cui avviene l' annessione, profondamente ferito dalla dissoluzione dell' esercito garibaldino. Torna a Londra da dove s' imbarca per l' America, nell' agosto del 1861 è a New York. La guerra di secessione è scoppiata da un mese, Enrico Fardella è tra i primi volontari di Lincoln. Organizza un corpo di fanteria, in poche settimane il suo "reggimento Fardella" conta 1040 volontari ed è ammesso nei quadri dell' esercito unionista col numero 101, assegnato all' armata del Potomac. Nel marzo del 1862 parte per il fronte. Il "reggimento Fardella" fa parte della divisione del discusso generale McClellan, poi destituito da Lincoln. Ed è per protesta contro gli ordini di McClellan, che ha ordinato la ritirata delle forze dell' Unione concentrate ad Harrison' s Landing, che Enrico Fardella si dimette e torna a New York. La guerra sembra perduta e lui trova la città impaurita, si spara per le strade. Non è uomo da restare a guardare. Raccoglie un altro reggimento, l' 85° Volontari di New York, e torna al fronte. Nella primavera del 1864 i 450 "Volontari di New York" sono a Plymouth, a loro è affidata una delle tre zone in cui si divide la linea difensiva. A proteggere Plymouth sono 1.100 uomini, che dal 17 al 20 aprile si ritrovano al centro di un inferno di fuoco che somiglia tanto ad un agguato: reggimenti veterani, cavalleria, batterie campali che in simultanea avanzano da ogni direzione, decisi a distruggere ogni difesa. La sproporzione fra i due eserciti è insostenibile, la resistenza è disperata, ma i sudisti hanno perdite 6 volte superiori agli assediati. Enrico Fardella è fra i superstiti internati ad Andersonville, torna libero il 3 agosto in seguito ad uno scambio di prigionieri. Nella primavera del '65 viene promosso generale da Lincoln mentre è di nuovo al fronte, a Portsmouth. La guerra di secessione finisce nel maggio di quello stesso anno, il generale Fardella resta in America sino al maggio 1872. Lavora nel commercio, ha molte difficoltà economiche. Quando torna a Trapani, grazie al prestigio della famiglia e alla sua popolarità viene eletto sindaco. è un amministratore accorto: pensa a portare il bilancio in pareggio, a costruire un nuovo mercato, bonificare i terreni e aumentare il volume dell' acqua potabile. Non aspetta la scadenza del suo mandato, è un moderato e si dimette nel 1876 dopo la caduta della Destra storica. Sino a quando muore nel luglio del 1892, non si trovano più tracce di un suo ruolo pubblico. Ma forse le ultime imprese del generale Fardella sono ancora tutte da scoprire e raccontare.

AMELIA CRISANTINO
23 febbraio 2006
la Repubblica Archivio

Mea culpa: anch'io non lo conoscevo. Così come ricordavo vagamente la Rivoluzione siciliana del 1848.


La rivolta a Palermo nel 1848.
Scoppiò a gennaio di quell'anno che vide l'insorgere di moti liberali in tutta Europa tanto da essere ricordato come "la primavera dei popoli". https://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_siciliana_del_1848,
I protagonisti furono alcuni aristocratici siciliani ostili ai Borboni che, sconfitto l'esercito regio, dettero vita a un Parlamento e ad un Governo provvisorio guidato dal marchese Ruggero Settimo. Tra i ministri c'erano Francesco Crispi, Pietro Lanza Branciforte di Trabia, Domenico lo Faso, duca di Serradifalco; Capo di stato maggiore il principe di Pandolfina Ferdinando Monroy; Presidente del Parlamento il fratello di Enrico, Vincenzo Fardella marchese di Torrearsa. Anche il fratello Giovanbattista e il cugino Michele di Moxharta si schierarono dalla loro parte.
Questa volta, a differenza del '99, non ci furono sentenze capitali, forse perchè Ferdinando II aveva gli occhi del mondo puntati addosso dopo il bombardamento di Messina che gli valse il soprannome di "Re Bomba". I protagonisti furono arrestati e poi esiliati.
E pensare che uno zio dei tre fratelli Torrearsa era ufficiale borbonico!


Giovanbattista Fardella (1764-1836), terzo dei 13 figli di Vincenzo, 4° marchese di Torrearsa. Fu Ministro della Guerra due volte, proprio all'epoca di Ferdinando II delle due Sicilie. Uomo di cultura, ebbe il merito di istituire a Trapani la Biblioteca Fardelliana. Non si sposò e non ebbe eredi. Morì di colera, prima della Rivoluzione siciliana.
Un altro fratello, Marcello duca di Cumia (1775-1847), fu Capo della Polizia borbonica, anche lui morto prima che scoppiassero i moti di Palermo!

I nipoti, invece, figli di Antonino 5° marchese di Torrearsa (1761-1827), frequentarono gli ambienti liberali e, ognuno a suo modo, contribuirono alla causa italiana:


Il Generale Enrico Maria Fardella (1820-1892). Sposò una giovane irlandese, Jane Duckett (1836-1878), che gli diede 5 figli. Il primogenito, Enrico Alberto (1859-1890), morto a poco più di trent'anni, è il trisavolo dell'attuale Enrico Maria, docente universitario.


Vincenzo Fardella (1808-1889), 6° marchese di Torrearsa, era il maggiore dei tre fratelli. Dopo l'unità d'Italia, ebbe numerosi incarichi istituzionali, tra l'altro primo Presidente del nuovo Senato italiano / Giovan Battista Fardella (1818-1881), anche lui tra i Mille nel 1860, fu 2° Sindaco di Trapani dopo l'unità.
Nessuno dei due ebbe discendenza.


Michele Martino Fardella (1826-1876), barone di Moxharta, 1° Sindaco di Trapani dopo l'unità. Apparteneva ad un ramo collaterale dei tre fratelli, ma sposò una loro sorella, Dorotea Fardella (1824-?), che si fece promotrice di una richiesta di voto per le donne al re Vittorio Emanuele II.

La storia li ha effettivamente dimenticati. Per trovare un po' di notizie ho dovuto scovare alcuni pdf di Alberto Barbata, storico locale, come questo:
www.trapaninostra.it/libri/La_Koine...aceco_08-02.pdf

Edited by elena45 - 27/3/2016, 11:11
 
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view post Posted on 25/3/2016, 15:16
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Marie-Antoinette

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Cercando, cercando, piuttosto faticosamente, ho ricostruito la casata del Generale Enrico Fardella.
Scopro che si tratta di una famiglia anticchissima, di origine germanica (sveva), scesa in Sicilia al seguito dell'Imperatore Federico II e stabilitasi a Trapani.
Qui conquistò posizioni di potere, grazie al valore dei suoi esponenti, ma anche grazie, come sempre, a matrimoni di convenienza.
Scopro inoltre che l'attuale discendente omonimo del Generale è uno storico.
Per quelli a cui interessa un quadro sinottico della discendenza:


Tratto da: http://dspace.uah.es/dspace/bitstream/hand...B8EB?sequence=4

Una notizia interessante che si evince dal quadro sinottico è che tra gli antenati c'è un principe, e anche molto importante:


Placido I Fardella (1592-1623) - Museo Palazzo Mirto, Palermo.
Tratto da https://rumpiteste.wordpress.com/tag/famiglia-fardella/

Figlio di Giovan Gaspare Fardella, barone di San Lorenzo, e di Caterina Torongi, ebbe dal re spagnolo Filippo III la licentia aedificandi et populandi nel territorio presso Trapani e fondò la bella cittadina di Paceco (oggi nota per la produzione di meloni). Il nome dato fu un atto di amore di Placido verso la moglie Maria Pacheco y Mendoza, nobildonna spagnola di illustre casato, che gli diede 10 figli e, dopo la morte di lui colpito dalla peste, si ritirò nel convento carmelitano che lei stessa aveva fatto costruire (assieme a tre figlie!).
Come al solito queste nozze erano un mezzo per ottenere titoli e potere: furono architettate dalla madre di Placido, Caterina Torongi e Beccadelli, donna ambiziosa e determinata, che riuscì a far sposare il figlio appena quindicenne con una parente del Vicerè di Sicilia, Juan Gaspar Pacheco y Alvarez, marchese di Villena.
Lei stessa, rimasta vedova, si risposò con uno degli uomini più influenti della corte vicereale: Don Antonio del Bosco e Aragona. Caterina Torongi ricorda altre due figure dell'epoca, che abbiamo conosciuto: Dorotea Barrese (#entry571125128) ed Aloysia Moncada (#entry588572777).

Come si vede, la linea dei principi di Paceco si è estinta presto, nella prima metà del '600, anche se il titolo è passato ai Sanseverino:


Anna Maria Fardella e Gaetani (1639-1709): sposò Carlo Sanseverino di Bisignano, conte di Saponara. Come sua nonna, anche lei dette il nome a un borgo fondato dal marito in Basilicata. E' la madre della poetessa Aurora (#entry525865646).

Invece la linea dei baroni di Moxharta e quella dei baroni del Fondaco della Ripa di mare si sono sviluppate fino alla prima metà del secolo scorso.

Arriva ai nostri giorni la linea dei marchesi di Torrearsa, a cui apparteneva il Generale e i suoi fratelli.
Il nome discende dalla località in cui sorgeva un'antica torre e in cui i titolari del feudo avevano eretto una villa, la stessa in cui si riunivano i protagonisti della Rivoluzione siciliana del 1848.


Villa Torrearsa, nelle campagne di Trapani.

Edited by elena45 - 28/3/2016, 12:58
 
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